“Evohé” è il giubilo delle baccanti che ha ispirato il titolo di un’opera poetica di Cristina Peri Rossi. “Evohé” rappresenta il richiamo e l’esclamazione di giubilo, in questo caso, per la poesia. Una rubrica creata per esplorare poeti di diverse latitudini e generazioni, l’obiettivo è quello di fungere da punto d’incontro per le diverse poetiche che illuminano la marginalità, consapevoli della tradizione che precede e influisce sulla sua costruzione e sul suo rinnovamento. Si parte con Claribel Alegría, di cui ricorre il centenario.
a cura di Tania Pleitez Vela e Rocío Bolaños
Claribel Alegría è nata a Estelí, in Nicaragua, il 12 maggio 1924. Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Santa Ana, in El Salvador, dove i suoi genitori si stabilirono a causa della posizione critica del padre nei confronti della dittatura di Somoza in Nicaragua. Nel 1932, da bambina, assistette al massacro dei contadini indigeni, un evento che la segnò profondamente. Studiò prima in Louisiana e poi alla George Washington University nella capitale statunitense. Successivamente, con il marito Darwin J. Flakoll e i loro quattro figli, è vissuta a Città del Messico, Santiago del Cile, Buenos Aires, Montevideo, Parigi e Deyá (Maiorca). Costruì una ricca rete di amici scrittori, tra cui Juan Ramón Jiménez, Italo Calvino, Mario Benedetti, Julio Cortázar, Carlos Fuentes e Robert Graves. Le sono stati conferiti diversi premi, tra cui il Premio Casa de las Américas nel 1978 e il Premio Reina Sofía per la poesia iberoamericana nel 2017. È morta il 25 gennaio 2018 a Managua (Nicaragua), all’età di 93 anni.
La poetica di Alegría è intrisa di memoria, come si vede in Sobrevivo (1978) o in poesie come “La mujer del río Sumpul” (Y este poema-río, 1988). Nella sua scrittura, le sfere del pubblico e del privato non sono separate; anzi, lo sguardo sul quotidiano è collegato alla storia e questa intersezione gli serve per raccontare la rabbia, l’impotenza, ma anche una resistenza affettiva e collettiva. Le sue preoccupazioni sociali e politiche erano già apparse in poesie precedenti, come “Documental” (Vía única, 1965) e “Mi paraíso de Mallorca” (Pagaré a cobrar, 1977). Allo stesso modo, in Huésped de mi tiempo (1961), sono già palpabili le dimensioni di un’autrice coinvolta nelle grandi tensioni e difficoltà in tempi di dittatura e ingiustizia. La sua radicale difesa della libertà risponde alla produzione letteraria di una donna colpita dal contesto violento dell’America Latina, ma include anche elementi che girano attorno alla pace, articolando uno spazio in cui è necessario ripensare se stessi in relazione agli altri esseri umani.
In Sobrevivo, il libro con cui ha vinto il Premio Casa de las Américas, Alegría sottolinea quello che diventerà il suo tratto distintivo: una forte consapevolezza degli eventi socio-politici latinoamericani in dialogo con il suo io intimo, a volte in contraddizione, ma sempre alla ricerca di un equilibrio. Un aspetto che spicca nella poesia di Alegría è il riferimento ai morti, sia i suoi che quelli che hanno combattuto per la liberazione dei popoli; ad esempio, “Sorrow”. Così, in una buona quantità di poesie, i morti compaiono quotidianamente, stabilendo una complicità tra linguaggio colloquiale, senso dell’umorismo e squisitezza lirica. Tuttavia, la morte non appare come qualcosa di finito e sterile, ma come uno stato vigoroso che consente la comunicazione tra l’io lirico e i morti, che vengono ri-significati come nutrimento esistenziale, memoria, simboli di denuncia e lotta. Accanto a queste poesie, c’è anche una voce poetica che sovverte gli archetipi e i miti femminili ed emana un ironico ribellismo di fronte al mandato patriarcale.
Trampa
Necesito una trampa
una trampa en que el tiempo
se disloque
y nos permita en paz
caminar el presente.
La trappola
Mi serve una trappola
una trappola in cui il tempo
si distorca
e in pace ci lasci
camminare nel presente.
Señales
Donde voy a estar no hay señales
Francisco Ruiz Udiel
Allí donde tú estás
no llegan mis señales
aún así
te seguiré buscando
te seguiré nombrando
hasta que llegue el día
en que yo misma
sea
tu señal.
Segnale
Dove sarò non c’è segnale
Francisco Ruiz Udiel
Lì dove tu sei
non arrivano i miei segnali
eppure
continuerò a cercarti
a pronunciare il tuo nome
fin quando arriverà quel giorno
in cui io stessa
sarò il tuo segnale.
Poesía
A Juan Ramón
Inconfundible
esa voz
que me persigue
que no arranca de mi
que teje insomnios.
Como la lluvia
cae
como el viento
sólo esa voz escucho
me posee
deja mendrugos sueltos
y se escapa.
Poesia
A Juan Ramón
Inconfondibile è la voce
che mi insegue
che non si scolla da me
che tesse insonnie.
Come la pioggia
cade
come il vento
solo questa voce ascolto
mi possiede
lascia cadere avanzi di pane
e fugge via.
(Testi tratti da Voci, traduzione di Zingonia Zingone e Marina Benedetto, Samuele Editore, 2015)