Eravamo tutti vivi, il primo romanzo di Claudia Grendene, pubblicato da Marsilio editore, è stato tra i libri delle mie vacanze. È un romanzo semplice per trama e per linguaggio, diretto, profondo. Racconta le relazioni, gli ideali, le vite quotidiane di un gruppo di amici, molti dei quali iscritti alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova. Il libro si apre e si chiude nel 2013, l’anno che segna la morte in Messico di Max, il sognatore del gruppo. La vicenda, oltre ad essere la metafora amara del passaggio dalla giovinezza all’età adulta, è un momento essenziale ai fini della narrazione. È la notizia di questo evento tragico che riunisce Agnese, Chiara, Anita, Isabella, Alberto ed Elia. Sono passati quasi vent’anni dalla laurea, dalle mattinate in facoltà, dai pomeriggi in piazza o in aula studio. Il funerale di Max costringe tutti a fare i conti con i ricordi, cosicché il nastro della storia si riavvolge fino agli anni Novanta, quando il gruppo si forma e si consolida tra lezioni, cene e perturbazioni familiari.
Conosciamo nel dettaglio ogni personaggio: il suo carattere, la sua storia familiare, le sue aspirazioni, le sue frustrazioni. Ed ogni personaggio, interagendo e vivendo nel luogo prescelto dalla scrittrice (Padova), ci guida alla scoperta degli altri, tessendo la materia del romanzo, che restituisce ad ogni lettore qualcosa di sé. Andando avanti e indietro negli anni, la Grendene scopre particolari che spingono in avanti la trama e ci fanno rivivere quell’età magica ed elettrica tra i venti ed i trent’anni. Scegliere il personaggio del cuore è inevitabile per chi legge il libro. Le fila dei fatti sono tenute insieme dallo sguardo del narratore, che a tratti pare fare molto affidamento alle riflessioni di Chiara e a quelle di Max, che per tutto l’arco temporale del romanzo scrive un diario. L’immersione nei sentimenti, nelle idee, nelle paure, nei sogni di Max è uno dei procedimenti meglio riusciti alla Grendene, che regge perfettamente il punto di vista maschile.
Padova
Si sa, le stagioni, i luoghi sono elementi fondanti delle nostre esperienze: la relazione con quel che accade intorno ci influenza e ci forgia senza che possiamo evitarlo. Accade lo stesso nei romanzi che della vita, delle esperienze umane sono rappresentazioni. In Eravamo tutti vivi Padova è co-protagonista degli eventi e se ne sta là, mutevole e brulicante, ad accogliere i pensieri e i respiri dei personaggi che la Grendene muove sulla scena. Un romanzo generazionale leggero, che ha la consistenza di un vento di primavera, capace di rimestare immagini private, di soffiare sul cuore. L’effetto è di una madeleine proustiana: leggi e torni indietro, naufragando in te stesso. Bello.