Frank, la sopravvivenza della sperimentazione nell’era X Factor

Frank, sperimentando

Il 30 ottobre esce nelle sale italiane Frank del regista irlandese Lenny Abrahamson. Un film che racconta la storia di Jon (Domhnall Gleeson), un aspirante musicista pop dublinese che, a corto d’ispirazioni e opportunità, conduce una vita mediocremente grigia in una routine quotidiana da lavoro di ufficio, con facce da ufficio e caffè acquosi da ufficio. Un giorno, passeggiando sulle rive di un mare poco mediterraneo (grigio quasi come le facce da ufficio), incontra un gruppo di musica pop/sperimentale/avanguardistica/”fuckin’ happy”/indefinibile: i Soronprfbs. In questo fortuito incontro gli si presenta un’occasione unica che cambierà la sua vita e fornirà il tema principale del film: sostituire il tastierista del gruppo, indisposto a causa d’aspirazioni suicide, e accompagnarli nelle varie date dei concerti, nonché nella registrazione del nuovo album. Al primo concerto, in un buio e fetido pub semivuoto di Dublino, Joe incontra per la prima volta il leader del gruppo, Frank (Michael Fassbender) che da anni vive 24 ore al giorno con la testa coperta da una maschera di cartapesta, ingerendo tramite una cannuccia del Grownut, un integratore liquido.

Il gruppo si sposta nelle campagne irlandesi per procedere alla registrazione del nuovo album, isolati e lontani da tutto se non fosse per il quotidiano rapporto con i social networks del nuovo membro. Saranno proprio i Twitter followers di Jon a generare attorno al gruppo una popolarità inattesa. E sarà proprio l’intraprendenza e le aspirazioni imprenditoriali del tastierista raccattato in spiaggia che li porteranno a confrontarsi con le aspettative di una fama crudele e asettica. L’incompatibilità tra un gruppo sperimentale, creativo e artistico e un pubblico assetato di X factors, ottuso e spietatamente superficiale farà esplodere i precari equilibri dei vari membri della band. Infatti, in Texas, pochi attimi prima del momento dell’esibizione al SXSW, il contest americano per band emergenti, il gruppo si scioglie lasciando Jon a dover gestire un Frank ormai irriconoscibile, sofferente come un animale in cattività.

Frank si diverte

Frank, per chi ama la musica, è un film da vedere. E’ un inno in difesa dell’arte indipendente, della musica vera, della sperimentazione artistica in un’epoca di omologazione di musica e testo, di appiattimento culturale, di Happy Meals e Starbucks.

Il film fornisce anche spunto di riflessione sull’arma a doppio taglio della comunicazione multimediale e socialnetworkista di oggi: vetrina delicata per artisti che altrimenti morirebbero in un deprimente anonimato ma, al contempo, fossa di leoni, arena spietata e feroce di giudizi che partorisce gladiatori asserviti a un piacere comune, spesso vacuo e vuoto.

E’ uno di quei film che riesce bene agli irlandesi come il The good vibrations (2012) di Lisa Barros di due anni prima, quelli che parlano di musica vissuta nel profondo e in maniera totale, di quella musica che attraversando il corpo e l’anima e scuotendo l’epidermide grigiastra e nervosa riesce ad arrivare al cuore di un pubblico spesso poco vasto, ma vero.

 

 

 

Trailer italiano:

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