Charlotte Gainsbourg – Rest

A dividere Charlotte Gainsbourg e sua sorella Kate Barry (figlia del grande compositore inglese John Barry) erano appena quattro anni. Poi l’11 dicembre del 2013 il tempo si è fermato mentre il corpo di Kate precipitava dal suo appartamento al quarto piano nel XVI arrondissement. Per Charlotte, Parigi diviene all’improvviso, una città dove non riesce più a vivere e si trasferisce a New York.

Pochi mesi prima la tragica fine della sorella, Charlotte aveva contattato il producer francese di origine serbe SebastiAn (nome d’arte di Sebastian Akchoté, già al lavoro con Daft Punk, Beastie Boys, Bloc Party, Frank Ocean) per lavorare al suo quarto disco. Quelli precedenti, non capriccio di artista ma snodi interessanti dentro la recente storia discografica francese, erano sempre stati affidati ad altri, dal primo 5:55 del 2006 così French Touch con gli amici Air e i testi di Jarvis Cocker a IRM, con Beck a dar voce alle sue emozioni, nel 2009. Stage Whisper del 2011, ancora con Beck, segnava anche la sconfitta della timidezza che l’aveva finalmente portata a interpretare le sue canzoni sui palchi americani ed europei, riuscendo a mostrare anche più energia e muscoli rispetto alle atmosfere vocali sognanti cui ci aveva abituati.

Figlia, prima ancora che persona a se stante, di una delle coppie più glamour e iconiche del novecento, quella formata dall’attrice e cantante inglese Jane Birkin e dalla leggenda della musica d’oltralpe Serge Gainsbourg, Charlotte è rimasta in qualche modo schiacciata dalle personalità ingombranti dei genitori (in modo particolare del padre Serge cui si deve il vero esordio discografico Charlotte for Ever del 1986 e altre forzature nella vita pubblica che, solo recentemente, Charlotte ha confessato di aver subito in silenzio).

I dischi di Charlotte sono riusciti a ottenere fin da subito il plauso di critica e pubblico grazie soprattutto a un tocco di riconoscibilità nel timbro e nel modo di cantare. Charlotte aveva scelto però, nella musica, la strada forse a lei più consona: quella dell’interprete che, sul fronte cinematografico, l’ha resa una delle attrici più originali degli ultimi trent’anni, musa dell’ultimo Lars von Trier (Antichrist, Melancholia, Nymphomaniac) e con un parterre di registi che l’hanno voluta nei propri film da far girar la testa (Agnès Varda, i fratelli Taviani, Alejandro González Iñárritu, Todd Haynes, Franco Zeffirelli, Wim Wenders, James Ivory, Michel Gondry).

Al quarto disco però le cose cambiano, e non soltanto perché Charlotte ha stavolta ben chiaro il suono che desidera, affascinata dal misto di aggressività e melodia della musica di SebastiAn ma soprattutto perché hanno inizio i primi tentativi di scrittura dei testi che il suicidio della sorella contribuirà a far esplodere. Il risultato è un disco che a pieno titolo si candida a essere uno dei più belli dell’intero 2017.

La morte della sorella è, infatti, per Charlotte come uno squarcio che si apre e non riesce più a ricucirsi. Il cambio di scenario, da Parigi a New York, le permette finalmente di affrontare non solo la perdita tragica della sorella ma tutte le paure che si porta dietro retaggio di un’infanzia in una famiglia sempre sotto i riflettori, prima e dopo la separazione, quando il gioco della celebrità si trasforma nell’altra amara faccia della medaglia, quella della persecuzione mediatica cui certo Serge non si sottrasse trascinando con sé anche gli affetti più cari.

La direzione musicale da far prendere al disco era piuttosto chiara a Charlotte fin dall’inizio quando aveva fornito a SebastiAn addirittura una serie di colonne sonore horror e di film francesi degli anni settanta cui ispirarsi. Il problema restava la stesura dei testi. La necessità di fare i conti con se stessa e con l’enorme vuoto della perdita della sorella spinge Charlotte verso una scrittura intima e sincera che usa come unico filtro la poesia delle sue parole e delle sue immagini, avvertendo urgente la necessità di esprimere il dolore non solo con tristezza ma con rabbia. Un disco in qualche modo terapeutico per rimettere insieme i pezzi come nella bellissima copertina dove l’immagine di Charlotte nasce da un insieme di frammenti attaccati con del nastro adesivo.

Ring-a-ring o’ roses/Pocketful of posies/We all fall down

Ring-A-Ring O’ Roses (che è la nostra filastrocca del girotondo) è la porta d’ingresso su un mondo dominato da elettronica e delicatezza, da frasi sussurrate e un pathos che attraversa l’intero lavoro. Richiama certamente il French Touch degli esordi con gli Air da cui mutua atmosfere ed eleganza così tipicamente francesi ma forte è l’inquietudine che lo attraversa.

Innocenza e turbamento restano le cifre di una donna che non ha dovuto quasi scegliere la sua strada perché perfettamente cucita addosso, muovendosi così bene tra i due mondi, tra le due eredità parentali, tra le due lingue, non solo artistiche, da cui proviene. Ma le eredità, anche quelle migliori, sono nello stesso tempo nodi che alla fine devono essere sciolti e Charlotte sembra farlo con Lying with you, che richiama nell’incipit la splendida colonna sonora di Profondo Rosso. Lying with you è il racconto crudo della morte del papà Serge, dell’incontro terribile (Charlotte aveva appena diciannove anni) col suo corpo senza vita (la tua gamba nuda è uscita dalle lenzuola/senza vergogna e sangue freddo) ed è sorretto da una forte tensione grazie ai consueti beat elettronici che fanno da contrappunto. Con una sensazione di smarrimento davanti al vuoto del futuro (Shall we dream happy ever after?), Lying with you è una confessione di profonda intimità che vede Charlotte immersa nel momento della massima fragilità, la morte di un genitore, passaggio terribilmente obbligato e unica strada verso la crescita per qualsiasi figlio.

