Dal Blood on the Tracks di Bob Dylan, ai paesaggi sterminati e immersi nella nebbia di Bon Iver, in For Emma, Forever Ago, fino al Back to Black, ultimo lascito della Winehouse, la storia musicale ha incrociato numerose volte la strada con i breakup album, in cui la rottura delle relazioni affettive o di amicizia diventa energia per l’ispirazione – o espiazione – artistica. Da questo nucleo proviene Ex:Re, debutto solista di Elena Tonra, voce e chitarra nei Daughter, arrivato un po’ all’improvviso e senza grandi annunci, eppure così profondo e di valore. Ex:Re, appunto, che nel suo gioco linguistico diventa sia Regarding Ex sia X-Ray, rappresenta un processo che guardando indietro si guarda, soprattutto, all’interno, realizzando una composizione postmoderna fatta di allucinazioni per le strade di New York, sonni rotti da telefonate notturne e la rielaborazione di un dolore che per essere superato passa per una, inevitabile, riconsiderazione di se stessi.
Ex:Re si impone come un percorso individuale di purificazione, che estende lo spettro musicale oltre l’esperienza indie folk dei Daughter e fa proprie atmosfere più triphop e lisergiche, bilanciando l’oscurità con la concretezza e la forza di un songwriting emozionale in grado, spesso, di dettare da solo la fase ritmica, come nel caso della doppia battuta di When the Time Went che si sostituisce alla batteria spezzando la linearità sostenuta dai giri di chitarra e dagli archi. Le melodie, in questo brano come in tutto l’album, vengono concepite per dare respiro e peso alle parole che, nonostante la loro durezza e le ferite da cui provengono, resistono alla rabbia anche nelle scene più allucinate di New York. Proprio qui, nella ripetizione finale di I’m drunk / New York, New York, viene trasmesso il senso di smarrimento e di dolore che non smette di bruciare. È questo il modo sottile con cui Elena Tonra interpreta il suo breakup, spingendolo oltre lo sfogo e trasformandolo, di fatto, in una dichiarazione poetica sull’addio e sulle colpe presenti da My Heart (Oh the artist shall suffer / ‘Cause he’s scratching his back / Till there’s blood on his nails / Will you make yourself ill with the lies that you tell?) fino al profondo sentimento di Romance (Romance is dead and done / And it hits between the eyes on this side / The grass is dead and barren / And it hurts between my thighs on this side). Un cuore che soffre ma che rimane estremamente lucido per riportare la cronaca di ciò che lo lacera ma, in fondo, anche la sua ostinazione nel voler uscire dall’abisso in cui è caduto. In Too Sad troviamo il cuore e l’anima sincera con cui Elena Tonra parla a se stessa: He will / He will, si sente provenire dal sottofondo, in questa ballata rauca che guadagna volume all’arrivo del piano che anticipa il bridge, ancora una volta straziante ma non eccessivo. Fra Liar, il punto focale dello studio su triphop à la Portishead, e 5 AM, in cui si ripropone la scrittura volutamente ritmica e più legata ai tempi vuoti dei Daughter di Running e Smother, si inserisce lo shoegaze di I Can’t Keep You, una scelta quasi provocatoria in un album costruito su canzoni di lunga durata che si conclude con l’acustico solo chitarra di My Heart.
La ferocia dei sentimenti di Ex:Re, in questo album a tratti straziante e commovente, rappresenta un punto di svolta per la comprensione più vera di Elena Tonra come persona e come artista, non solo per quanto riguarda i Daughter, ma del suo apporto alla band in quanto autrice e compositrice. Affrontando un discorso così profondo ne dà un’immagine coraggiosa e incantevole, anche nel buio, anche nella perdita, confermandola fra le migliori voci dell’indie britannico. Difficilmente replicabile, straordinariamente accogliente.