Standing ovation e un lungo, interminabile applauso per Sulla mia pelle di Alessio Cremonini: il film che racconta gli ultimi 7 giorni di vita di Stefano Cucchi, selezionato come titolo di apertura della sezione Orizzonti della 75esima Mostra del Cinema di Venezia. Aprire il Festival con un film già oggetto di tante polemiche, era inevitabilmente una scelta politica.
Il nome di Stefano Cucchi, purtroppo, non sembra aver bisogno di presentazioni. Arrestato il 15 Ottobre 2009 in Via Lemonia a Roma, accusato di possesso e spaccio di droga, morirà 7 giorni più tardi all’Ospedale Sandro Pertini (ancora in custodia cautelare e in attesa di giudizio). Sulla vicenda non esiste ancora una “verità giudiziaria”: il processo-bis è tutt’ora in corso, in un balletto di assoluzioni e condanne, che coinvolgono agenti delle forze dell’ordine e della polizia penitenziaria (accusati di omicidio preterintenzionale e abuso d’autorità), oltre a diversi medici (accusati di abbandono d’incapace e omicidio colposo). Al contrario, la verità che la sorella Ilaria Cucchi e i familiari di Stefano mostrano attraverso fotografie, referti e testimonianze dirette, è più tragica e chiara: Stefano è stato brutalmente picchiato, ed è morto dopo un’intera settimana di agonia, conseguente alle gravi lesioni riportate.
Quella di Ilaria Cucchi è una battaglia che prosegue strenuamente da quasi 10 anni (impossibile dimenticare le parole dell’allora ministro Giovanardi – che liquidava la morte di Stefano Cucchi come l’inevitabile fine di un drogato, anoressico e sieropositivo, salvo poi scusarsi con la famiglia per la falsità delle affermazioni). Ora, il film di Alessio Cremonini ricostruisce con assoluto rigore i 7 giorni del calvario di Stefano Cucchi (la sceneggiatura è basata sugli atti giudiziari e processuali). Soprattutto: chi si aspettava un banale film drammatico, pronto a indulgere sugli istanti più crudi di una vicenda straziante, ieri ha dovuto davvero ricredersi. Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, al contrario, è un’opera sorprendente, che non concede nulla allo spettacolo, scegliendo un realismo crudo, essenziale e carico di dignità. Difficile immaginare un film più perfetto per restituire la verità su Stefano Cucchi, domandare giustizia per una pagina nera della storia del nostro paese.
Alessandro Borghi (già protagonista di Suburra, Napoli velata di Ferzan Ozpetek e Non essere cattivo, l’ultimo film di Claudio Caligari) nella parte di Cucchi regala un’interpretazione da Leone d’oro: un esempio di mimesi totale, che restituisce integralmente gestualità, espressioni, voce e quell’ironia incrollabile che Stefano ha conservato fino all’ultimo. Non ci sarà alcuna rivelazione: quello che accadde dietro una porta chiusa, tra Stefano e tre agenti dell’arma dei Carabinieri, non verrà mai mostrato. La vera domanda, quella che oltrepassa il caso di cronaca e rivela un paese sempre più spaccato e ferito, resta la stessa. Sì, il ragazzo era tossicodipendente. Sì, è altamente probabile che vendesse hashish e forse anche droghe pesanti. Per questo, meritava di morire?
Grazie al film, anche chi conosce la vicenda scoprirà qualche dettaglio meno noto (ma capace di spezzarti il cuore). Ad esempio: come Stefano sia passato attraverso tante e diverse strutture carcerarie e ospedaliere, con evidenti segni di percosse, già in condizioni disperate, nell’indifferenza di una lunga serie di persone (che certo avevano capito la situazione, ma desideravano solo non essere coinvolte). Oppure, come la famiglia (interpretata da Jasmine Trinca, Max Tortora Silva Marigliano) abbia disperatamente cercato di incontrare il ragazzo, avere informazioni sulle sue condizioni dopo il ricovero, senza mai ottenere i necessari permessi. Non avevano idea della gravità della situazioni, e hanno avuto notizia del decesso con un atto formale: la richiesta di autorizzazione per l’autopsia.
Dopo l’anteprima mondiale della Mostra del Cinema di Venezia, Ilaria Cucchi ha rivolto un tweet direttamente al Ministro dell’Interno Matteo Salvini – tornato solo il mese scorso a esprimersi in favore dell’abolizione del reato di tortura per le forze dell’ordine.
Non è necessario aggiungere altro. Il film di Alessio Cremonini ha l’incredibile merito di non esprimere giudizi, non indulgere in nessuna facile morale, colpendo all’anima e allo stomaco solo con la forza dirompente delle immagini. Secondo Jean-Luc Godard “il cinema è verità 24 volte al secondo”. È certo questo il caso di Sulla mia pelle, un film che fa piangere lacrime vere, amare e calde, come quelle che ieri in Sala Darsena a Venezia univano indistintamente autori, cast, produzione, stampa e pubblico.
L’abbraccio di Alessandro Borghi e Ilaria Cucchi, più del glamour e dei red carpet, resta l’immagine simbolo della prima giornata alla Mostra del Cinema di Venezia. Troverete Sulla mia pelle in streaming su Netflix (che ha scelto di rendere disponibile il film in ben 190 paesi) a partire dal 12 Settembre – ed in una serie di cinema selezionati grazie a Lucky Red.