Sarebbe difficile considerare la nostra come un’epoca d’oro e tutte le indicazioni sembrano portarci più verso una specie di medioevo culturale, tra coordinate spaziali che ci lasciano poche speranze. Forse è più un fatto di situazioni che esplodono, e le decisioni di qualcuno che decide di accendere la miccia in certe situazioni. Guardandoci bene, però, anche il passare del tempo sembra confermarci sempre di più come la musica elettronica, dopo anni di sottosuolo e derivazioni, si stia ritagliando un posto privilegiato nelle nostre quotidianità. Non solo notturne. Forse è una questione di coincidenze, come la passioni, e sorgono soltanto al collidere di certi entusiasmi nei momenti in cui ne hai bisogno. È iniziata circa così, la mia storia con Nosaj Thing. Fated, uno degli album più interessanti di questo 2015, scendevo le scale della metro, il freddo e la fretta, l’immersione in questi non luoghi e Uv3. Sono storie come tante a cui ognuno finisce sempre per dare la propria colonna sonora, come in un film scritto male. Ma non si tratta solo di escludersi dal resto dei viaggiatori, non c’è davvero solo quella dimensione. Ce n’è una simile all’Ep Heterocitra e a Agitations di Lotic, che ti brucia come il metallo dentro, e una che ti penetra così tanto nella testa da svuotarla completamente come Elaenia di Floating Points. Sono tipi di canali che, molto di frequente, facciamo fatica ad accettare di intraprendere. Un po’ come il contatto con FKA Twigs, su cui non vogliamo spendere parole perché, probabilmente, non servirebbe.
Si tratta di gradi di separazione, anche qui. Forse perché una volta che ti risvegli accade sempre che ti ricordi tutto e se non si tratta solo di passare una serata, in qualche modo ti resta appiccicato addosso. In Colour, il primo album da solista di Jamie Smith ha avuto questo senso di sdoganamento, fatto di passaggi da nasi storti direttamente sugli Ipod. Jamie XX, nella sua compostezza e rigidità, ha illuminato quello che tanti già sapevano. Basta vederli mescolarsi, non importa con che cosa in corpo. È fra le uscite più importanti dell’anno, non ci vuole un vero genio per comprenderlo. Ma se i colori sono stati parte dei nostri mesi più caldi, insieme alle grandi sorprese di Platform di Holly Herndon e Captain of None di Colleen, è vero che c’è stato anche tanto per cui avere freddo. Esplorare l’artico, o soltanto i punti scoperti, quelli che Arca fa del tema centrale di Mutant, ossessività e ossessione, sono punti in comune con tanti altri.
È sempre difficile capire da dove si viene e, spesso, ci si rifiuta di farlo. Essere figli di nessuno ogni tanto ritorna in testa, soprattutto quando le luci sono basse e non capisci più chi sei, volendo lasciare il proprio sacrificio sul sudore di chi ti sta facendo muovere. Il fatto è che è quasi impossibile che accada, siano i campionamenti o il fatto che alla mattina ti svegli con le chiamate dei tuoi genitori. Se un giovane favoloso c’è stato quello è Aphex Twin che in tutto l’anno non ha mai smesso di rilasciare brani, come se quello che stava sentendo non lo vedesse davvero all’altezza e in maniera paterna ci dicesse di studiare prima di affrontare le verifiche e, sicuramente, Computer Controlled Acoustic Instruments pt2, è un buon libro su cui prepararsi. Ci sono poi i ritorni felici dei Chemical Brothers e quello un po’ meno esaltante di Giorgio Moroder, senza dimenticare i Lost Themes di John Carpenter, anticipatore di tanto, vedersi i prima quattro film per comprendere. Citazione obbligata, ma forse fuori tema, per Four Tet, a cui abbiamo lasciato una parte di cuore a Torino. Ci sono poi i pollici alzati per ODESZA e Battles, come dimenticarli, mentre ai Disclosure vorremo un attimo scrollare le spalle.
Abbiamo escluso qualcuno, lo sappiamo, ma è anche per un gusto un po’ campanilistico. Anche qui da noi, per quanto sia ancora difficile separare le sfere e la cultura sia ancora lontana da quella di altre parti del pianeta, stiamo assistendo a uno slancio nuovo. È il caso di Plush and Safe che ha tracciato una nuova linea nell’orizzonte chiamato Godblesscomputers e dell’Usually Nowhere di Yakamoto Kotzuga, tra i più luminosi nel nostro buio. Insieme a loro il continuo attacco alla contaminazione di GoDugong, il ritorno acido degli Aucan e le novità di Osc2x e Il Pugile. Un mondo ancora inesplorato che vive troppo nel sottosuolo ma che fa già tanto rumore. Se Indian Wells è un certificato di qualità estrema, in cui ci vuole poco per perdercisi e, al pari di Populous, fra quelli che segnano una linea di confronto, ci sono tanti aspetti che sono ancora da affrontare. I nomi sono tanti e, molti, ancora tutti da scoprire. I tempi, però, sono maturi.
L’immagine di copertina è di Alessia Naccarato
Top 5 – Stranieri (non necessariamente in ordine di apprezzamento)
- Nosaj Thing – Fated
- Jamie XX – In Colours
- Arca – Mutant
- Oneohtrix Point Never – Garden of Delete
- Container – LP
Top 5 – Italiana
- Godblesscomputers – Plush and Safe
- Yakamoto Kotzuga – Usually Nowhere
- Il Pugile – Round Zero
- Indian Wells – Pause
- GoDugong – Novanta