La vita fuorilegge delle Good Girls

Cosa sono in grado di fare delle donne, madri e mogli di famiglia quando la situazione finanziaria domestica non è tra le più rosee? Ce lo mostra Good Girls, serie prodotta dalla NBC e creata da Jenna Bans, autrice di serie televisive come Grey’s Anatomy e Desperate Housewives, uscita la scorsa estate su Netflix e di cui ora è disponibile anche la seconda stagione.

Good Girls è stata definita una sorta di evoluzione de I segreti di Wisteria Lane — a differenza di quest’ultima, lo stile di vita delle tre protagoniste non è propriamente agiato e ricco di comfort e, al contrario di quello delle casalinghe disperate, la loro fisicità rientra nei canoni più diffusi. Sono quindi a tutti gli effetti delle donne comuni. Beth, interpretata da Christina Hendricks (che già conosciamo per aver interpretato il ruolo di Joan in Mad Men), è soprattutto una mamma che ha deciso di trascorrere la sua vita a decorare cupcake a forma di animali per le feste dei suoi bimbi e a fare bricolage. Almeno fin quando non scopre che il marito Dean la tradisce con donne più giovani e, per non farsi mancare nulla, è pieno di debiti. Annie invece è sua sorella, quella più trasgressiva, quella con la sindrome da Peter Pan che si ritrova a dover combattere per la custodia della figlia che ha avuto quando era (e per certi versi lo è ancora) un’adolescente. Infine Ruby, una donna preoccupata per il futuro della figlia che deve subire un trapianto di rene ma che non ha il denaro per permetterselo.


Fin da subito il quadro della situazione è ben chiaro e tutte e tre hanno un denominatore comune: la mancanza di soldi per poter raggiungere i loro obiettivi. L’unica soluzione plausibile ai loro occhi? Rapinare un supermercato che le porterà a due nefasti eventi: la minaccia del direttore del negozio che le scopre e il ricatto di un gangster, Rio, che rivendica il denaro rubato. Ed è qui che inizia la trasformazione da donne che hanno dimenticato di esserlo a donne che ricordano la propria forza, e che possono raggiungere la cima della montagna senza l’aiuto di uomini che le credono incapaci. La vita da fuorilegge calza loro a pennello, ci prendono gusto, ne sono dipendenti un po’ come Walter White in Breaking Bad. Beth è chiaramente la figura centrale, la donna che osa di più e si prende tutto quello che vuole dopo aver trascorso una vita noiosa. Ne è talmente ossessionata che non si ferma davanti a niente e a nessuno. Lei è quella delle tre più determinata e calcolatrice, quella che si lascia trasportare dalla turbolenta passione nei confronti del cattivo ragazzo e, clichè a parte, che le fa scoprire un lato di sé stessa che pensava non esistesse nemmeno.

La serie però ha delle lacune. Un aspetto che non è stato affrontato con il giusto peso è sicuramente il processo di transizione che vuole affrontare la figlia di Annie, Sadie. Avrebbe potuto essere un risvolto interessante, così come l’accenno alla depressione di Beth o al tema dello stupro, tuttavia lo scopo della serie è un altro e che l’obiettivo principale è quello di intrattenere il pubblico in maniera leggera. A differenza della prima stagione, ora ci ritroviamo a conoscere particolari più personali della vita delle protagoniste e questo è sicuramente un punto a favore che aiuta a empatizzare con i personaggi, a capire meglio certe dinamiche che non ci erano ancora del tutto chiare. Esattamente come la prima, la serie si conclude con un cliffhanger che, se da un lato ci pone molti interrogativi su alcuni personaggi e sulla piega che prenderanno certe situazioni, dall’altra ci rassicura perché la serie è stata rinnovata per una terza stagione.

Good Girls è una serie senza troppe pretese che si lascia guardare tranquillamente poiché mai noiosa o ripetitiva. Una serie che affonda nella vita di tre donne e ne tira fuori tutta la loro forza. Una serie che avrebbe potuto scavare molto più in profondità considerando le potenziali tematiche da trattare e che si spera possano vedere la luce nella prossima stagione.

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