A 35 anni di distanza dall’EP di esordio Altrove, uscito nel 1983 per Contempo, i Diaframma tornano con l’album L’abisso. Il disco uscirà il prossimo 7 Dicembre per l’etichetta Diaframma Records in distribuzione self. La parabola musicale di una delle band pioniere di un certo rock indipendente italiano non si ferma. Ne abbiamo parlato con Federico Fiumani, fondatore, chitarrista, autore e – dal 1989 – voce dei Diaframma: lui ci ha accompagnato dentro L’abisso, quello privato e generazionale, e quello dei tempi contemporanei.
Qualche anno fa hai detto “noi non siamo dei professionisti”, riferendoti un po’ a quella che è un’attitudine punk e senza fronzoli della tua storia e quella dei Diaframma. Credi che si sia perduto un po’ di questo spirito nel mondo indipendente oggi?
In generale no, non penso. Da un lato sì, è cambiata tutta la realtà sociale intorno a noi, per cui è cambiato un po’ tutto e quindi anche la musica. Ormai si affronta la musica in modo completamente diverso da come la vivevamo noi. Noi siamo stati dei pionieri, abbiamo un po’ introdotto rock o indie rock (a seconda di come lo si vuol definire). In Italia prima non c’era nulla di tutto questo, o quantomeno l’idea di coniugare la lingua italiana alla musica anglosassone, e siamo stati tra i primi a farlo insieme ai Litfiba. È cambiato tutto il mondo, quindi anche il modo di intendere la musica, in particolare internet ha scompaginato tutte le carte. È un mondo diverso, io preferisco il mio ma probabilmente è una questione di età e generazione. Diciamo che questi non sono più i miei tempi, ecco.
Come mai secondo te una certa scena darkwave o post-punk è nata in quegli anni in un ambiente così rinascimentale, pieno di luce, come è la Toscana?
Credo sia stata la confluenza di vari elementi, anche alcuni casuali. Una serie di gruppi piuttosto bravi come eravamo noi, i Litfiba, i Neon, i Pankow e tanti altri. Poi un negozio di dischi che esiste tuttora e si chiama Contempo, uno dei primi in Italia a importare direttamente dall’estero la musica new wave, punk e post-punk, e dove noi chiaramente andavamo a rifornirci. E ancora varie radio libere che trasmettevano questa musica, bravi impresari, bravi manager, ottimi locali dove venivano i gruppi inglesi a suonare, e quindi noi – giovani musicisti in erba – ne traevamo molti vantaggi. Direi una serie di concause che hanno portato al formarsi di una scena, una scena molto viva anche per quanto riguarda il teatro, la danza, la moda. E poi all’epoca Pier Vittorio Tondelli veniva spesso a Firenze e ne parlava nei suoi articoli – e questo voleva dire molto.
Il 7 Dicembre arriva il nuovo album L’Abisso. Nei testi rincontriamo il Fiumani che conosciamo: le ossessioni, i luoghi, le donne. Diciamo che non hai smesso di comporre musica, suonare, produrre e buttare giù le tue cose.
Sì, continuo a suonare e fare musica perché questo mestiere ha bisogno di un po’ di successo per poterlo fare e io fortunatamente ce l’ho. E continuo per questo. Poi certo le motivazioni sono forti, la passione, o anche la vocazione – che mia madre definiva religiosa addirittura. Sono tanti i motivi, sicuramente continuo anche perché c’è ancora un pubblico che mi segue. Mi diverto ancora.
In un brano del nuovo album canti un’ode alla Leggerezza. Fiumani si sente ancora leggero?
Sì, paradossalmente mi sento molto più leggero adesso degli anni Ottanta. A vent’anni hai un sacco di pesi sulle spalle, l’incertezza del futuro, le aspettative che gli altri hanno su di te. Adesso che ne ho 58 tutte queste cose non ci sono più, per cui paradossalmente mi sento infinitamente più leggero adesso di quando ero giovane. Mi diverto anche molto di più devo dire.
E come mai questo titolo così letterario, L’Abisso?
Per due motivi. Da un lato perché tra due anni entro ufficialmente nella vecchiaia, perché a 60 anni un uomo è vecchio. Le consolazioni di quest’epoca che ci vuole tutti giovani fino a 80 anni tutti tatuati e palestrati non le ho. Quando si arriva ai sessanta si entra nella vecchiaia, poco da fare, non c’è palestra che tenga. Quindi sono pronto a entrare in quest’abisso da dove non si esce più. Questa diciamo è la ragione esistenziale. Poi l’abisso è anche quello della civiltà occidentale: è una civiltà che sta finendo, ormai siamo entrati in un abisso dal quale non usciremo più secondo me. E finirà penso molto presto, perché tutto sta correndo all’impazzata e si sta per schiantare contro un muro.
Siete già pronti per il tour?
Sì, qualche concerto parte già a Gennaio. Anche qui organizziamo un po’ tutto da soli, come il disco che è in self distribuzione.
