Flowers Festival, anno uno: “La musica delle persone e del quotidiano”

Abbiamo raggiunto il direttore artistico del Flowers Festival Fabrizio Gargarone, già nell’organizzazione dello storico Traffic Free Festival, per porgli qualche domanda sul neonato festival estivo torinese ormai ai banchi di partenza.
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D: La prima edizione del Flowers Festival partirà fra meno di un mese, da cosa è nato e perché avete scelto il Parco della Certosa di Collegno come location piuttosto che il centro città?

Il Parco della Certosa ha una lunga di tradizione di concerti. Ora ospita il Flowers, prima Colonia Sonora, e prima ancora le edizioni leggendarie di Pellerossa, quelle con Bob Dylan, Jamiroquai, Massive Attack, David Byrne, La Fura dels Baus, Sonic Youth, per farti un esempio. Ma prima ancora quel famoso concerto di Siouxsie and the Banshees che, a metà anni 80, terminò con durissimi scontri con la polizia. Un luogo abituato a certi eventi, quindi. L’area, così come è stata sistemata negli anni dalla Città di Collegno, che ha anche acquistato un palco importante, è perfetta per spettacoli fino a 5000 spettatori, recintata, sicura, bella e suggestiva. E, cosa non da poco, è facilmente raggiungibile, essendo collegata con bus e metro. Non ci sono confronti oggi con l’area metropolitana.

Torino, almeno musicalmente, sembra avere due anime. Una di respiro profondamente contemporaneo e di respiro internazionale, attento ai nuovi movimenti elettronici come il Club to Club, che si è confermato tra i festival più importanti d’Europa per la musica elettronica, e un’altra più ‘classica’ che fino a pochi anni fa era rappresentata dal Traffic. Il Flowers sembra nascere da sue ceneri e vuole, in qualche modo, esserne il degno erede?

Direi di no. Traffic era un festival gratuito, concentrato nei giorni e fortemente tematico nelle singole edizioni. Ogni anno cercava di raccontare una storia, in modo più o meno evidente. Nel 2015 non si tiene, ma nel 2016… Flowers assomiglia di più al Pellerossa di Collegno, quando dei grandi nomi costituivano un cartellone spalmato su tutto il mese di luglio. Un qualcosa dove si incrociavano offerta artistica e socialità. Secondo questa visione abbiamo lavorato per aprire a più serate possibili, senza rinunciare al livello delle proposte che, per quanto possibile, sono uniche e irripetibili.

Il programma prevede una quantità di artisti e di generi apparentemente molto diversi fra loro. Dalla musica elettronica di Bonobo a quella balcanica di Goran Bregovic, qual è la filosofia dietro questa scelta?

Alla fine se lo si guarda con cura è, in realtà, un programma molto omogeneo. Non c’è, infatti, un vero intruso. Anche la serata hip hop che, solitamente, sembra vivere per proprio conto è stata costruita con artisti come Salmo e Clementino che, rispettivamente quest’anno e nel 2013, hanno aperto i tour a Jovanotti, proprio come i Tre Allegri Ragazzi Morti che saranno alla serata inaugurale del Flowers. C’è sempre da qualche parte un filo che lega tutti gli artisti proposti. È, certamente, un programma molto estivo, quasi torrido nelle sue sonorità. In questo senso è una filosofia che segue quella del sud del mondo.

Il Flowers sembra essere un evento che si attacca particolarmente al territorio, fra le serate organizzate in collaborazione con gruppi di studenti universitari a quelle di beneficenza per supportare progetti di cooperazione e solidarietà. Quanto è importante questo valore aggiunto per voi?

È fondamentale. Il programma dei concerti è costruito con artisti comunitari, intesi come rappresentanti di un’arte ben piantata nella società e nel proprio tempo. Non ci sono concerti da cameretta, con musica da ascoltare mentre il mondo fuori va avanti. Flowers vuole invertire esattamente questo percorso, cioè aprire la porta della cameretta dei festival e buttarsi tra le persone e nel loro quotidiano. Ecco perché è centrale la collaborazione con le varie serate torinesi, organizzate da collettivi universitari e artistici (come la Sweet Life ad esempio) che operano sul territorio. Fare un cartellone non è difficile, basta avere un po’ di gusto. Fare un festival, che poi è come costruire una città vera e propria, è un’altra cosa, molto più complessa e, sicuramente, più bella.

Dando un occhio alla line up ci si stupisce di quanto non sia dedicato esclusivamente ai più giovani e, qui, parlo delle celebrazioni degli album di Patti Smith e  Marlene Kuntz o all’esibizione di Gazzé, ma anche agli orari di inizio dei concerti. C’è una volontà di coinvolgere anche le famiglie, spesso snobbate, all’interno della rassegna? Vuole, in sostanza, essere un evento per tutti quelli che, nel caldo di luglio, non abbandoneranno la città?

Sì. L’idea è che possa essere vissuto da tutti, in modo più aperto possibile, senza barriere e in maniera trasversale. Un posto in cui sai che se ci capiti puoi trovare qualcosa di interessante come gli eventi e le persone che lo popolano. Questo vuol dire anche famiglie e bambini? Certo!

Cosa vi aspettate da questa prima edizione e qual è il futuro che immaginate per questa rassegna?

Sarà un lungo successo. Grazie anche alla vostra attenzione.
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Il Flowers Festival partirà sabato 4 luglio con Indiependence Day, il concerto estivo degli artisti de La Tempesta Dischi. L’Indiependente sarà media partner ufficiale della rassegna. Non resta che rimanere collegati con il nostro portale e la nostra pagina Facebook per seguire tutte le news, i concerti e le sorprese di questa prima edizione caldissima dell’estate torinese.

Intervista a cura di Francesco Pattacini

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