Un’Italia oltre i confini è possibile | Festival of Italian Literature in London

Tutte le foto sono di Luca Migliore

In un’epoca che continua a celebrare la crescita dei partiti populisti dalla vocazione nazionalista da una parte all’altra del globo, forse vi sarà difficile credere che un’alternativa al confine chiuso possa ancora essere possibile. Eppure esperienze come quella di FILL – Festival of Italian Literature in London ci lasciano respirare un po’ di aria fresca. Alla sua seconda edizione, il festival di letteratura italiana a Londra si è concluso lo scorso 28 Ottobre guadagnando consensi e critiche positive. Numeri che parlano da soli: 1500 biglietti venduti, per una due giorni che ha visto alternarsi eventi e incontri d’eccezione.

Il direttore artistico del festival, lo scrittore Marco Mancassola, definisce FILL molto più di un festival: «è una comunità di italiani e non italiani, Londoners che credono nel dibattito inter-culturale». Così la letteratura diventa un’occasione di confronto per raccontare il tempo che stiamo vivendo. Da Londra viene fuori l’idea innovativa e possibile di un’altra Italia: la grande comunità degli italiani all’estero — sempre più in crescita — ne è una prova. Se una nazione è anche la sua lingua, oggi la nazione italiana va oltre quelli che sono i  suoi confini geografici, e quale migliore occasione per riflettere su questo aspetto se non un festival di letteratura italiana all’estero.

Con la vocazione di chi straborda i confini, FILL è riuscito a lanciare un messaggio che ha poi stimolato la creazione di una rete di festival letterari italiani all’estero. Così dagli States arriva IDEA Boston, che già questo mese offrirà un programma dedicato alla letteratura e alla cultura italiana e italoamericana. A Maggio 2019 invece anche Monaco ospiterà il suo festival letterario italiano in Germania. Una rete che ha già annunciato una collaborazione e che prossimamente pensa di espandersi (del resto con 5 milioni di italiani all’estero lo spazio c’è). La sfida è quella di creare un ponte tra il nostro paese e l’estero: un vivo scambio tra realtà nazionale e internazionale. Per questo esperienze come FILL rappresentano il futuro.

Siamo al Coronet Theatre, nel cuore di Notting Hill a Londra. Lo scorso anno L’indiependente era presente sul campo per raccontarvi il festival, e vi avevamo parlato di una bellissima atmosfera. Quest’edizione ripete il successo della precedente, e ravviva la sensazione che queste esperienze siano una bella boccata d’aria. Non è un caso se FILL pensa già a un terzo capitolo. Basterebbe raccogliere le impressioni degli ospiti di quest’edizione appena passata a Londra: dagli italiani Nicola Lagioia e Igiaba Scego, da Ali Smith a Mathias Enard, la sensazione che ne viene fuori è quella di un team affiatatissimo intorno al festival, che da Claudia Durastanti a Stefano Jossa – senza dimenticare l’appoggio dell’Istituto di Cultura Italiana di Londra – è riuscito a metter su qualcosa di importante.

«Viviamo in un’epoca in cui a Londra si organizza questo festival di letteratura italiana con un panel su femminismo e distopia e a Verona passa la mozione leghista per sostenere associazioni cattoliche anti-abortiste. C’è qualcosa di intrinsecamente distopico nella continua schizofrenia in cui viviamo, ancora di più in una prospettiva di genere», così ci aveva detto Veronica Raimo in un’intervista, anche lei tra gli ospiti di quest’edizione. Come darle torto: il festival che fa da ponte tra Italia e UK a Londra sembra andare in direzione contraria ai tempi interessanti di oggi, all’insegna di Brexit e populismo.

Si guarda già verso il futuro. Un futuro di scambi, contaminazioni, che sa riflettere su temi come migrazioni e populismi. L’incontro con Lorenzo Pezzani, co-fondatore di Forensic Oceanography, è andato proprio nella direzione di una riflessione sulle grandi migrazioni (e qui trovate una bellissima intervista dove Pezzani racconta tutto benissimo). «No one is essentially a migrant. It is always a matter of gaze», così Pezzani è riuscito a emozionare il pubblico in sala con una frase che lascia riflettere. «Dobbiamo costruire una terra comune di speranza» gli ha fatto eco de Bellis durante il panel Detecting Violence.

E allora ci lasciamo con la parola speranza. La speranza di prenderci tutto il tempo di riflettere fino alla prossima edizione di FILL: abbiamo un intero anno per provare a cambiare la prospettiva e l’approccio al futuro. Possiamo addirittura immaginare di re-importare nel nostro paese un po’ di quella bella atmosfera che capita di incrociare al festival di letteratura italiana a Londra. Appuntamento al prossimo anno.

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