Il libero arbitrio ovviamente non è un fattore importante in questo nostro piccolo mondo.
(Ted Pikul)
Quasi trent’anni dopo quel capolavoro che prende il nome di Videodrome, l’autore canadese David Cronenberg cavalca l’onda sci-fi sulla realtà virtuale (Dark City, Matrix) e forgia l’anello di congiunzione tra le sue ossessioni body-horror Anni Ottanta e la destrutturazione del sogno americano Anni Duemila. Existenz (reso graficamente eXistenZ) e un videogioco di realtà virtuale inventato da Allegra Geller (Jennifer Jason Leigh), collegabile direttamente al sistema nervoso del giocatore tramite un organismo bio-meccanico noto come game-pod; scampata a un attentato, la programmatrice si unisce all’addetto alla sicurezza Ted Pikul (Jude Law) e scopre che misteriosi cospiratori vogliono distruggere la sua creazione. A partire da questo intrigantissimo soggetto, Cronenberg trasla i sottotesti di Videodrome (manipolazione mentale, fusioni corporee uomo-macchina) al mondo dei videogiochi e costruisce una narrazione a incastri che giocano sull’ambiguità, sulla contaminazione di realtà e finzione con dieci anni di anticipo su Inception. L’orchestrazione dei colpi di scena, il world-building della più classica distopia orwelliana, la vena di erotismo perverso ereditato da Crash e l’attenzione scenografica per la claustrofobia delineano gli strati di una struttura complessa, non priva di ironia rispetto all’illustre precedente cronenberghiano, sublimando la natura schizofrenica di un mondo in bilico tra fascinazione e pericolo.
La connessione bio-meccanica dà vita a immagini disturbanti, a grottesche sodomie di tecnologia e carne esaltate dalla tangibilità di effetti speciali artigianali e da una purulenta fotografia virata in rosso sangue. Da un genio quale Cronenberg è, non bisogna solo aspettarsi una sagra macabra dall’eslusivo fine estetico, perché eXistenZ brilla di una minuziosa costruzione di caratteri e interazioni, alienate, disumanizzate, sempre sul filo della tensione paranoide, a cui attori come Jude Law, Jennifer Jason Leigh e Willem Dafoe danno vita con la dovuta intensità. Malgrado lo schema a scatole cinesi non particolarmente originale nemmeno per il 1999, la ricchezza tematica ha forse permesso a eXistenZ di invecchiare meglio persino dell’osannato Matrix, mettendo in guardia sugli eccessi della corsa al progresso con uno sguardo originale, scevro di inutili orpelli estetici. Infatti se da questo titolo ci si aspetta una fantascienza spettacolarizzata è meglio rivolgere lo sguardo altrove, perché la prospettiva di un pericoloso role-game incarnato in metafora stessa della vita (“Bisogna giocare il gioco per sapere perché si gioca”) può inquietare e far riflettere sul nostro mondo molto più di una città colorata dai neon o di macchine senzienti che “coltivano” i propri creatori.