(Dis)appunti Renziani.

Matteo Renzi ha perso, ma lo sapevamo già. L’Apparato è troppo forte e gli italiani sono troppo conservatori, storia vecchia. Al sindaco di Firenze, quando tornerà nella sua città (probabilmente in canotto), rimane però la soddisfazione di aver fatto tremare i capi del Pd e di aver incarnato, nella testa di qualcuno, il mito del cambiamento. Non male per un ragazzino di 37 anni, davvero un gran bel lavoro. (Piccola avvertenza: se siete Renziani smettete di leggere, perché tanto dopo direte che sono disilluso e conservatore, ma io vi avevo avvertito). Il grande merito di Renzi, in realtà, non è stato tanto di aver quasi (ma dire quasi quando ci sono 20 punti percentuali è un po’ ridicolo) battuto la dirigenza del partito, quanto di essere riuscito a diventare simbolo di una lotta generazionale di cui si potevano trovare ben altri rappresentanti. Niente di più facile, del resto, che buttare delle speranze in una realtà tragica come quella dei giovani di oggi ma, caro Matteo, non basta un I-phone con la cover rossa (che fa tanto radical chic di sinistra), usare Youtube o avere 242.153 Followers su Twitter per poter rappresentare una generazione. Forse a qualcuno basta ma, a me, fa sentire più preso per il culo che rappresentato.

 

La retorica di questo ‘baby prodigio’ della politica italiana si basa soltanto su due punti, fondamentali e necessari per qualsiasi paese, soprattutto per il nostro: l’esser giovani e la necessità di cambiare. Bene, e questo glielo riconosco, portare un messaggio del genere è qualcosa di importante e, incredibile ma vero, di nuovo. C‘è, però, una profonda differenza tra ‘denunciare’ e ‘farsi difensore’ dei problemi di una generazione, la stessa che c’è tra fare il proprio lavoro e cercare di affermarsi come individuo. Se volete saperla tutta, a mio parere, come giovani non abbiamo bisogno di un simbolo o di un portavoce, ci basterebbe credere più in noi stessi. Non è Renzi quel cambiamento di cui abbiamo bisogno, non perché sia amico di Berlusconi (ognuno è libero di frequentare i salotti che vuole), ma perché fondamentalmente ci prende per il culo, e lo fa anche piuttosto bene. Il suo programma è, sotto alcuni aspetti, ottimo. Ma anche quello di Beppe Grillo lo è e anche quello dell’Unione di Prodi lo era. La sua comunicazione è perfetta, ma anche Scilipoti ha dei sostenitori e Bossi ha spalancato cuori nordisti mostrando il terzo dito, quindi populismi a parte, occhio. Renzi è un cambiamento, questo è certo, ma non è il migliore che si può pretendere. «Almeno, qualcosa l’ha fatto..» starete pensando. Qualcuno si dirà «meglio un giovane come Renzi che un vecchio come Bersani..». Io invece vi dico, in tutta sincerità, che dire di essere giovane soltanto perché si è nati 37 anni fa è una grande cazzata. Renzi, per essere davvero giovane, non avrebbe dovuto avere bisogno di dirlo a tutti, sarebbe bastata una faccia senza rughe, sarebbe bastato ritenere la giovinezza un ‘di più’ alla sua candidatura (quindi: essere bravo e giovane e non giovane quindi bravo). Perché la giovinezza non è qualcosa che si ottiene, ma qualcosa che si ha. Ma le primarie sono finite e il sogno di una sinistra moderata e giovane si è dissolto, e io che pensavo che i sogni non sono fatti per essere spezzati da delle primarie, che i sogni son fatti per continuare anche quando i ‘vecchi’ ti bloccano, che i sogni indistruttibili sono proprio ciò che distingue un giovane da un adulto.

 

Se ci sono ancora Renziani alla lettura, non si spaventino, ho quasi finito, poi mi potrete offendere. Voglio, prima, sottolineare un aspetto fondamentale di questo articolo: la mia non è una valutazione interna al Pd o da suo elettore, vuole essere un’analisi distaccata, e nemmeno tanto scientifica, di una retorica capace di prenderti e portarti via, perché ad effetto.

 

Matteo Renzi non è il male, sbaglia chi lo pensa, ma non è il massimo che l’Italia possa produrre, non è la nostra speranza di cambiamento, non è, come molti credono, l’Obama italiano. Non ha né più né meno di altri (ammetto che sono disposto a ricredermi), ma ricordatevi quanto sia facile suscitare speranze di cambiamento in chi non ne nutre più. E quelli, mie cari giovani di ogni partito, scuola, estrazione sociale, passione, colore e pure marca di scarpe, siamo noi, che lo vogliate o meno, che crediate in Dio oppure in Magic Johnson. Siamo noi quelli che ci svegliamo alla mattina e non sappiamo che cazzo significa futuro, che poi non ci pensiate è, per alcuni, un altro discorso. E ci meritiamo qualcosa di più di un politico che sembra uscito da una scatola di Barbie.

 

Matteo Renzi ha perso, è vero, ma spero soltanto che tutti quelli che ci hanno creduto non smetteranno di fare politica, e si accorgeranno come dietro la figura del loro leader ci sia qualche ombra. Poi potrete venirmi ad elencare quanto le 36 pagine del suo programma siano dense e importanti, vi risparmio la fatica, le ho già lette. Io vorrei, in realtà, sapere perché il primo personaggio con un’idea tanto banale quanto rivoluzionaria possa in questo paese trascinare cuori che non si erano mai mossi prima. Beh, per quello, Renzi sì, è stato bravo.

 

Ed ora, prima di concludere, mi permetterei una valutazione da giornalista semi-serio ma, visto che non lo sono, mi accontenterò di una pagella (dopotutto Renzi è uscito dalle medie solo vent’anni fa).

 

Matteo Renzi, (Firenze, 11 Gennaio 1975).

 

10: A voi la valutazione.

 

9: Comunicazione. Non è facile arrivare al ballottaggio senza essere dei veri comunicatori. Nota bene: al prossimo confronto con Bersani, evita di studiarti a memoria le risposte, l’improvvisazione (o la recitazione) colpisce di più.

 

8: Stile. Ma solo per la cover rossa dell’Iphone di ultima generazione che tre quarti del paese non si possono permettere ma che fa molto giovane. Nota bene: Matteo, tirarsi su le maniche della camicia non ti fa sembrare un lavoratore.

 

7: I fiorentini. Come l’avranno presa ora che dovrà ritornare in comune?

 

6: Il programma. Chiaro e scorrevole, di chi sa che tanto la metà degli elettori non lo leggerà tutto, tanto vale risparmiare della carta.

 

5: Mia nonna. Renzi è riuscito a convincere pure lei, che di solito vota Berlusconi.

 

4: I sostenitori. Bravi e tanti, ma le smorfie alle risposte di Bersani potevano risparmiarsele.

 

3: Il marketing. C’era davvero bisogno di felpe alla gabber con tanto di scritte alla Obama?

 

2: Commenti post sconfitta. Il commento «Saremo leali» suona più come una minaccia che come una promessa, ma è un buon inizio.

 

1: vedi 10.

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