Raccontare quello che meglio conosciamo, valutando quali siano le parole adatte da abbinare ai luoghi e agli oggetti della nostra quotidianità, non è mai semplice come si potrebbe pensare. Gli Ex-Otago sono arrivati In capo al mondo per rendersi conto che al loro puzzle artistico mancava un tassello che descrivesse le proprie origini. Hanno ritrovato casa dove sono sempre stati, a Marassi, il quartiere di Genova in cui sono nati e cresciuti, che oggi diventa anche il titolo del loro quinto album. Sotto la guida congiunta dell’etichetta torinese INRI e di quella bolognese Garrincha Dischi, Marassi è stato registrato nello studio di Matteo “C-Loop” Cantaluppi, un produttore di grande fiuto a cui piace giocare con le nuove leve della musica italiana, e, come molti altri dischi prodotti tra le mura del Mono Studio, in bilico tra la nostalgia per un passato mai vissuto e la ricerca di un futuro ancora tutto da scrivere.
Nell’immaginario degli Ex-Otago Genova è lontana dalla poesia dei vicoli che hanno influenzato il cantautorato di Fabrizio De Andrè, ma anche dalle spiagge vicino alla foce di Umberto Bindi e di Bruno Lauzi, così come dai bar di Gino Paoli. A Marassi il mare si guarda dall’alto, sfrecciando tra palazzi tutti uguali costruiti sopra torrenti imprigionati nell’asfalto. Qui il rapporto tra uomo e natura è stato accantonato per porre al centro dell’inchiesta l’evoluzione della società urbana. Nonostante le sfumature pop, il carattere e i contenuti che emergono dalle dieci tracce che compongono la raccolta sono, infatti, perfettamente aderenti alla realtà, mentre il linguaggio impiegato è onesto e schietto, paragonabile a quello giornalistico.
Molto è cambiato dai tempi in cui gli Ex-Otago scrivevano canzoni come Figli degli hamburger o Gli Ex-otago e la jaguar gialla mirate a colpire con ironia il capitalismo sfrenato. Adesso la satira è meno pungente, ma la trama delle storie è diventata maggiormente articolata. Capace di rivolgersi a un pubblico più ampio, la formazione genovese smuove le situazioni, partendo dal conflitto generazionale messo in luce in I giovani d’oggi alle diverse sfaccettature umane che compaiono tra le righe di Cinghiali incazzati fino ad arrivare alla ritmica ballata d’amore Quando sono con te. La trasversalità di queste tematiche convive in equilibrio alle sonorità “soft” anni ’80, sintetiche e graffianti che rimbalzano dalla testa ai piedi in cuffia per strada, così come in ufficio o sulla pista di qualche balera che non ha ancora chiuso i battenti.
Della luna e delle stelle mi stupisco sempre / Della gente che lavora per niente mi stupisco sempre / Della neve di dicembre mi stupisco sempre / Della saggezza delle piante mi stupisco sempre, il ritornello martellante e catchy del brano Gli occhi della luna scorre senza interruzioni su un tappeto scintillante di tastiere che si ritrova anche in Non molto lontano, dove è centrale il tema della connessione anche se i collegamenti veri tra le persone sono sempre più intermittenti e rari. Non solo hit e pezzi da ballare: la penna di Maurizio Carucci è la stessa che ha scritto La ballata di Mentino, Gian Antonio e Il ballo di Nicola, trascinandoci in una piccola Spoon River ligure 2.0. C’è il passato che fa ancora parte del presente e che in Mare è la fotografia indelebile di un padre, un ricordo statico incapace di sbiadire e poi c’è la rievocazione dell’infanzia di Sognavo di fare l’indiano che torna grazie a quel bambino che non ha mai smesso di vivere nel corpo di ogni adulto.
Anche se gli anni scorrono – sono quasi quindici per l’esattezza – e molti amici non fanno più parte degli Ex-Otago, Marassi è un progetto che inevitabilmente li continua a legare tra loro e che unisce ancora di più quella fetta di pubblico che in tutto questo tempo li ha sostenuti attraverso il crowdfunding. Dalle prime file dei concerti agli incontri fortuiti che cambiano la vita, gli Ex-Otago sono rimasti dal 2002 a oggi la realtà musicale che più ha accompagnato tutti quei viaggi in macchina con i finestrini abbassati. Ormai l’estate dei nostri sedici anni è finita ed è impressionante pensare che sia trascorso un decennio da quando cantavamo a squarciagola la cover dei Corona The Rhythm of the Night. Spesso i sogni di quegli anni meravigliosi non si sono avverati, ma la verità è che il nostro desiderio più grande è che i luoghi dove siamo nati rimangano sempre identici al momento in cui li abbiamo lasciati, con gli stessi volti pronti ad accoglierci ogni volta e le stesse vetrine in cui specchiarci. Ed è per questo motivo che non possiamo fare a meno di portare nel cuore Marassi.