Rispettoso dell’anima avventurosa e amorosa del ciclo bretone, Excalibur di John Boorman è la più imponente e riuscita trasposizione cinematografica della leggenda di Re Artù. In una fantastica Britannia medievale dove infuriano continuamente guerre per il potere, il giovane Artù (Nigen Terry), figlio adulterino del defunto Re Uther Pendragon (Gabriel Byrne) e della nobile Igrayne (Katrine Boorman), estrae da una roccia la magica spada Excalibur, e consigliato dal Mago Merlino (Nicol Williamson) diventa un sovrano saggio e rispettato. Sotto il suo dominio, il regno di Camelot prospera difeso dai valorosi Cavalieri della Tavola Rotonda (tra i quali figura un giovane Liam Neeson), ma a porre fine all’armonia intervengono la passione illecita tra la Regina Ginevra (Cherie Lunghi) e il più valente dei cavalieri, Lancillotto (Nicholas Clay) e il conflitto brutale con Mordred (Robert Addie), figlio incestuoso di Artù e della sorellastra Morgana (Helen Mirren), maga allieva e rivale di Merlino.
Realizzato nel 1981 da Boorman, in un periodo in cui il fantasy cinematografico era ancora lontano dalle avanguardiste rivoluzioni tecnologiche di Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, Excalibur è una rilettura dal marchio d’autore dell’antica saga che mette sul piatto un discorso sul conflitto eterno tra Natura e Civiltà tanto caro al regista di Un tranquillo week-end di paura. Il granitico titolo esprime quanto la magica spada Excalibur funga da perno della vicenda, simulacro di pace e armonia nel mondo degli uomini.
Boorman realizza una straordinaria epopea corale di personaggi che combattono e muoiono fianco a fanco in un viaggio umano e doloroso, intervallato dagli intermezzi tra un Merlino teatrale e la Maga Morgana che servono ad alludere con ironia crepuscolare alla fine del tempo degli Eroi. La poesia epica su pellicola risulta sempre unitaria malgrado il variare di toni (la leggerezza del fantastico, la gravosità dell’elegia, la catarsi della tragedia, la poderosità delle imprese eroiche), e la visione si arricchisce di mille rimandi alle arti e all’iconografia macabra dell’horror, suggellando così il punto più alto del fantasy colto Anni Ottanta assieme a Conan di John Milius e Legend di Ridley Scott.