21 novembre 1927
Carissima Iulca,
nel cortile, dove con altri detenuti vado a fare il passeggio regolarmente, è stata tenuta una esposizione di fotografie dei bambini rispettivi. Delio ha avuto un grande successo di ammirazione. Da qualche giorno non sono più isolato, ma sto in una cella comune con un altro detenuto politico, che ha una graziosa e gentile bambinetta, di tre anni, che si chiama Maria Luisa. Secondo un costume sardo, abbiamo deciso che Delio sposerà Maria Luisa appena i due siano giunti all’età matrimoniale; che te ne pare? Naturalmente attendiamo il consenso delle due mamme, per dare al contratto un valore più impegnativo, sebbeno ciò costituisca una grave deroga ai costumi e ai principi del mio paese. Immagino che tu sorrida e ciò mi rende felice; non riesco che con grande difficoltà a immaginarti sorridente.
Ti abbraccio teneramente, cara.
Antonio
16 giugno 1936
Cara Iulca,
non ti ho scritto la volta scorsa, perché, come già ti ho accennato, lo scrivere mi è difficile sia a te che ai ragazzi. Devo fare un grandissimo sforzo e dopo scritto rimango per molto tempo scontento e disilluso. Una volta non era così, anche il ricordo di questo tempo passato, in cui sentivo tanto piacere nel corrispondere con voi, mi sconforta e mi amareggia. Ho atteso la fotografia di Delio insieme con quella a Giuliano: e anche la tua. I ragazzi, in questa loro età, mutano così rapidamente, che da una fotografia all’altra, sembrano altre persone: Giuliano mi pare cambiato completamente. E tu? Non so cosa pensare esattamente di ciò che scrivi. Capisco tutte le difficoltà che devi sormontare, prima per abituarti all’idea di venire e poi per deciderti praticamente all’ora x del giorno x a salire sul treno; eppure mi pare che ci sia qualcosa che ti trattiene e che io non riesco ad afferrare. Leggo le tue lettere che mi paiono scritte da una persona forte e completamente padrona dei suoi mezzi: non devi abbandonarti all’inerzia e rimandare sempre. Ciò mi fa molto male, perché anch’io devo prendere delle decisioni e sono rimasto irresoluto nell’attesa di un tuo atteggiamento, positivo o negativo ma certo. Non voglio scriverti di me; penso di essere a mezz’aria e quindi ogni giudizio non può essere che falso. La mia vita non dipende da me; dipende dalle autorità di polizia in primo luogo e poi da tante altre circostanze. Voglio scriverti ora una serie di pensieri che mi veniva quando ero in carcere: cercavo di rispondere alla domanda « chi mi ha condannato al carcere, cioè a fare questa determinata vita in questo determinato modo ». La risposta non era facile, perché, in realtà, oltre alla forza principale che determina l’atto nel suo complesso, esistono tante altre forze che consciamente o inconsciamente partecipano alla determinazione concreta di una circostanza o di un’altra che vengono sentite talvolta con più forza dell’atto principale. Insomma voglio dirti che la tua incertezza determina la mia incertezza e che devi essere forte e coraggiosa per darmi ogni aiuto possibile, così come io vorrei fare per te e purtroppo non posso. Ti abbraccio
Antonio
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