Sabato siamo stati al concerto di French Kiwi Juice che ha inaugurato la serata di apertura del Locus Festival, il festival musicale di Locorontondo (in piena Valle d’Itria pugliese). Il Locus, come sempre, sfoggia un cartellone di tutto rispetto che affianca grandi nomi di richiamo, come Laurin Hill, a giovani promesse.
Da grande fan del festival, so bene che l’hype maggiore devono suscitarmelo i nomi più di nicchia perché sono quelli da cui, escludendo i giganti passati per Locorotondo, ho sempre tratto più gioia e piacere.
Per questa edizione, la mia scommessa era senza dubbio alcuno French Kiwi Juice, polistrumentista (molto “poli”) francese e enfant prodige di un certo tipo di musica che sta trovando grande spazio ultimamente in Italia e nel mondo, con artisti come Masego e i nostri Nu Guinea. Quel nu jazz che ammicca all’elettronica e si fonde con essa.
Con FKJ il cui vero nome è Vincent Fenton è stato amore alla prima traccia ascoltata su Spotify. Quando poi vedendo un paio di video su Youtube scoprì che tutto ciò che avevo sentito su traccia era il frutto di una serie di loop da lui stesso creati, indipendentemente dallo strumento musicale di cui parliamo, ho sperato di poterlo sentire live il prima possibile.
Il Locus mi ha ascoltato e ha esaudito il mio desiderio musicale. Nella meravigliosa masseria Mavugliola (ormai location fissa del Locus), tra ulivi e trulli che facevano da sfondo, French Kiwi Juice è salito sul palco, scaldato dall’ottima performance di Mecna, pronto a suonare tutti quegli strumenti che nell’attesa vedevamo schierati sul palco.
L’atmosfera che il giovane musicista è riuscito a creare dai primi istanti è stata soprattutto di attesa e curiosità. L’attesa di vederlo correre ancora una volta da un lato all’altro del palco per sedersi alle tastiere o per imbracciare una chitarra. La curiosità di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa, il suo prossimo loop, il prossimo mattone che avrebbe definito la canzone che stavamo ascoltando.
Lo spettacolo di French Kiwi Juice non sta tanto nella sua abilità nel saper suonare a un ottimo livello (vado a memoria) chitarra, basso, tastiere, organi, sassofoni e loop station. L’aspetto incredibile del suo live sta nel far vedere agli spettatori cosa è la musica. Sul palco, assistiamo a una sorta di lezione di anatomia musicale. Come nel famoso dipinto di Rembrandt, noi tutti ci riuniamo attorno al palco a vedere il nostro dottor Tulp che ci mostra cosa compone un pezzo musicale.
Si parte dal nulla, dal silenzio. Poi si inizia con un verso di beatbox, si suona sopra una linea di basso, si dona l’armonia con la chitarra e il piano. Tutto ciò che viene dopo è improvvisazione caleidoscopica e gioia nel suonare. Quella gioia che porta FKJ a pensare che le 6 note successive sarebbero perfette se eseguite da un sassofono, anche se questo si trova dalla parte opposta del palco e lui è seduto alle tastiere.
Il pubblico è coinvolto, urla per ogni prima volta che French Kiwi Juice suona uno strumento nuovo. FKJ, soprattutto, ci fa ballare. Riesce a fare della loop station e del basso, gli ingredienti principali per un club a cielo aperto e noi, ingenui, ci ritroviamo a sculettare su un assolo di tastiere.
Lo spettacolo scorre tra suoi cavalli di battaglia, che il pubblico conosce e riconosce, pezzi a cui ha partecipato (come Tadow di Masego o Losing My Way di Tom Misch) e un medley di cover che hanno ispirato, per sua stessa ammissione, il suo stile: da Snoop Dogg a Busta Rhymes. Mentre sui suoi pezzi e sulle tracce arrangiate al momento il ragazzo di Tours fa sentire tutto ciò di cui è capace e strabilia, appare più spigoloso sugli altri brani, quasi limitato.
Il risultato comunque è uno spettacolo incredibile, come incredibile è la capacità di French Kiwi Juice di essere a tutti gli effetti un giocoliere musicale.
Il Locus si conferma uno dei migliori festival per scoprire talenti passati in sordina. A noi non resta che godere delle prossime serate e delle sorprese che ci riserveranno.