Nelle scorse giornate ha fatto parlare la tua scelta di annullare la data di Genova, con un post molto duro nei confronti dell’organizzatore (ndr qui per approfondire), accusato di molestie e stalking nei confronti di diverse ragazze. Ti aspettavi questa reazione? Te ne sei pentito?
Sì, mi aspettavo la reazione forte. Non così tanto, ma me l’aspettavo. Penso bisognava dare un segnale forte di fronte a cose inaccettabili come questa. Pentimento invece no, assolutamente, e anzi vado avanti. So per certo che mi sto per beccare una denuncia, sto correndo dietro agli avvocati, insomma sto cercando una difesa legale perché questa persona mi scaricherà addosso un’enorme quantità di odio, però sono pronto ad affrontare questa battaglia.
Hai ricevuto anche qualche critica per esserti sostituito alle ragazze coinvolte. Credi che queste brutte storie fossero alla ricerca di una voce forte?
Era proprio quello che speravo di fare e spero di aver fatto. Ho ricevuto cinque o sei lettere private – che non diffonderò – di ragazze che mi hanno raccontato dettagliatamente le loro storie: chi era stata picchiata, a chi era stata spenta la sigaretta in faccia, chi è stata tenuta segregata in casa per due giorni.. tutte ragazze che poi mi hanno scritto anche per ringraziarmi di quel che avevo fatto. Quel che vorrei è che loro, e le altre che son state molestate, denunciassero, perché il mio fine era proprio questo: che uscisse allo scoperto. Tra l’altro il mio post è partito proprio dalla denuncia documentata fatta da una mia amica, perché ovviamente non potevo mica fidarmi solo di voci, avevo bisogno di elementi. La mia amica ha denunciato di esser stata aggredita per strada dal Podestà, e con lei il fidanzato, e il post è partito sulla base di questa denuncia regolare, di un avvocato, non su semplici voci. Però ecco, vorrei che tutte le persone molestate denunciassero presso gli organi competenti, non solo raccontandolo a me. Perché altrimenti io mi becco la denuncia per diffamazione e tutto resta come prima. Io voglio questo: che la giustizia faccia il suo corso, che la gente prenda coraggio e ci siano delle denunce. Per il resto sto ricevendo un’infinità di solidarietà, e questo mi fa felice.
Per quanto riguarda invece il ruolo delle musiciste o cantautrici nel panorama musicale attuale, hai ascolti preferiti?
A dire il vero ora come ora la musica contemporanea la seguo molto poco, eppure quelle che mi piacciono sono proprio tutte donne, come Julia Holter, Angel Olsen, Weyes Blood. Non ascolto tanto nuovi album tranne le donne che ho appena citato. Per dire che non seguo la nuova scena italiana. Sento sempre la musica vecchia, sono ancorato al passato e sento sempre gli stessi dischi.
Facci qualche nome.
I Beatles, ho comprato l’edizione del cinquantennale del White Album che sono sei CD. Poi ascolto i Rolling Stones, i Television, i Sex Pistols, i Beach Boys. Insomma, sempre la stessa roba, le cose vecchie che piacciono a me. Continuo ad amare quella musica lì, De André, Paolo Conte, De Gregori. La musica nuova francamente non mi emoziona.
Invece a quale delle tue canzoni sei più legato oggi?
Siberia, Gennaio, Verde, Labbra Blu. È sempre un piacevole obbligo morale suonarle dal vivo in tour, mi diverte sempre molto. Se vedo la gente felice la mia vita ha un senso.
Quando avete iniziato avete anche fatto qualche cover dei Joy Division.
Sì, noi non nasciamo come cover band dei Joy Division, ma facevamo due tre pezzi loro agli inizi semplicemente. Quasi subito abbiamo iniziato a suonare pezzi nostri originali, miei in particolare. Quindi in realtà non abbiamo poi fatto molte cover loro, anche se i Joy Division musicalmente ci hanno ispirato moltissimo.
Rispetto a quei tempi oggi la musica indipendente si è un po’ smarcata dal sottobosco, arrivando anche in radio. Credi che oggi il pubblico interessato a un certo tipo di cose sia cresciuto in numero?
Sì, è abbastanza cresciuto. Ma sai nel mio caso ho iniziato a suonare negli anni Ottanta, sono più vecchio, quindi le nuove generazioni si sono sommate a quelle che venivano da quell’epoca lì. Quindi per quanto riguarda me non parlerei di un’esplosione, ma di una crescita costante di pubblico che mi fa contento. Riguardo invece il panorama dell’indie-rock contemporaneo in realtà me ne frega poco. Son contento per loro, son contento per Calcutta che ho conosciuto a Latina una volta che è venuto a vedere un mio concerto, son contento per loro insomma ed è normale, ma non ho invidie. Anche perché penso che in realtà il grande successo sia una maledizione, perché secondo me ti rovina la vita. Credo vada bene avere il successo giusto per questo mestiere, ma quando diventa troppo è una persecuzione. Non ti migliora la vita, te la peggiora enormemente.