Tutte le volte che ho riscoperto Franco Battiato

In momenti come questi, chissà perché si finisce sempre per chiedersi a quando risale la personale scoperta di un artista, quel momento che ha sancito l’arrivo nella nostra vita della sua arte e che ci ha in qualche modo segnati. Ebbene io la mia scoperta di Battiato proprio non me la ricordo, mi piace però pensare a tutte le volte che l’ho riscoperto. Come solo accade per i grandi, ogni occasione di ascolto della musica di Franco è un momento di riscoperta, di meraviglia e di arricchimento.

L’ultima mia volta risale a circa un mesetto fa, quando stringevo tra le mani le stampe in vinile de L’era del cinghiale bianco e de La voce del padrone e pensavo – ascoltandoli con un occhio alle copertine di cartone un po’ lise di oggetti che hanno ormai più di quarant’anni – a come nessuna nota di quelle incise sui dischi fosse davvero invecchiata, a quanto tutto suonasse ancora terribilmente attuale e come una canzone ascoltata centinaia di volte nel corso della vita possa regalare spunti nuovi, riflessioni, rivelare dettagli che fino all’ascolto precedente sembravano nascosti, in una sola parola: meravigliare.

 

Devo aver probabilmente condiviso la musica di Battiato con tutte le persone che fanno e che hanno fatto parte della mia vita: fosse solo aver ascoltato un suo brano in macchina, averlo cantaticchiato, averne discusso ed ogni volta, guardandolo da un punto di vista diverso, devo averlo riscoperto.

Uno nessuno e centomila, sempre fedele a sè stesso ma sempre diverso. Così poliedrico da passare dall’elettronica sperimentale degli esordi al pop colto e popolare che ne ha segnato la vera popolarità. Ha saputo sempre reinventarsi e farsi riscoprire perché ha sempre avuto dalla sua una qualità tanto bistrattata e demodé: la curiosità. La sua musica ha unito mondi lontanissimi, si è infusa della diversità culturale e ha saputo restituirsi agli ascoltatori come qualcosa di estremamente popolare, dimostrando una volta per tutte che la diversità è una ricchezza e non una menomenazione.

 

Per me fin da adolescente Battiato è stato: Strani Giorni in duetto con Carmen Consoli al 105 Night Express, il video di Shock in My Town su MTV e l’assurda attualità musicale di Gommalacca, i C.S.I. che elettrificano E ti vengo a cercare in Linea Gotica, Nanni Moretti che la canta in Palombella Rossa come inno di rilancio alla decadenza del PCI facendone una delle scene più belle del cinema italiano, e poi quella volta che avevo un biglietto in prima fila per un suo concerto, ma nel pomeriggio mi chiusi fuori casa e andai in treno a vederlo comprando un nuovo biglietto per un posto lontanissimo dal palco, le leggi della fisica sciorinate in Pollution che mi facevano sorridere mentre studiavo a Ingegneria e le ritrovavo sui libri, la macchina lanciata verso il mare con La voce del padrone in sottofondo, tutte le volte che ascoltando il pezzo di un artista ho pensato che Battiato lo aveva già fatto e pure meglio, Patriots e la musica contemporanea che tante volte mi ha buttato giù, la cover di Era de maggio in Fleurs che ogni volta mi mette la pelle d’oca.

Ad ogni epoca la sua riscoperta, il suo nuovo sguardo ed ora che il maestro ci ha lasciato chissà quante volte ancora ci toccherà riscoprirlo.

Fai buon viaggio Franco tanto ci rincontreremo ancora, ancora e ancora.

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