Di quella volta che Germanò tenne un live al Barbayanne di Trani, in pieno Lungomare Cristoforo Colombo.
Ci sono momenti a cui, in un modo o nell’altro, decidi di legarti per sempre. Diventano le mete ideali per una lunga serie di viaggi a ritroso che compi quando tutto sa di nostalgia e malinconia per qualcosa che è stato e che adesso non c’è più. Momenti marchiati sulla pelle, prima ancora di essere impressi per sempre nella mente.
In quel vortice di emozioni e cose inaspettate che, secondo alcuni stereotipi, ti sa regalare soltanto l’estate, il mio colpo basso l’ho ricevuto al live che Germanò ha tenuto al Barbayanne di Trani lo scorso 28 luglio. In uno di quei locali a due passi dalla scogliera bagnata da un Adriatico calmo e scuro, con una vista a strapiombo su una costa bianca e nera per via delle venature minerali che si dileguavano per la spiaggia sottostante. Il tutto avvantaggiato dalla sistemazione dei tavoli distribuiti sui diversi livelli delle terrazze sottostanti al Lungomare Cristoforo Colombo.
Come per il resto dell’estate, quel giorno Trani trasudava di turisti e residenti riversati a loro volta per le strade del centro storico. Un classico sabato sera che vestiva gli abiti speciali per la cerimonia afosa di fine luglio, una festa diffusa per i vicoli nascosti sul retro dei numerosi ristoranti che affollano il porto commerciale, lo stesso dove attraccano i pescherecci di una delle marinerie più importanti d’Italia.
Quella che si presenta davanti agli occhi è una Trani che esce da qualche settimana dalla seconda edizione del VIVA!, festival che si tiene da due anni nella vicinissima Valle d’Itria. Un certo fermento artistico lo avverti respirando ossigeno a pieni polmoni, soprattutto quando sopraggiungi nei luoghi cruciali della città. Intorno a Barbayanne, locale da sempre promotore di un’offerta musicale che cerca di spingersi oltre alla solita serata a base di musica house e free drinks, noti subito volti ed espressioni che un po’ lasciano trasmettere quella sensazione che provi solamente quando senti di essere in un posto che puoi quasi definire casa. Certo, la location contribuisce molto a questo senso di estraniamento dalla realtà che stai vivendo in un dato momento. Il leggero rumore del mare di sotto, scavalcato poi dai primi brani mandati ad un volume moderato, ti riesce a cullare fino a quando non arrivi alla tua adorata destinazione immaginaria. Un viaggio che percorri restando immobile, nulla di epico.
Germanò era al primo tavolo sistemato nella prima terrazza sottostante. Era seduto con il resto della sua band e qualche amico, intenti a terminare gli ultimi piatti di frittura di pesce fresco pescato al mattino – quei piatti profumavano di buono e riempivano di un odore particolare tutta l’atmosfera che si stava creando con i primi arrivi. Durante l’attesa abbiamo scambiato qualche parola con due ragazzi di Leeds – fino a qualche giorno fa avevo ancora con me il loro accendino, ma qualcuno ha deciso di rubarmelo. Erano lì perché ormai il locale era diventato un luogo di aggregazione diverso dai soliti. Ogni sera si creava la giusta situazione che rendeva particolare il resto della serata. Per quanto ci riguarda, ad un certo punto non facevamo altro che annuire davanti alle loro descrizioni pro Leeds, naturalmente a discapito della tanto amata Londra.
In sottofondo passavano Giorgio Poi, Calcutta, Coma_Cose, Colombre e Frah Quintale – qualcun altro l’avrò sicuramente saltato, perdonatemi. Quella che stava emergendo era una bellissima atmosfera. La gente continuava ad arrivare in piccoli gruppi, magari composti dai soliti aficionados, riempiendo piano a piano lo spazio antistante al piccolo palco montato a pochi metri dal bancone. Il turno di Germanò arriverà di li a breve.
A Mezzanotte Meno Dieci è il brano di apertura, circostanza che concede inaspettatamente la mia personalissima partenza per un viaggio a ritroso tra quelle che sono le immagini e le sensazioni impresse in chissà quale angolo del cervello. Un viaggio lunghissimo che terminerà solamente qualche giorno dopo, com’è giusto che sia. Senza mai nascondere le fantomatiche debolezze, esaminando i gesti e gli errori compiuti per caso, se non del tutto per pura inesperienza.
Il live prosegue, concedendo la nascita di un hype particolare che, a lungo andare, ti suscita sensazioni da pelle d’oca. Germanò è a due passi dal resto del pubblico che sta sorseggiando Tennent’s e Negroni Sbagliati. L’atmosfera è una di quelle che più intime non si può. Siamo tutti raccolti lì sotto, spalla a spalla, mentre gli smartphone si alzano al cielo per tutta una serie di Instagram Stories e tag inutili che non verranno mai apprezzati dalle controparti – magari non verranno semplicemente compresi. Tra intermezzi strumentali, Dario e San Cosimato, Alex sfoga tutta la sua notevole bravura attraverso il microfono e quella Fender sempre più infuocata. A quel punto, un mio amico si avvicina e mi fa: «Ma quanto di Battisti c’è in questo ragazzo?», manifestando così tutta la sua incredulità per via della bellezza che stava venendo fuori in quel preciso momento.
Poi arriva il momento delle cover. Da Splendido Splendente della Rettore, fino a Un Tempo Piccolo del super Franco Califano. Prima dei bis dovuti, lì davanti eravamo un gruppo completamente immerso in una stanza colma di tele anonime che guardavano le piccole onde sullo sfondo mentre gli effetti luce creavano la cornice perfetta per quella serata.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che quelli di Bomba Dischi non sbagliano un colpo, eppure, ascoltando l’esibizione dal vivo di Germanò, ti rendi conto che in questo progetto discografico è contenuto qualcosa di più grande, qualcosa che ti arriva dritto al cuore e che quando meno te l’aspetti ti conduce altrove. A te resta solo il compito di osservare inerme quello che accade, lasciandoti cullare dalle note che si sprigionano nell’aria, colpendo a muso duro i pensieri e le riflessioni che ognuno dei presenti rilascia privo di ogni consapevole controllo.
Quel sabato di fine luglio, Trani e quel lungomare mi regalarono qualcosa che non avvertivo da parecchio tempo. Il clima conviviale, la buona musica in sottofondo e le parole di Germanò mi hanno concesso un piacere immenso, evenienza che ha permesso di rinsaldare un legame più stretto con quella che per me rappresenta la musica. Una musica che ti parla, che ti ascolta e che infine cerca anche di comprenderti, per poi riparlarti nei giorni seguenti.
La conclusione, come tutte le conclusioni degne di nota, lascia l’amaro in bocca. Questa volta i drinks non hanno nessuna colpa. Quel vuoto è solo il frutto di un marasma di bellezza e felicità, un marasma che dura qualche minuto e che ti rilascia una botta di benessere che avverti con te stesso. Una sommatoria di vibrazioni che, contate singolarmente, rispecchiano in pieno il tempo che è ormai già stato. Un passato che, nella migliore delle ipotesi, un po’ ti fa ridere e nulla più.
E allora eccoli qui, tutti quei momenti unici che avevi accantonato per qualche tempo. Eccoli risalire in cima per qualche assurdo motivo. Tranquillo, se poi le cose non dovessero andar bene ugualmente, poco importa. Sappi comunque che quel lungomare e Germanò ce l’hanno messa tutta.