Come Veronica Mars cambierà per sempre il cinema e (forse) l’indie

Il 14 marzo di quest’anno si celebrerà un importantissimo evento, che troverà sicuramente posto nella storia del cinema, nell’angusto spazio rimasto libero tra Blade Runner e Sex&Zen3D. È questa, infatti, la data in cui uscirà nelle sale americane il film tratto dalla serie-tv Veronica Mars, in onda tra il 2004 ed il 2007, quando venne chiusa a causa di un vistoso calo di ascolti.

Un giorno da ricordare, dicevamo, ma per quale motivo? Non si tratta né dell’hype dei fan della serie né di chissà quali aspettative sulla qualità del risultato: non è nel risultato, infatti, ma nelle modalità con cui questo è stato raggiunto, che risiede la rivoluzione portata da Veronica Mars nell’industria cinematografica e, soprattutto, nel business della cultura indipendente.

Comprendere la storia del film è, in effetti, piuttosto semplice, al contrario delle sue potenziali conseguenze sulla cultura popolare. Dato che la Warner gli aveva comunicato di non essere disposta ad accollarsi i costi della pellicola, il creatore della serie, Rob Thomas, ha deciso di rivolgersi alla fedelissima base dei fan di Veronica, i quali, per fare un esempio, all’annuncio della cancellazione dello show, erano arrivati ad inondare la sede del network che trasmetteva la serie con più di 10’000 barrette Mars. Molto simpatico come gioco di parole, sì.

Sta di fatto che, il 13 marzo del 2013, non appena la protagonista e Thomas postano la loro richiesta d’aiuto su Kickstarter, la più celebre piattaforma per il crowdfunding, il “finanziamento dal basso” che molti artisti indipendenti utilizzano per realizzare progetti alternativi o “scomodi” (e quindi difficili da produrre), il passaparola fa il resto.

In soltanto dieci ore, il progetto raccoglie la cifra richiesta: 2 milioni di dollari. Un risultato straordinario, anche considerando che si tratta di un triplo record per Kickstarter: il Veronica Mars Movie Project ha raggiunto nel minor tempo di sempre la soglia del milione di dollari, è il film che ha ottenuto il maggiore finanziamento dalla nascita del sito e, con il passare del tempo, e con i suoi 91’585 donatori (e i 5,7 milioni di dollari versati), è diventato il progetto con il maggior numero di partecipanti da quando la piattaforma di crowdfunding è stata creata.

In parole povere, nonostante non sia il primo tentativo di realizzare un’operazione del genere, Veronica Mars rappresenta di certo il primo caso di successo nella storia del cinema in cui un film, (o, a voler essere pignoli, un “adattamento cinematografico”) è stato finanziato direttamente dai fan. Ecco, forse sarebbe più opportuno riformulare la frase usando il termine “cofinanziato”, dato che, come rivelato da Thomas al NYT, la Warner fornirà le infrastrutture e il denaro necessarie per il marketing e fondamentali per la riuscita della pellicola, e ovviamente, in quanto produttrice dello show televisivo, era, rimane e resterà proprietaria dei diritti.

È partendo da questa piccola, ma fondamentale sfumatura linguistica che possiamo iniziare ad analizzare le cause e le conseguenze del successo di questa operazione sulle modalità con cui il cinema e l’arte in generale verranno realizzati.

Per prima cosa, occorre domandarsi quali sono i motivi che hanno spinto una piccola fetta di middle-class men, con i loro mutui e le rate del tosaerba ancora da pagare, a sborsare una cifra almeno doppia rispetto a quella che gli avrebbe garantito l’ingresso al cinema dietro casa. No, non penso che si tratti del classico “voglio far parte di qualcosa di più grande di me”, né che una t-shirt con la stampa “I saved Veronica Mars” possa essere una motivazione sufficiente perché un utente qualsiasi, che magari ha intravisto 2-3 puntate della serie, spenda 25 dollari su Kickstarter. Ma non è dell’uomo qualunque che bisogna interessarsi: ciò che rende infatti innovativa (e difficilmente replicabile) l’operazione Mars è il suo concentrarsi esclusivamente su persone fortemente fidelizzate, per i quali 10’000 dollari sarebbero un prezzo più che giusto per recitare una sola frase nel film. Ma questo, a sentire Paul Tassi su Forbes, sarebbe solamente uno di cinque fattori motivazionali in gioco. Per attirare 5 milioni di dollari, una “devoted fanbase” non è sufficiente: senza la disponibilità del cast della serie originale, una giusta identificazione dei premi, un efficace uso dei social media, e, soprattutto, la possibilità di realizzare un prodotto low-cost, Veronica Mars non avrebbe ottenuto questo successo.

