Quattro è il numero delle cose stabili. Se la terza edizione di Eleva portava con sé il carico di preoccupazioni di una realtà che pian piano si consolida, quella di quest’anno non ha avuto bisogno di troppe conferme. Eleva è diventato una certezza nel panorama reggiano e dopo anni può camminare con sicurezza e iniziare a godere di un nome che è ormai sinonimo di garanzia. Lo si intuiva da quando è iniziato il fermento e il passaparola con le prime ipotesi di artisti, e lo si è visto alla preview di giugno ai Chiostri di San Domenico: a Reggio Emilia questo Eleva piace. Sarà che i ragazzi dell’organizzazione che ci lavorano tutto l’anno riescono a trasmetterci la loro passione per la musica e per le cose fatte bene o sarà soltanto che è la fine dell’estate e abbiamo ancora voglia di stare insieme anche con le prime giacche sopra i vestiti. Ognuno ha il suo personalissimo motivo per essere a Eleva ed è quello che fa la differenza, il fatto che un festival di musica si trasformi in un festival a trecentosessanta gradi capace di intrattenere chiunque. La quarta edizione è stata finora la più eterogenea sia per la scelta degli artisti che per il pubblico presente. Con una svolta leggermente più indie ha saputo fare il salto e colmare la distanza tra chi era presente fin dall’inizio e chi davanti alla parola elettronica storce ancora il naso.
MEETING VERDE, SABATO 10 SETTEMBRE
La settimana di Eleva inizia come d’abitudine ai Chiostri di San Pietro. Non so se sia merito della location che non manca mai di stupire con i suoi spazi che si integrano e si prestano perfettamente a eventi di questo tipo o del fatto che sia il primo appuntamento del festival, ma il meeting verde è forse il più riuscito dei tre. Si inizia alle 20.00 sul SoundScape Stage con Andrea Marinelli. Ancora mezz’ora di tempo e con il dj set di Gege & Virtual Boys sul Main Stage iniziano i live paralleli. Sul primo palco Unknown riscalda l’atmosfera prima di lasciare spazio a Bruno Mari aka Medicamentosa. Il suo live è un mix di suoni tribali e chill che rendono l’ambiente rilassato ma mai noioso; un ottimo antipasto per il seguito della serata. Intanto gli Inude hanno preso possesso del Main Stage. Il duo leccese accende il chiostro principale con un sound che incanta e riesce a catturare anche l’orecchio più distratto. Giacomo e Flavio con una voce calda e graffiante e una base distorta danno vita a una creatura ibrida che sembra nata dall’incontro di suoni soul e post rock. Purtroppo gli Evil Twin suonano quasi in contemporanea e a questo punto la scelta tra chi sacrificare è più sofferta che mai. Alberto e Simone sono usciti da qualche mese con Yesh, un EP dalle atmosfere dark che richiama volutamente liturgie antiche e che non vediamo l’ora di ascoltare live. Il loro è un rituale psichedelico che trasporta in una dimensione onirica e mistica. Mentre li si ascolta tutto scompare a partire dalla necessità di incanalare la musica in un genere predefinito e rimane soltanto la poesia di un suono complesso ma amalgamato perfettamente, fruibile da chiunque. Ci prendiamo una pausa per guardarci intorno. Ormai la location è al completo, i visual a cura di Antica Proietteria illuminano i chiostri con una rete di luci studiate a regola d’arte. Alle 23.00 inizia Cosmo forse l’artista più discusso, nel bene e nel male, di questa edizione. Quando sale sul palco però i dubbi sembrano non trovare più spazio e tutti ballano con un coinvolgimento che culmina quando l’artista decide di scendere tra il pubblico. Dietro di lui la suggestiva coreografia di Eidos Danza si fonde con il video mapping del chiostro principale; tutto si succede in modo fluido e naturale quasi fosse un’improvvisazione ben riuscita. A chiudere il SoundScape Stage ci pensano Fat Cosmoe e Pøl Trowna mentre sull’altro palco è ora il momento dei Pillowtalk. Il trio californiano sposta decisamente la lancetta su un clima da west coast con la sua fusione di R&B, elettronica e ritmi pop. L’ora trascorsa in loro compagnia scivola via in spensieratezza, del resto è sabato sera e la loro musica calza a pennello con il mood della serata. La location è ancora stipata di gente quando arriva il momento del dj set dei Lowheads che chiude la serata. Il duo ha radici a Londra ma il loro sound rimane decisamente negli States con un funky allegro che fa viaggiare la mente fino ai club newyorchesi. Quando la serata finisce il pubblico sembra ancora troppo carico per volersene andare e pian piano si riversa malinconicamente tra le vie silenziose del centro storico.
