“Evohé” è il giubilo delle baccanti che ha ispirato il titolo di un’opera poetica di Cristina Peri Rossi. “Evohé” rappresenta il richiamo e l’esclamazione di giubilo, in questo caso, per la poesia. Una rubrica creata per esplorare poeti di diverse latitudini e generazioni, con l’obiettivo di fungere da punto d’incontro per le diverse poetiche che illuminano la marginalità.
Qui tutti i numeri di Evohé, rubrica a cura di Tania Pleitez Vela e Rocío Bolaños
Marielos Olivo (1977) è nata in El Salvador e, dopo aver conseguito una laurea magistrale in Colombia, si è stabilita a La Paz, in Bolivia, dove attualmente vive. La sua prima raccolta di poesie si intitola Tres tercas trincheras / Tre trincee testarde (FormArti, 2024).
L’opera poetica di Marielos Olivo mette in luce temi che vanno dalla violenza contro le donne, all’aborto e alla visibilità delle lotte sociali, fino al desiderio vissuto dai corpi dissidenti. La scrittura e il lesbofemminismo attivano la sua soggettività creativa e il lesbismo appare come una trincea di resistenza. Per questo motivo, nel titolo della sua raccolta di poesie ha inserito questo termine, accompagnato dall’aggettivo testardo, per dargli un significato vendicativo. Le sue poesie, quindi, sono trincee testarde perché essere lesbica e poetessa implica una costante disputa con un ordine sociale patriarcale, eteronormativo e lesbofobico. Il numero tre corrisponde alle parti che compongono la raccolta di poesie: “Seme legittimo”, “Frutto senza seme” y “Vivio”.
La poesia di Marielos Olivo è permeata di oralità e influenzata dallo spoken word di Staceyann Chin. Il suo palcoscenico poetico è anche un luogo politico; è una scrittura che ha “corpo e viscere” e segue le impronte di altre autrici che ammira, come Audre Lorde, Gloria Anzaldúa, Adrienne Rich e Tatiana de la Tierra.
Le poesie di Marielos Olivo sono popolate da donne che stabiliscono relazioni sessualmente affettive con altre donne, così come venditrici ambulanti, cuidadoras, ex- guerrigliere, donne rapper, sua madre, sua nonna, le sue zie. Sembrano tutti anelli interconnessi che vibrano insieme per resistere a un sistema che storicamente ha violato corpi e desideri. In breve, nella sua poesia Marielos Olivo intreccia donne, lesbiche o meno, che incarnano un ricettario di cura, accompagnamento, trincee.
III
VIVAIO
Armare la trincea. Armare l’amore. Con artigli/radici. Per
aggrovigliarci l’una con l’altre. Essere edera che rompe muri/
silenzi/distanze/frontiere. Nutrire il piacere con erbe e frutta.
Rabbia potata. Abitare questo luogo di vita.
10
Rotonde,
con un paio di baci d’olio,
ricoperte di mais
o riso, se preferite
belle panciute
di formaggio e ciccioli,
affinché non siano sole
li metta fagioli
o un fiore di loroco* bella bianca
Pazze li chiamano
perché oggi hanno spazio per tutto,
che sia pollo,
gambero
o erbette del monte salvadoregno,
sempre bagnate nella salsa
e in un curtido molto gustoso
Pupusas*,
l’eredità
il rimedio
per il dolore del popolo Pipil
NdT.:
*Loroco: (Fernaldia pandurata) è un vitigno dai fiori commestibili che cresce in El Salvador.
*Pupusas: frittelle tonde fatte con la farina di mais (o di riso), detta masa de maiz, ripiene tradizionalemente di fagioli rossi prima bolliti poi macinati, ciccioli macinati e formaggio locale (quesillo).
II
FRUTTO SENZA SEME
Ogni donna porta con sé delle donne. Le protegge. Come i
semi. Se non c’è un posto dove seminarle, le trapianta nelle sue
tasche. Così si radicano in lei.
Due semi mi accompagnano. Alla mia destra c’è l’amore
delle donne/maquilishuat*, a sinistra le storie delle donne/
buganville. Sono la loro erede. Non ci unisce un filo color sangue.
Senza essere la loro primogenita mi hanno dato la possibilità di
fuggire e tornare all’amore come una trincea.
NDT:
*Maquilishuat: Albero nazionale di El Salvador. Tabebuia Rosea.
34
Diana
Camminavamo verso casa
il marciapiede era un tappeto
giallo
Ha lasciato la mia mano
quasi mai lo faceva
potevo smarrirmi
Si è chinata
ha scelto un hijito del San Andrés
senza fiorire
Sorrise
prima di aprirlo
nella mia testa
Non c’era fretta
quel giorno
ho saputo che mia madre mi amava