Quando qualche giorno fa Neil Young ha deciso di ritirare la sua musica dal catalogo di Spotify, Graham Nash e Joni Mitchell non ci hanno pensato due volte a seguirlo. Nonostante i dissidi che negli ultimi anni lo hanno allontanato dai vecchi amici, anche David Crosby ha scritto che si sarebbe unito alla protesta se controllasse ancora la sua musica. Lo scorso anno Crosby ha venduto i diritti delle sue opere alla Iconic Artists Group perché non riusciva più a vivere di musica; tolti i concerti per le restrizioni covid, e con gli ascolti streaming che hanno surclassato la vendita di dischi senza offrire grandi prospettive di guadagno, Crosby ha preferito andare sul sicuro per assicurare un futuro alla sua famiglia. David Crosby non è l’unico musicista ad aver fatto questa scelta: Bob Dylan, Bruce Springsteen, Paul Simon, con la vendita dei loro cataloghi sono tanti i grandi nomi della musica che si sono assicurati vantaggi fiscali e una cifra più certa da lasciare in eredità, tanto che persino da morto David Bowie è riuscito a vendere i diritti delle sue canzoni. L’altro lato della medaglia è che vendendo i diritti si potrebbe perdere la voce per dire la propria, per questa ragione Crosby è un po’ con le spalle al muro.
Per rimuovere la sua musica da Spotify, Neil Young ha dovuto accordarsi con l’editore Hipgnosis (che possiede la metà del suo catalogo) e l’etichetta Warner Records. Neil Young non ha mai amato Spotify per una questione di qualità del suono, e Spotify in generale non è amato per gli scarsi ricavi che porta nelle tasche dei musicisti, tanto che Pitchfork ha parlato di occasione perduta dal mondo della musica per allargare le ragioni del boicottaggio a Spotify. Neil Young ha ritirato la sua musica dalla piattaforma di streaming in protesta contro il podcast dove Joe Rogan diffonde il suo scetticismo sui vaccini covid, un podcast che è stato acquistato in esclusiva da Spotify con i soldi che l’azienda guadagna dalla musica e dai suoi artisti. Young ne ha parlato come di una scelta di libertà personale: Spotify è un editore libero e da musicista libero non voglio stare nello stesso catalogo di Joe Rogan. Forse una parte di Young ricorda ancora l’infanzia, il passo zoppo che si porta dietro dopo essere sopravvissuto alla polio, una vicenda che lo lega a doppio filo a quella di Joni Mitchell. Quando era una bambina i medici avevano detto a Joni Mitchell che non avrebbe più camminato a causa della polio, e invece lei si è impuntata finché non è tornata a camminare e ha trovato la strada della redenzione nell’arte e nella musica, e alla fine quei due bambini canadesi sono cresciuti e sono diventati due dei più grandi musicisti della storia della musica, ognuno con la sua parte di ruggine.
Dunque: Neil Young ha mollato Spotify, Joni Mitchell e Graham Nash lo hanno seguito, e non potendo decidere per sé stesso, per il momento David Crosby ha parlato a nome di Crosby, Stills e Nash, e così anche la musica del supergruppo chiede di essere rimossa da Spotify. È come assistere a una specie di piccola reunion di quei giovani visionari che tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta volevano fare musica con tutta l’anima e il disordine del corpo. Un déjà vu di quel circuito di musicisti e animali da palco che per qualche anno si ritrovò a mescolare le proprie energie creative. Ci pare quasi di vederli a più di cinquant’anni di distanza. David Crosby, che con i suoi Byrds aveva creato una colonna sonora perfetta e folk di fine anni Sessanta. Stephen Stills, che con Neil Young ci aveva già suonato nei Buffalo Springfields, e là aveva dato suono e forma a uno dei pezzi più simbolici del decennio, For What It’s Worth. Graham Nash, l’inglese degli Hollies volato negli Stati Uniti per seguire il sogno chiaroveggente e folk-rock di un gruppo nuovo insieme a Crosby. È da quella straordinaria sinergia di menti che nel 1969 viene fuori l’album di debutto del trio Crosby, Stills e Nash.
Presto però il gruppo sente il bisogno di un altro musicista da aggiungere alla formazione, ed è quasi naturale che il quarto sia Neil Young. Neil si presenta alla superband e – annusando un po’ di scetticismo nei suoi confronti – dice: “se avete dei dubbi, allora ascoltate come suono la chitarra insieme a Stills”. Graham Nash lo guarda diritto negli occhi e pensa che quel ragazzo si porta dietro il sole e la luna insieme, e in poco tempo l’acronimo CSN diventa CSNY. Crosby, Stills, Nash, Young, registrano insieme l’album Déjà vu con la benedizione oscura di Mitchell, che in quel periodo viveva il suo amore con Nash e sosteneva fortemente il progetto dei suoi amici. Neil Young porta in dote la spezzata Helpless, canzone dedicata alle memorie perdute del Canada, Stills compone la festosa traccia d’apertura Carry On, Nash Teach Your Children, Crosby l’inno sballato giovanile Almost Cut My Hair, e Joni Mitchell presta alla band la sua Woodstock. La cantautrice canadese era stata una delle grandi assenti al festival, ma con uno sforzo di immaginazione e attraverso i racconti di Nash aveva scritto lo stesso una canzone su Woodstock catturando l’atmosfera e lo spirito di quelle giornate. Crosby, Stills, Nash e Young invece su quel palco c’erano stati pochi giorni prima di cominciare a registrare Déjà vu.
Con Déjà vu cominciano gli anni Settanta e sembrano bellissimi, pieni di energia e speranza. Ma tutti quanti stanno per schiantarsi contro i propri fantasmi. Joni Mitchell lascia Graham Nash e si mette a lavorare a un disco assoluto come Blue, che quasi preannuncia la trilogia del dolore di Neil Young, lo schianto del sogno americano e la messa da parte degli slogan di pace e amore. Se il festival di Woodstock aveva quasi benedetto la nascita di una superband folk-rock e di un circuito di musicisti che suonano tutti insieme su un palco, a poco a poco si fanno sentire i morsi della realtà. La morte della ragazza di Crosby in un incidente stradale, la morte per overdose del chitarrista dei Crazy Horse, la fuga di Joni Mitchell da un immaginario hippies che cominciava a starle stretto, quell’amore che spezza il cuore cantato da Young a un depresso Graham Nash, il rifugio nei ranch, l’affondo totale e disperato dentro la musica, la favolosa resistenza hippy di Crosby, il grido lancinante di The River, l’abbacinante dolcezza di Harvest che mette a mietere il futuro, Neil Young dolorante e con la schiena a pezzi. Erano già pronti a disperdersi, ritrovarsi, e disperdersi ancora. Fa niente se oggi Joni Mitchell e Graham Nash non sono più la coppia felice che componeva Our House dopo una camminata su Ventura Boulevard, se David Crosby ha litigato con Young e Nash, se Nash non ne vuole sapere niente di Crosby, e Stills si tiene ai margini nel silenzio. La loro musica ci ha toccato l’anima in punti e momenti diversi, e le ultime giornate hanno riavvicinato per un attimo una piccola cerchia di anime disperse come in un bellissimo e assoluto déjà vu.