Cometa di Gregorio Magini: magma vivo e sperimentale

Probabilmente parlare ora di Cometa – firmato Gregorio Magini e pubblicato da Neo Edizioni pochi mesi fa – ha il suo perché: agli sgoccioli di un’estate caldissima e presto (si spera) lontani da un’afa che renderebbe ostica la lettura di un romanzo già di per sé volutamente difficile; ricercato nei temi, nella struttura e nel linguaggio.

È Magini stesso che attraverso la prima voce narrante del romanzo, Raffaele, sbaraglia ogni coordinata a nostra disposizione, trascinandoci nel ricordo vivido ed estremo dell’infanzia del protagonista.

I miei genitori scopavano sempre e mi piaceva guardarli. Il mio primo ricordo è mamma in ginocchio che sussulta sotto i colpi del bacino di papà. Mi godevo lo spettacolo e mi succhiavo le gengive. C’è chi sostiene che non posso avere ricordi così lontani, e argomenta con certi dati sullo sviluppo della guaina mielinica degli assoni neuronali, ma è gente insulsa che nella vita non gli è mai capitato niente, hanno sprecato la prima infanzia fissando il fiore di legno sopra la culla, sporadicamente osando avventurare lo sguardo fino al soffitto, ma era già troppo imprudente, gli dava un senso di vertigine.

Veniamo colpiti con la stessa violenza con cui la vita di Raffaele subisce lo sgretolarsi dei valori basilari atti alla crescita e la scomparsa di qualsiasi punto di riferimento. Da genitori inesistenti, in teoria prima e in pratica dopo, Raffaele resta solo, ad eccezione della figura caricaturale del nonno che lo prende in custodia e che come unico suggerimento lo vota a sua volta al sesso. Magini non ci risparmia nulla: durante il percorso scolastico di Raffaele scopriamo, ancora una volta, che dei bambini non si sa niente. Dagli spinti giochi infantili all’elenco delle avventure in vacanza, il sesso diviene gioco, scoperta, ma soprattutto cieca guida. Unico carburante di un’esistenza monca di obiettivi strutturati.

Subito dopo arriva Fabio. Seconda voce del libro, la più debole. Il suo è un passato distante da quello di Raffaele, dimenticabile come d’altronde sarà spesso il suo punto di vista all’interno del romanzo. Se con Raffaele viviamo il capriccio confuso e ambizioso di spingersi oltre, con Fabio restiamo chiusi in una bolla distaccata e autosufficiente. Eppure, è l’incontro fortuito tra i due in ambiente universitario che dà nuova spinta motrice all’evoluzione di entrambi.


Raffaele e Fabio finiscono per creare una coppia atipica: uno ha l’estro, l’altro un po’ più di ragione. Avvicinati e poi legati dal progetto di creare una piattaforma online di incontri, a loro dire differente; volta al suggerire la persona più congeniale in base agli ormai conosciuti algoritmi che riducono gusti e inclinazioni a step da calcolare a livello computazionale. La ricerca dell’affinità perfetta resta solo un’iniziativa utilitaristica, un modo per mettersi in gioco – e magari pure guadagnare – premendo sui bisogni dell’umano. In un periodo, nell’universo parallelo di Magini, di crisi di valori e quindi anche delle relazioni.

Il rapporto tra i due resta privo di sinergia, sfibrato, capovolto, inconcludente. Da un prima apparente scintilla di comunicazione alla pari, assistiamo al proseguire di due vite disfatte, alternate, mai di nuovo realmente complici. E il loro non è altro che l’emblema più grande di un’intera realtà in crisi. Assenza di valori, speranze – soprattutto per quella generazione di cui Fabio e Raffaele fanno parte – a cui si risponde solo con impulsi, costruttivi o distruttivi, ad esaurimento. Velleità ed egoismo che portano a sottrarsi agli altri, al non donarsi mai del tutto, a una continua insoddisfazione che tiene ben lontani dalla costruzione di relazioni sane e durature.

Si potrebbero dire tante cose di Cometa, ma la prima di cui si prende subito consapevolezza è il fatto che sia difficile apporre un’etichetta su di esso. Definire e incasellare un romanzo che per natura si mostra come un magma vivo e sperimentale. Non è una lettura da concedersi sotto l’ombrellone a meno che non sia abbia tempo, o almeno tanta concentrazione. Il linguaggio di Magini, figlio di una penna comunque capace, rende la trama non perfettamente lineare, a volte intangibile e sfuggente. Capita di perdersi in questo microcosmo volutamente senza approdi, smarrirsi tra le voci in gioco, alla ricerca di un senso che si esaurisce con gli eventi al passaggio di una cometa.

Tra pregi e difetti; incomprensioni e lampi di coscienza; giochi narrativi che non sempre possono incontrare il gusto di tutti, Cometa resta sicuramente un’opera nuova e uno dei titoli più interessanti di questo 2018. Una lettura non semplice in cui è possibile non essere più in grado di afferrare il bandolo della matassa, ma ogni tanto – da lettori e non – è anche doveroso mettersi in gioco.

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