Cosa bevevano Hemingway, Bukowski, Faulkner e altri scrittori

C’è una parte di verità nella frase del politico americano Thomas S Foley: ”If you don’t drink, smoke, or drive a car, you’re a tax evader”. In barba alla retorica della buona coscienza, consumare alcol e sigarette fa di te un buon cittadino. Ed erano ottimi cittadini anche Charles Bukowski e Raymond Carver, che contribuivano alla prosperità della nazione americana foraggiando le tasse di stato. Del resto già tra la cricca di scrittori dell’antica Grecia l’esaltazione del vino era all’ordine del giorno: ”E dove non è vino non è amore / né alcun altro diletto hanno i mortali’‘ scriveva Euripide, ”bevendo gli uomini migliorano” gli fa il verso Aristofane. E saltiamo fino a Ernest Hemingway che arriva a definire il vino uno dei maggiori segni di civiltà del mondo. Ma quali erano i drink preferiti di Ernest, Charles, Raymond, e gli altri?

Un quadro di Viktor Oliva sugli effetti dell’assenzio

Parte della popolarità dell’assenzio la si deve ai circoli maudit dell’Ottocento, quando la bevanda era totalmente legale e diffusa soprattutto in Francia. Alfred Delvau descriveva così l’ebbrezza dell’assenzio: ‘‘L’ubriachezza che dà non assomiglia a nessun’altra di quelle conosciute. Non è l’ubriacatura pesante della birra, né quella feroce dell’acquavite e neppure la gioviale ubriachezza del vino. No, l’assenzio vi fa girare la testa alla prima fermata, vale a dire al primo bicchiere, vi salda sulle spalle un paio di ali di grande portata e si parte per un paese senza frontiere e senza orizzonti ma anche senza poesia e senza sole”. La fée verte era il nettare prediletto non solo dei poeti maledetti come Baudelaire e Verlaine, ma anche di artisti e bohèmiennes. Rimbaud ne parlava così: ”Il bevitore di vino tende all’allegria, alla chiacchiera. Il bevitore d’assenzio è perduto nelle sue fantasticherie; più che vera ubriachezza, l’assenzio induce uno stato di vaporoso stordimento, una rigida estasi”.

Bisogna notare come ogni alcolico abbia una sua peculiarità e un effetto particolare. Presto l’assenzio viene messo al bando per presunti effetti allucinogeni provocati dalla quantità di tujone nel distillato, e torna sul mercato soltanto in edizione controllata. Anche se esiste ancora la possibilità di comprare assenzio in alcuni paesi nell’originale percentuale di 70 di gradazione alcolica, la ricetta oggi viene edulcurata e la gradazione scende ai 50 gradi, con minima presenza di tujone (che però trovate anche nella salvia).

La Bodeguita del Medio ricorda un suo cliente

Sarà anche difficile credere a John Adams quando dice che uno degli ingredienti dell’indipendenza americana è stato il rum (e la melassa), ma alla prova dei fatti il rum fu una delle scintille che accesero gli animi americani per emanciparsi dalla Corona inglese. Una delle grandi scoperte legate all’America è lo zucchero, e da lì il salto verso il rum è breve, e quando il pirata Drake inventa El Draque diabolico non sa di star creando l’antenato del Mojito che affogherà nei bicchieri de La Bodeguita del Medio di Cuba dove andavano a bere Hemingway e Pablo Neruda. Un mojito alla Bodeguita e un daiquiri alla Floridita.

Anche Tennessee Williams era un appassionato di rum, e Charles Bukowski a proposito scriveva: ”Va così, rum e pera, perché ci sono dei momenti forti che ti lasciano l’amaro in bocca, e altri talmente belli da farti dimenticare quel retrogusto sgradevole che ha la vita”. John Cheever racconta in una lettera tutta la disperazione della sua battaglia con il demone del rum. Ma quando abbiamo a che fare con Cheever non dobbiamo limitarci al rum. E forse in pochi erano davvero fedeli al proprio cocktail.

Il ricettario di William Faulkner

William Faulkner amava il Mint Julep col bourbon, whisky made in Usa. Commentava così la sua devozione: ”la civiltà è iniziata con la distillazione”.

Non tireremo in ballo i soliti nomi che troveremo sempre (considerate come jolly Bukowski, Cheever, Hemingway), e aggiungeremo Mark Twain, e due purosangue irlandesi come George Bernand Shaw e James Joyce all’elenco degli apprezzatori di whisky. Ma poi perché dovremmo escludere qualcuno senza esser stati a casa loro?

Comunque, se stasera una birra vi sembra troppo poco correggetela col whisky e avrete a portata di bocca il boilermaker di Bukowski. O andate sul classico Johnny Walker Red se volete seguire le orme beat di Jack Kerouac. Ma andateci piano, leggenda vuole che Dylan Thomas sia morto dopo 18 bicchieri di whisky.

Truman Capote brinda a voi

La gente beve e fuma non così, non per noia, non per stare allegra, non perché gli piace, bensì per soffocare la propria coscienza”, scriveva dalla Russia con furore Lev Tolstoj nel saggio Perché la gente si droga?, che oggi sembrerebbe quasi il titolo di un incontro per catechisti o di una puntata di qualche programma tv italiano da mezzo pomeriggio. In controtendenza allo spirito russo, Lev abbandonò tabacco e vodka per la fede, fondando anche l’Unione contro l’Ubriachezza in Russia (nemico della patria, la vodka).

Per altri la vodka non era un nemico, ma una panacea da post-sbronza. Già Hemingway usava il Bloody Mary al mattino contro l’hangover, un pizzico di salsa di Worcester in più e il gioco è fatto. Una volta l’editore McGraw-Hill aveva invitato Raymond Carver a pranzo, ma quella mattina era così stordito dall’hangover che quasi avrebbe rinunciato al meeting se non fosse stato per un paio di Bloody Mary salvifici.

Qualcun altro mischiava la vodka con il succo d’arancio, vedi alla voce Truman Capote.

Dylan Thomas al pub

Si comincia sempre dalla birra. Dylan Thomas amava la birra. Jack Kerouac e la cricca beat bevevano birra. Charles Bukowski mischiava birra a qualsiasi cosa. Edgar Allan Poe scriveva poesie alla birra. E Goethe diceva che per conoscere la geografia bisogna sapere dove si spilla meglio la birra.

Del resto la geografia dell’On the Road kerouackiano si costruisce anche sulla birra, e sull’alcol in generale.

Jack Kerouac a lavoro su alcol e tabacco

Cose sparse da non dimenticare su altri alcolici e bevitori:


And the winner is………

Charles Baudelaire, Jack Kerouac, John Keat, Ernest Hemingway, William Shakespeare, Pablo Neruda, Charles Bukowski, W. B. Yeats, Mark Twain, E. E. Cummings, Byron, Omero, Poe, Mallarmé, Verlaine, Eluard, Lorca, tutti hanno dedicato una buona parola al vino.

Convivialità Hemingway-mode a Pamplona
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