Dove eravamo rimasti? Era il 24 febbraio dell’anno scorso quando la piazza principale di Ivrea si riempiva per salutare il Carnevale e per la data conclusiva del tour di Cosmo che, con il suo secondo disco L’ultima festa, ha attraversato la penisola riempiendo i club e realizzando una vera magia: far ballare gli indie. Dopo l’esperienza con i Drink To Me durata dieci anni, Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo, ha intrapreso la carriera solista, conciliando la necessità di raccontare i frammenti della propria vita all’attitudine per la comunicazione diretta.
Da professore di storia in una città di provincia a protagonista della scena musicale italiana il passo è breve se ci sono le idee e la tenacia per imboccare una nuova strada, inesplorata all’interno dei confini nazionali. Mancava, infatti, qualcuno che avesse il coraggio di spogliarsi delle etichette e che riuscisse in modo anticonvenzionale a fare musica, avvicinandosi sorprendentemente all’elettronica. Un vuoto colmato da influenze dance, ritmi tribali, sintetizzatori e cassa dritta. Lei c’è sempre e non delude mai.
Esce oggi 12 gennaio per 42 Records il terzo capitolo della saga di Cosmo, Cosmotronic, un doppio album con un’energia tale da scuotere i sensi come un uragano implacabile. Due dischi per comprendere la realtà in cui siamo immersi e decidere liberamente quando e come discostarcene. Due dischi per setacciare la scatola dei ricordi e ridere o piangere, lasciando che siano gli impulsi della musica a decidere, ma soprattutto due dischi per alzare il volume e ballare fino a quando i piedi fanno male.
La raccolta si apre con Bentornato, una canzone scritta per essere recitata davanti allo specchio, un soliloquio che lascia intendere che la rotta seguita da Cosmo durante il suo viaggio sarà libera di farsi condurre dai venti. Ed è anche chiaro fin dall’inizio come ogni canzone possa diventare una finestra sul mondo. Non c’è tempo per riflettere, Turbo è una detonazione improvvisa, basata su un campionamento di musica siriana, che filtra l’interesse e al tempo stesso il distacco dell’uomo occidentale nei confronti delle questioni geopolitiche in Medio Oriente.
Il beat scandisce i pensieri, passando dalla melodia semplice e orecchiabile di Sei la mia città che suona già come un classico del passato, raccontando un amore sincero nutrito dalla nostalgia e da un sound old style anni ’90 a tracce inaspettate, dove vengono toccati temi dolorosi come quello della perdita di una persona cara in Tutto bene o della libertà sessuale raccontata in Animali. Il risultato in entrambi i casi è la sensazione che potrebbe generare una macchina asfaltatrice sul torace. Una forte scarica emotiva.
Cosmo non è nuovo ai giochi di parole, ma in Tristan Zarra si apre alla dimensione dadaista, connettendo frasi sconnesse e palesemente nonsense (“Polizia, polizia / Festival / Pizzeria, pizzeria”) alle voci della sua famiglia che si intersecano prendendo pian piano una chiara forma visiva. Non il delirio di un pazzo, ma una sperimentazione che vuole divertire. E se da una parte è un disco che incita a distrarsi stando in mezzo a tanta gente, dall’altra rappresenta un momento per riflettere in solitudine, correndo da Quando ho incontrato te, a La notte farà il resto fino a 5 antimeridiane, tutte e tre scritte in una casa di montagna in Valchiusella, un posto che determina il rapporto tra spazio esterno e mondo interiore, fondamentale per smuovere i sentimenti.
L’idea che la musica possa idealmente portarci in luoghi lontani è da sempre uno dei motori dell’ascolto. Concepita per la dimensione da club, Ivrea Bangkok traccia una linea invisibile da percorrere. Da Ivrea, capoluogo del Canavese, dove nacque il primo personal computer della storia al sud-est asiatico, a Bangkok e al suo traffico. La correlazione tra le due città? Vi sfido a trovarla mentre chiudete gli occhi ondeggiando e seguendo il suono del synth modulare.
Un doppio cofanetto che ruota intorno ai riflessi di epoche mitiche e passate, ma ben ancorato al presente, pieno di spunti narrativi e chiavi di lettura. Ci sono cerchi che si chiudono come in Ho vinto, che funge da collegamento al Lato B della raccolta, ma anche le dimensioni fantastiche da esplorare di Attraverso lo specchio, i finali aperti e da riscrivere di Tu non sei tu e Barbara, una dedica bizzarra a una madre che diventa vocalist e portavoce di tre generazioni. E infine c’è uno dei brani più intensi del disco, L’amore, fatta di ritmi tribali che si intrecciano all’elettricità e all’alchimia del testo o più che altro a una lista di tutto ciò che realmente fa stare bene l’essere umano. E pensare che questa traccia doveva rimanere fuori dall’album.
Cosa dovete aspettarvi dal terzo disco di Cosmo? Tutto il contrario di tutto. Cosmotronic è una boccata d’aria fresca, la novità che stavamo aspettando. Un album dalla duplice faccia: quella consapevole e pulita e quella bendata e refrattaria a porsi degli interrogativi. Qui troverete gli imprevisti della realtà in cui viviamo, raccontata attraverso uno sguardo inedito, consapevole e divertito dai contrasti. La dimensione parallela a cui ci avviciniamo è quella di un mercato affollato di persone, un ologramma delle nostre storie, che scorrono veloci come un suono che perfora i timpani, ma noi continuiamo a ballare.
COSMOTRONIC TOUR
17/03/2018 Bologna Link
23/03/2018 Firenze Tenax
24/03/2018 Milano Fabrique
30/03/2018 Torino OGR
06/04/2018 Roma Atlantico
07/04/2018 Napoli Duel Beat
14/04/2018 Marghera (VE) Rivolta
21/04/2018 Bari Demodè