Siamo quindi di fronte ad un unicum, ad una fortunata, irripetibile occasione, o Veronica Mars potrebbe porre le basi per un nuovo modo di fare cinema “dal basso”? La risposta sembrerebbe essere la prima, ossia che senza il suo passato su canali mainstream, una serie di coincidenze favorevoli (low-budget, cast libero da impegni), nonché un protettore come la Warner alle spalle, un film indipendente non avrebbe mai ottenuto così tanti finanziamenti. Insomma, l’era del kolossal on-demand deve ancora attendere, ma chi sogna ogni notte di rivedere Malcolm in TV può iniziare a sperare (soprattutto ora che Breaking Bad è arrivato all’epilogo).

Gli effetti di quest’operazione, però, vanno ben al di là del ristretto mondo della cinematografia, e coinvolgono tutto il funzionamento della “filiera indie”. Veronica Mars è un prodotto pianificato dall’alto, Kickstarteruna piattaforma per il finanziamento dal basso, che ha progressivamente assunto un ruolo importante nel panorama discografico e artistico di nicchia (basti pensare allo Stato Sociale e al loro Turisti della democrazia deluxe).

Per la prima volta, ed è questa la rivoluzione portata da Veronica Mars, qualcuno ha capito che i due piani potevano essere sovrapposti: i produttori della serie avevano potenzialmente i fondi necessari, ma, per convincere definitivamente la Warner a investire nel progetto, necessitavano di un sostegno dal basso, che Kickstarter poteva testimoniare. La piattaforma ha assunto quindi un duplice ruolo: quello di prestatore e allo stesso tempo di garanzia sul prestito. “Se otteniamo i soldi, bene: il film si farà. Ma se li otteniamo vuol dire che la gente verrà a vedere il film, quindi a voi, Warner, conviene sborsare quelli che mancano”.

Cavalcando il cult e la nostalgia, le major si trovano per l’ennesima volta sul tavolo un’offerta davvero impossibile da rifiutare, e il paradosso è che a fornirgliela sono proprio quegli strumenti sviluppati per distruggerle, per disintermediare una volta per tutte il sistema di produzione. Investendo una piccola somma, quella relativa al marketing e alla distribuzione, la Warner si ritrova in tasca una pellicola low-cost e a basso rischio. Oltre a questo, riuscirà anche ad approssimare in anticipo il numero minimo di potenziali spettatori: in questo caso, i 91’585 donatori sono un numero ridicolo, ma l’importanza di questo fattore crescerà esponenzialmente all’aumentare della diffusione del sito, potete starne certi. Se non fosse abbastanza, ecco arrivare la notizia migliore: quanto dei guadagni della pellicola arriverà ai crowdfunders? Zero, nada: la Warner intasca tutti i guadagni, e non rischia nessuna perdita. Insomma, il colpo perfetto, e la Disney farebbe meglio a entrare presto nella gang, se vuole evitare un nuovo flop come John Carter o, peggio ancora, The Lone Ranger.

Veronica Mars rischia di compromettere per sempre una delle (poche, va detto) innovazioni promettenti introdotte dal mondo indie, quale indubbiamente è il crowdfunding. Le posizioni sull’argomento sono contrastanti: qualcuno spera che il traino mediatico causato da questo successo possa fornire a Kickstarter il successo di massa di cui necessita per affermarsi tra il pubblico mainstream, altri invece temono che abbia snaturato definitivamente il crowdfunding dalle sue premesse ideologiche.

La mia idea è che Veronica Mars possa essere il Tony Blair dell’industria culturale, creando una terza via, in cui il crowdfunding venga sì sradicato dalle sue premesse iniziali, ma acquisti una caratteristica fondamentale tipica di ogni nicchia, quale è a tutti gli effetti l’ultraconservatore mondo indie: la nostalgia.

Se questa storia ci dimostra qualcosa, infatti, è che se il mondo indipendente, quello dei forum e delle crociate hipster, vuole spendere i soldi per qualcosa, mi dispiace deludervi, ma non sarà per finanziare giovani innovatori, ma per riavere indietro ciò che amavano e che il lupo cattivo (il grande pubblico) gli ha tolto. Insomma, meglio riavere il buon vecchio Winner Taco che pagare per un noioso documentario. Il paradosso è che a ricevere il loro denaro per restituirgli ciò che bramano sarà proprio chi, a suo tempo, decise di toglierglielo: non il pubblico, con le sue naturali preferenze e sbandate, come vogliono illudersi, ma proprio quelle stesse major che ogni giorno pretendono di combattere tramite un post su Facebook. Funny, isn’t it?

 

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