Giardini di Mirò – Good Luck

Quanto c’erano mancati i Giardini di Mirò? Quei loro crescendo sbiechi, profondi e sfocati, che ti tagliano, lasciando ferite nette, che dapprima bruciano e poi finiscono per lasciare il segno sotto la pelle. A qualche anno dalla loro ultima esperienza in studio (la sonorizzazione del film “Il Fuoco”), la band emiliana ritorna ad augurare buona fortuna ai loro ascoltatori e forse anche al loro batterista storico, Francesco Donadello, che scappa dal Belpaese per andare a lavorare a Berlino e viene sostituito dall’ottimo Andrea Mancin. E’ un album diretto e sincero Good Luck, che in qualche modo torna ad allacciarsi al discorso intrapreso dal bellissimo Dividing Opinions, disegnando nell’aria quelle linee rette e quelle forme geometriche che, prese in prestito dai paesaggi emiliani, si fanno musica e quindi canzone.

Messe un po’ da parte le lunghe suite musicali degli esordi, i Giardini si impegnano a confezionare brani nel senso più classico, come già accaduto con il loro lavoro precedente. Quasi tutti i pezzi sono cantati e si avvalgono della presenza di ospiti illustri, che impreziosiscono con voci (Angela Baraldi e Sara Lov) e chitarre (Stefano Pilia) i brani che compongono questo nuovo lavoro. Basta schiacciare play per essere catapultati in quell’universo onirico che così ben conosciamo, nel mantra scuro e ossessivo di Memories, nel vorticoso spleen di Spurious Love o per essere sedotti ed ammaliati dalla profonda There is a Place, il cui controcanto fa decisamente venire la pelle d’oca. Tra schitarrate indie, arpeggi lunghi e profondi, colpi secchi di batteria e quegli immensi tappeti di note, cari alla tradizione post-rock, si snodano le otto tracce di questo gradito ritorno.

La musica dei Giardini di Mirò è come la pittura, non può essere spiegata, bisogna entrarci, spalancare gli occhi e abbandonarsi, lasciare che la sindrome di Stendhal faccia il suo corso e che ti inebri di quella bellezza di cui sono intrise le trame che compongono il loro suono.

Good Luck è un album che sa farsi ascoltare e che cattura, che sa emozionare di emozioni semplici, di quella tenue malinconia color pastello che unisce il naïf con una forte carica espressionista, che dipinge la realtà con i colori della nostra anima.

 

Exit mobile version