MEETING GIALLO, MERCOLEDI 14 SETTEMBRE
L’appuntamento di metà settimana è all’Ex Mangimificio Caffarri, la più ridotta delle tre location ma non per questo meno suggestiva. La serata parte un po’ a rilento con un’affluenza inaspettatamente ridotta nelle primissime ore nonostante sia un infrasettimanale. Il pubblico però non tarda più di tanto, ben presto i timori scompaiono e all’ombra dei silos videomappati si iniziano a incontrare le prime difficoltà a spostarsi liberamente. Partono i dj della casa, il fuori programma TMN e i Nerd Flanders che accompagnano l’arrivo del pubblico fino alle 21.00. Intanto gli ospiti si riversano sugli stand del cibo che, complici alcuni tra i migliori partner reggiani, anche quest’anno offre una vastissima scelta che va dal pesce all’angolo vegano. Il palco questa volta è uno soltanto e Danilo Dan è pronto per il suo set che scalda l’ambiente a dovere. La vera sorpresa della serata arriva alle 22.00 con i padovani Klune. Il trio, che di recente ha collaborato con gli M+A, non ha niente da invidiare alle grandi produzioni internazionali e lo dimostra con un live che coinvolge e convince. La voce è avvolgente e calibrata e la loro musica ricorda a tratti quella del francese Woodkid con note lunghe rilassate e melodie soft. Una transizione lenta e gradevole che sfumando lascia spazio all’esibizione finale di Silvie Loto. La dj fiorentina, resident al Tenax e al Goa, non è nuova al festival e anche quest’anno supera le aspettative con un live che non tira fiato dall’inizio alla fine. Sotto al palco il pubblico non la lascia mai sola e continua a ballare instancabilmente. Il caldo dopo mesi concede una tregua e anche dalle finestre delle case intorno la gente sembra godersi la leggerezza di un set preparato ad hoc che rivela anni di esperienza nei più importanti club europei. A mezzanotte l’evento volge al termine come da programma ma il pubblico questa volta non ci sta e la dj dopo una veloce verifica concede un ultimo pezzo. Mancano ancora tre giorni poi sarà la volta dell’ultimo meeting.
MEETING ROSSO, SABATO 17 SETTEMBRE
L’ultima giornata di Eleva inizia di buonora. E’ tempo di workshop al Centro Internazionale Loris Malaguzzi e l’offerta è davvero ampia e ben studiata. Si va dallo sviluppo 3D a una lezione di yoga passando per un laboratorio di gioielli handmade. Alle 16.00 a rompere il ghiaccio ci pensa Faulty Kru e ancora una volta il palco è splittato in due. Per l’ultimo appuntamento niente esibizioni in contemporanea però, la divisione è soltanto logistica per permettere di preparare lo stage principale per il gran finale. Alle 17.00 tocca ai Tempelhof che reduci dall’Home Festival di Treviso esorcizzano il tempo instabile con un set efficace e curato. I Novamerica accompagnano il tramonto con sonorità dream pop e vagamente psichedeliche (che ci stanno sempre bene) prima di cedere la staffetta a Yombe. La coppia ha di recente firmato con la Carosello Records, che da anni produce artisti del calibro di Björk e Skunk Anansie, e partecipato ad alcuni tra i più importanti festival italiani tra i quali l’ultima edizione dell’Ypsigrock di Castelbuono. Anche in questo caso parlare di elettronica è riduttivo per una performance che si fa largo tra influenze e generi diversissimi che il duo rielabora abilmente regalandoci un’esperienza alienante e indimenticabile. Il compito di chiudere questa prima tanche di esibizioni è di Bruno Belissimo che con più di venti date in tutta Italia ha avuto un’estate davvero intensa prima di approdare sul palco del capoluogo emiliano. Abbandonato il basso al fianco di Colapesce lo riprende per inserirlo in un contesto del tutto diverso; il sound del polistrumentista italo-canadese risulta infatti groovy con sonorità che sembrano soffiare via la polvere dalla tradizione disco italiana e trasformarla in qualcosa di fresco e innovativo. Keita Sano inaugura la futuristica scenografia del Main Stage con la sua esibizione che fa da ponte perfetto tra le atmosfere più variegate degli artisti precedenti e la deep immersion nella vera anima elettronica del festival. Quello di Marvin & Guy è il primo dei tre dj set che chiuderanno la quarta edizione di Eleva e da qui in poi sarà un crescendo fino alle 2.00 di notte quando gli ultimi sopravvissuti si trasferiranno al Circolo Arci Tunnel per l’aftershow. Il tempo sembra peggiorare di colpo con qualche goccia di pioggia e un improvviso vento freddo che inizia a preoccupare i presenti. Fortunatamente tutto si aggiusta prima dell’esibizione di Jeremy Underground. Il dj francese incolla i presenti sotto al palco; si dice sia un collezionista compulsivo di dischi e gli crediamo perché il suo set sembra pescare direttamente da un infinito abisso di suoni house anni ’90 riconoscibili anche da chi, come noi, questo genere non lo mastica più di tanto. L’ultimo artista, e forse il più atteso, è Jackmaster che traghetta il festival verso il suo (momentaneo) epilogo.
Quando le luci del Main Stage al Centro Malaguzzi si spengono non abbiamo le forze di proseguire oltre e ce ne andiamo sapendo che il più è stato fatto e da qui in poi sarà soltanto un’aggiunta a una settimana che ha dato tanto a tutti. Agli organizzatori che possono essere soddisfatti per aver dato vita a un festival che fa le scarpe a iniziative molto più grandi e con budget notevolmente superiori. Alla città di Reggio Emilia che ha capito lo spirito di iniziative di questo tipo e non sono non le ostacola ma le accoglie e le incentiva. Ai volontari che sono lo scheletro di Eleva e che ogni anno ci ricordano che Reggio è più viva e attiva che mai. Al pubblico che con la sua incredibile risposta ha dimostrato di saper andare oltre lo snobismo e le rivalità di un mondo, quello della musica, che oggi come mai prima d’ora può soltanto trarre vantaggio dalla sua eterogeneità.
Foto e report a cura di Veronica Ganassi