Ci sono vicende realmente accadute, quelle care vecchie storie vere come avrebbe detto Violetta Bellocchio qualche anno fa — lei che con le storie vere ci lavora da sempre —, di cui sentiamo di poter prendere parte, a cui addirittura in qualche modo sentiamo di appartenere, sebbene sempre lateralmente. Di sguincio e, forse, silenziosamente. Per i tanti casi della vita, per un passato che ci è appartenuto e che adesso è solo lontano. Eppure (lecitamente, come tutti gli altri) questa volta di questa storia, di questo fatto realmente accaduto, non ne sapevo niente, non potevo neanche immaginare. Non neanche volevo neanche mettere in fila quattro parole a riguardo, scriverne tentando, non mi sento in grado, ma voglio che altre persone lo leggano.
Quindi eccoci qua, perché io Electra, il nuovo (memoir? Autofiction? Si tratta di uno scritto sicuramente assorbente, un po’ di memoria del trauma, un po’ libro-mondo, un po’ testimonianza a forma di sorpresa, un racconto inaspettato e incalzante, una Babele di suoni, fatti e visioni) di Violetta Bellocchio recentemente edito dal Saggiatore volevo leggerlo dalla prima volta che mi è capitato davanti, prima della sua autrice, che è sparita e poi è tornata.
Sono stata una stella per cause di forza maggiore. Poi mi sono lasciata credere morta. Era più facile che andare avanti a vivere.
Affrontare un evento traumatico, una violenza sessuale, è la cosa più difficile del mondo. Parlarne non è mai facile, non è dovuto. Sparire può essere la prima soluzione a molti problemi, ce lo si ripete spesso, ma poi si finisce per metterlo in atto meno. Molto meno. Bellocchio lo ha fatto, e ci è riuscita benissimo.
Non sei più quella di prima.
Non tornerai mai più quella di prima.
Bene.
Chi vi scrive qui e ora, per dire, ha perso i contatti come tutti con Violetta Bellocchio (siamo sempre state presenti l’una all’altra sui social, abbiamo avuto modo in passato di fare delle cose insieme, ma questa è un’altra storia, è una storia di prima), fino al suo ritorno. I social di @violettabellocchio sono fermi a quasi cinque anni fa. C’è stata e c’è ancora Barbara Genova, ma io non la conoscevo. L’ho conosciuta solo adesso, quando Violetta Bellocchio è tornata a parlare con noi.
Non vengo riconosciuta adesso. Straordinario cosa si può ottenere quando si smette di avere un corpo.
Barbara Genova è Violetta Bellocchio, senza esserlo visivamente, senza mostrarsi mai, mai del tutto (infatti: Barbara Genova è lo pseudonimo di una persona pubblica che ha cambiato idea e ancora: l’anonimato e l’invisibilità sono una doppia conquista laboriosa). Violetta Bellocchio è Barbara Genova senza restare in silenzio un secondo, dietro di lei, dentro di lei. La storia di una scomparsa è anche questo. Barbara Genova ha fatto cose, ne ha scritte altrettante, le ha pubblicate, ha vissuto altrove, lontano da qui eppure vicinissimo, forse ha vissuto anche di poco e di poesia, ha raccolto di sé pezzi e si ricomposta. Così ha elaborato un dolore grandissimo, facendolo nel modo migliore che conosce, scrivendone.
Sono mesi di riparazione. Sto diventando chiunque. Le stanze sono tutte uguali. I quartieri sono tutti uguali.
Quando Electra ha visto la sua forma definitiva, è nato nelle librerie ed è stato consegnato ai suoi lettori, Violetta Bellocchio ci ha svelato il suo segreto e la sua scrittura come un antidoto martellante, così vivo che ha sempre qualcosa da raccontare, pur nella sua forma non facile. Quando si legge Electra sembra di sentire perennemente la voce della sua autrice che, probabilmente al corrente di questa peculiarità, ha scelto di registrarne la versione in audiolibro per Emons. Un libro che consiglio a chi ha bisogno di sparire, ma che poi vuole anche ritornare.