Robert Frost, il calpestafoglie, nato a San Francisco nel 1874, scomparso nel gennaio del 1963, è una delle grandi voci della poesia americana. Nei suoi versi ritroviamo la bella connessione perduta dell’essere umano con la natura. Le poesie di Frost ci portano là dove una foglia scalpita, gli alberi hanno un suono, le costellazioni danzano, i tetti di paglia sono invasi da uccelli, e tutto prende vita per la via dell’anima. Se le foglie d’erba di Whitman liberavano il mondo spirituale del canto a sé stesso, sentirle scricchiolare sotto i piedi di Frost è un dolce vagabondare per “la strada meno battuta”. Leggiamo due delle sue poesie.
A UNA FALENA VISTA IN INVERNO
Calda di tasca ecco la mia mano,
tra legno e legno un trespolo di posa,
creatura argentobruna l’occhio lustro,
le ali non ripiegate pronte al volo.
(Chi saresti, mi chiedo, con quei tratti
se avessi da amicarmi falene come ho fiori?).
Ora dimmi ti prego chi ti ha illuso
a compiere l’impresa dell’eterno
cercando qualche amore nell’inverno?
Stai ferma, ascolta, io son sicuro che
per una così lieve il volo è duro:
troppo spendi di te per sostenerti.
Non troverai l’amore né lui te.
E quel che piango in te è un che di umano,
la vecchia intempestività incurabile,
di tutti i mali unica radice.
Ma hai ragione. Va’. La mia pietà non serve.
Va’ a bagnarti le ali, va’ a spegnerti.
Tu più saggia e più semplice di me
sai che la mano ch’io tendo d’impulso
sull’abisso di quasi ogni cosa
arriva appena a te, non tocca il tuo destino.
Non tocco la tua vita, e non la salvo:
mi tocca un altro po’ salvar la mia.
AL VENTO DEL DISGELO
Vieni con la pioggia, sonoro libeccio!
Porta il cantore, e chi fa il nido porta;
concedi un sogno al fiore sepolto;
fa’ che svapori il cumulo di neve;
in fondo al bianco trova il marrone;
e tra le cose che stanotte fai
tu lava la finestra, fa’ che fluisca,
scioglila mentre dilegua il ghiaccio;
scioglile il vetro e le stecche lascia
come un crocifisso d’eremita;
irrompi nella mia tana angusta;
fa’ ballare il quadro alla parete;
investi le pagine schioccanti;
sparpaglia poesie sul pavimento;
caccia il poeta fuori allo scoperto.
Traduzione di Silvia Bre, dall’edizione Adelphi “Fuoco e ghiaccio”