È strano come spesso, dopo giornate negative che si ripetono senza tregua una dopo l’altra e il crollo emotivo sembra ormai imminente, basti una folata di vento all’improvviso per spazzare via le inquietudini dal proprio cielo. Un sorriso in una sera di fine inverno, le stelle in fondo alla strada dove i lampioni rimangono spenti tutta la notte e i timbri dei locali sui polsi da tenere coperti la mattina seguente in ufficio. Ci sono molti modi per reagire al grigiore della quotidianità: io ho capito che per combattere la battaglia contro la monotonia è necessario respirare tanti concerti quante boccate d’aria fresca.
Il giovedì sera è uno dei momenti migliori della settimana per riprendere fiato e correre nella notte alla ricerca di ossigeno e bellezza. C’è sempre qualcosa da fare in città prima che cominci il weekend e la frenesia per quello che verrà è palpitante. In uno di questi giovedì sera di attesa c’è Dimartino ad aspettarci insieme alla sua band composta da Angelo Trabace, Giusto Correnti e Simona Norato. Tra suoni tribali e scariche rock ci accolgono con Ci diamo un bacio: la festa può iniziare. Come in una danza tribale, la poesia si mescola al ritmo, mentre la musica e le luci intermittenti si trasformano in una girandola di emozioni sul ritornello infinito Ci diamo un bacio prima di farci male.
Al centro del tour che sta toccando in questi giorni le città del Nord e del Sud Italia, c’è Afrodite, il disco uscito lo scorso 25 gennaio per 42Records e Picicca. Da Giorni buoni a Cuoreintero che sono già entrate nel cuore e nella testa con le loro melodie orecchiabili a Liberarci dal male a Pesce d’Aprile che ci fanno riflettere sulla direzione che stiamo percorrendo, focalizzandosi sia sulle scelte individuali sia su quelle collettive. Dove ci porterà questo strano mondo? Sembra quasi che alla fine di ogni canzone ci si alleggerisca di un macigno.
Le storie passano filtrate dalla voce di Antonio Dimartino che ci racconta la genesi di La luna e il bingo e Daniela balla la samba, spaccati di vita comune da scrutare attraverso le note che riempiono questa sala dipinta di luci viola. Intorno a noi coppie che si abbracciano e che si sfiorano le mani nella penombra quando arriva il momento di Come una guerra la primavera, Maledetto autunno e Non siamo gli alberi. Per chi segue Dimartino dagli esordi queste canzoni rappresentano la triade perfetta, quella da cantare a squarciagola, da scrivere sulle pagine di un diario, da dedicare a chi amiamo o a chi non ci ha amato abbastanza.
Il cuore si riempie di quello che pensavamo aver dimenticato, tutto è perfetto, la sintonia tra Antonio, Simona, Angelo e Giusto è meravigliosa e non sono solo le ore in sala prove ad averla resa tale. C’è un’alchimia particolare tra chi ama la musica che decide di raccontare al proprio pubblico, lo si percepisce dagli sguardi e dalla partecipazione calorosa di ospiti e amici come nel caso di Brunori sul palco della Santeria di Milano.
Le canzoni che ci accompagnano verso la fine di questa maratona sentimentale non sono buone solo per la buonanotte. Un brano scritto da Dimartino sei anni fa diventa una profezia dei giorni nostri. Niente da dichiarare descrive l’idea di viaggiare senza passaporti con i propri sogni in tasca e i confini morbidi. Nell’era del decreto Salvini questa canzone diventa un inno sulla bocca di chi la canta. Amore Sociale chiude la giostra e lo fa lasciandoci bene e male insieme, con il sapore della nostalgia in bocca, amaro e dolce come una caramella di un ristorante cinese. Proverò a non pensarti più, ma sappiamo tutti che non sarà così: il pensiero tornerà e ritornerà come la musica di cui non possiamo fare a meno.
Tutte le foto sono di Alise Blandini