Nato verso la metà dei novanta, ma esploso in tutta la sua carica nei primi duemila, il post-rock sta vivendo negli ultimi anni una fiorente rinascita. Come già anticipato sul finire dello scorso anno, si riaffacciano sulle scene giganti come Godspeed You! Black Emperor e Tortoise, e nel mese di Aprile di quest anno vedono la luce nello stesso giorno i lavori di due band fondamentali, gli scozzesi Mogwai da una parte, gli americani Explosions in the Sky dall’altra.
Il quartetto di Austin torna con un nuovo album a cinque anni, quasi esatti, di distanza dall’ultimo “Take care, take care, take care”, titolo che lasciava presagire un arrivederci non proprio a presto. Negli anni che separano le due fatiche, comunque, i nostri non sono affatto restati con le mani in mano, lavorando ad una serie di colonne sonore, che, lungi dall’essere considerate un mero esercizio di stile, arricchiscono abbondantemente la discografia in studio.
L’approccio a The Wilderness non può quindi non tenere conto di questo mutevole aspetto della band. Se la peculiarità del genere è quella di creare suggestivi soundscapes, paesaggi sonori, qui l’obiettivo è ancora una volta centrato in pieno. Anche se non abbiamo la potenza dei Godspeed You! Black Emperor, la visione malinconico-apocalittica dei Mogwai o la sperimentazione dei Tortoise, gli Explosions in the Sky sono riusciti senz’altro a costruire negli anni un suono ed uno stile altamente riconoscibili, caratterizzati dalle lunghe ed epiche cavalcate sonore, assimilabili più ai cugini irlandesi God is an Astronaut.
La novità di questo ultimo lavoro sono gli accattivanti tappeti sonori elettronici che riscontriamo fin dall’incipit della prima traccia Wilderness, ma che già dal secondo pezzo The Ecstatics si amalgamano alle loro sonorità più tipiche, capaci di riportarci indietro negli anni. Sonorità che quasi si fondono e continuano con Tangle Formations, in un crescendo di suoni che ci conduce verso i punti più alti dell’album, rappresentati da Logic of a Dream e dal singolo Disintegration Anxiety, che rappresenta il culmine di un’ideale parabola. Due brani caleidoscopici, che riescono a condensare momenti diversi nei pochi minuti della loro durata, verso un iperbole che se dapprima si smonta lasciandoci come sospesi, esplode in seguito con il martellante riff in Disintegration Anxiety, sicuramente il più incisivo dell’intero disco. A riportare una sorta di estatica calma e accompagnarci verso la coda ci pensano i 6 minuti di Losing the light, ma subito riprendiamo, letteralmente, quota con Infinite Orbit. La penultima traccia, Colours in Space, la più lunga, ci porta per l’ultima volta in alto sul pianeta EITS, per poi lasciarci dolcemente atterrare su quelle Landing Cliffs dove i quattro si congedano.
The Wilderness è un album a cui ci si deve accostare in modo totalizzante, senza remore e lasciandosi placidamente trasportare, con gli occhi chiusi a cercare di catturare le immagini che inevitabilmente la vostra mente elaborerà; un lavoro che dà il meglio con volumi alti, e che sicuramente, incanterà e sarà in grado di portarci altrove anche dal vivo.