Eugenio Rodondi – Labirinto

Eugenio Rodondi è un cantautore nato a Torino e cresciuto a Collegno, la città famosa per quello smemorato interpretato da Totò nel ’62 e facente parte di quel tessuto suburbano composto da decine e decine di comuni che sommati comprendono più abitanti di quanti ne abbia la vecchia capitale sabauda. Nei parchi di borgata l’alternarsi delle stagioni, le grigliate in primavera e le passeggiate in autunno acquistano un significato inconsueto:  il tempo rimane come sospeso tra un ricordo e l’altro. Ed è un po’ così che nasce Labirinto, uno spazio in cui perdersi per poi ritrovarsi,  che dà vita al primo album di Eugenio Rodondi, il quale si è affidato alle cure e ai preziosi consigli di Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele, non solo componenti dei Perturbazione, ma anche scopritori di talenti in Piemonte.

Questo disco si presenta a prima vista, partendo dalla copertina realizzata da Irene Bedino, come una fiaba in bianco e nero, che pagina dopo pagina si tinge di diverse colorazioni, cambiando d’intensità e contrasti. Dodici tracce che rappresentano in sintesi il suo primo quarto di secolo, influenzato dai cantautori italiani più amati, in primis Fabrizio De Andrè, di cui ricorda perfettamente il timbro vocale, passando per Tenco e De Gregori, fino ad arrivare a Capossela. Dopo la partecipazione al Premio Buscaglione nel 2010, la formazione si è allargata: alle spalle di Eugenio c’è il lavoro di una sinfonica di alta qualità, che conta Marco Segreto al contrabbasso, curatore degli arrangiamenti, Ariel Verosto, flauto traverso e chitarra, Valter Piatesi alla batteria e Alberto Cipolla alle tastiere.

Labirinto si apre con l’introduzione di una versione moderna di Alice in Wonderland di Lewis Carroll, una ragazza alle prese con un Cappellaio che non ce la fa ad arrivare a fine mese e una Regina di Cuori cocainomane, ma Alice forse è la più capace, Alice è l’unica che non tace. Non vuole ordine, ma confusione e scappa dentro un’altra dimensione. Il caos è già fin da subito immesso come motore positivo e ripreso in Cittadino del mondo, le cui sbronze notturne si alternano alla felicità del sapersi accontentare, con la consapevolezza che solo chi rischia lasciando un pezzettino di sé a casa avrà il coraggio di partire sul serio. Tra le prove più profonde di quest’esordio si trova Gli amanti dei tarocchi, una ballata commovente, dove a suonare sono un violino, un pianoforte a coda e il vento tra i rami frondosi: alla base di questa canzone c’è un occhio attento ai cambiamenti della natura e al comportamento animale da sempre simile a quello umano, che prende spunto non tanto dalla musica leggera, bensì dalla letteratura.

Nello stesso modo Se il mare va in burrasca, pur facendo riferimento alla storia dei migranti moderni, stipati sui gommoni alla ricerca di fortuna, pronti a superare le frontiere tra le onde del Mediterraneo e le carcasse dei barconi salpati prima, non ha nulla da invidiare alle ambientazioni delle Ventimila leghe sotto i mari di Verne o alle avventure defoiane di Robinson Crusoe. Mentre Le scarpe nuove è un motivetto allegro, un flusso di parole in vino veritas, una critica contro la superficialità dilagante della società, La stanza è avvolta da un’atmosfera tetra dalle tinte new wave che ricorda i primi Diaframma, i sospiri gelidi delle raffiche invernali sono intervallate dalla presenza ancor più cupa del contrabbasso. La lingua si fa più veloce e la ritmica cambia ancora una volta nel brano che dà titolo al disco, quasi una ballad irish/folk, più che un Labirinto un vortice da cui è impossibile non venir risucchiati, per poi cadere a terra come addormentati e cullati da Capelli di ragnatela, un’altra convincente dimostrazione della sensibilità del giovane cantautore torinese che, reclinando un poco il capo, sembra voler sussurrare la sua personale ninnananna all’amata.

Ma gli scorci di questo lavoro sono ancora tanti e mutevoli: c’è Ponzio Pilato che riporta in vita alcuni temi di Storia di un impiegato, sesto album in studio del Faber, e di conseguenza alcuni frammenti di denuncia sessantottina, ma c’è anche l’avventura del Furgone più sfortunato della storia, appartenuto probabilmente al Ragionier Fantozzi, più danni che gioie, meglio venderlo al più fesso offerente. Non mancano, inoltre, le riflessioni sul tempo che passa e sull’instabilità dei sentimenti che vengono delineati in Canzonetta, prima traccia composta da Rodondi, finchè l’ultima pagina di questo disco viene scritta, battuta a macchina ne La danza degli altri, di nuovo un richiamo alle tradizioni e alle feste popolari, che mescola entusiasmo e perturbante.

Questo è Il Labirinto di Eugenio Rodondi, un percorso a zig zag tra vino, il cane Ciuffo, libri e quotidianità. Un processo in continua evoluzione che porta a sentirsi disarmati di fronte alla vita, al passo con gli anni difficili della crisi e del post-adolescenza che non finisce proprio mai.

Autoprodotto, 2013

Tracklist:

  1. Alice
  2. Cittadino del mondo
  3. Gli amanti dei tarocchi
  4. Se il mare va in burrasca
  5. Le scarpe nuove
  6. La stanza
  7. Il labirinto
  8. Capelli di ragnatela
  9. Ponzio Pilato
  10. Il furgone
  11. Canzonetta
  12. La danza degli altri
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