Kate, il terzo brano, è dedicato proprio alla sorella scomparsa. Il ritmo è ancora quello cadenzato di una tensione che qui si fa quasi insostenibile. Si apprezza, ancora maggiormente, il tentativo della Gainsbourg di scrivere finalmente i suoi testi, qui permeati di dolcezza e rimpianti (dovevamo vivere insieme/il nostro mondo imperfetto).

Ho aspettato che piovesse/I ricordi mi commuovono/Un tempo alla fermata/Sulla strada per la scuola/ Spensierata cantavi i tuoi idoli

Ricordi che salgono agli occhi e traboccano in lacrime, e spaventa quasi come possa essere micidiale e crudele il falsetto di una donna così esile e così forte che sente riaffiorare i ricordi più dolci di una persona che ha amato ed è scomparsa nella maniera più tragica.

Sorprende, soprattutto, la capacità di evocare l’infanzia e l’adolescenza, quasi che Charlotte riesca a farsi medium con la se stessa del passato ormai non più recente. Ed è davvero difficile non emozionarsi.

La scrittura in francese è una delle chiavi di questo lavoro (che pure presenta brevi inserti in inglese). Charlotte scrive fin da ragazzina incoraggiata dalla madre, ma il confronto con la scrittura del padre è sempre stato un blocco fortissimo da superare.

Deadly Valentine racconta dell’amore su un tappeto sonoro che cita a piene mani da atmosfere à la Giorgio Moroder ed è il secondo singolo estratto dall’album dopo la title track con un video diretto dalla stessa Charlotte e che vede anche la partecipazione, in veste di attore, di Devonté Hynes (Blood Orange).

I’m a lie si apre con una leggerezza venata di pop che richiama l’inquietudine sotterranea del tema di Rosemary’s Baby come anche evidenti echi del capolavoro paterno Histoire de Melody Nelson (e, del resto, SebastiAn non ha mai nascosto il suo apprezzamento verso Serge Gainsbourg). Il testo è tra i più belli dell’intero disco, in francese con il solo ritornello in inglese.

La title track mette da parte SebastiAn qui sostituito, sia alla musica sia alla produzione, da Guy-Manuel de Homem-Christo, la metà dei Daft Punk. Per de Homem-Christo è la prima collaborazione solista dai tempi della produzione di un pezzo, nel 2012, per Sébastien Tellier.

Prendimi la mano, per favore/Non lasciare che io prenda il volo/Resta con me, per favore/Non permettere che ti dimentichi

de Homem Christo costruisce un tappeto sonoro delicato con una linea di basso lontana e pochi beat che lasciano spazio agli archi elettronici mentre Charlotte sospira, mai come stavolta, parole di disperazione e di paura.

Un ritmo electro/funk quasi da disco di fine anni settanta è, invece, lo scenario su cui si apre Sylvia Says dove Sylvia è la poetessa Sylvia Plath, morta suicida nel febbraio del 1963 e sarebbe impossibile non cogliere i riferimenti alla scomparsa della sorella Kate

Songbird in a cage è, invece, il pezzo scritto da Paul McCartney. Una canzone quasi su commissione nata durante una cena in un ristorante. Sir Paul non solo accettò l’idea inviandole una demo poche settimane dopo (era ancora il 2011) ma ha poi preso parte anche alle sessions agli Electric Studios di Manhattan per registrare alcune parti di chitarra, di piano e di batteria assorbite poi da un tappeto sonoro sghembo cucito da SebastiAn.

Dans von airs è puro distillato francese che trabocca da ogni suono, dagli accordi di chitarra, dalla cadenza della Gainsbourg, dagli archi che disegnano una melodia dolcissima nell’aria mentre Charlotte osserva i suoi bambini col cuore pieno di preoccupazione. È il terrore, la paura che molti di noi hanno provato a contatto con la morte improvvisa che nulla sarà più come prima, che non sarai più salvo dopo essere stato in pericolo, quella sensazione terribile di sentirsi spaventati ogni volta che il telefono squilla.  È anche il pezzo che rilancia il ritmo del disco dopo un trio di canzoni più calanti rispetto alla prima parte praticamente perfetta.

Les crocodiles resta ancorata al tema della paura qui resa quasi fanciullesca con il ricorso alle immagini del grande rettile. Efficace è la produzione di SebastiAn capace di mescolare un incipit quasi violento ad atmosfere che si fanno improvvisamente più leggere e delicate mentre riaffiorano ancora le atmosfere da Histoire de Melody Nelson.

Il disco si chiude con un brano, Les oxalis, in cui una visita sulla tomba della sorella è rivestita da suoni disco ed electro/pop. Su un ritmo uptempo e una chitarra alla Nile Rodgers, Charlotte ci racconta dei suoi sentimenti davanti alla tomba della sorella. Una scelta che ha sorpreso lo stesso SebastiAn e che invece Charlotte ha ritenuto assolutamente sensata, metafora, forse, di una rinascita dopo l’incontro con i propri demoni. Il dialogo silenzioso di fronte alla tua pietra sigillata m’ispira a parlare è l’ultimo verso che diventa anche ragion d’essere di una scelta e di un intero disco.

Pochi secondi dopo la fine del pezzo, ha inizio una brevissima ghost track, un dialogo tra Charlotte e la figlia più piccola Jo che le chiede di ascoltare la sua filastrocca sull’alfabeto inglese, che SebastiAn, dopo qualche istante riveste con la sua musica che, in questo caso, si alza libera di speranza, come l’ultima scena di un film con la camera ad alzarsi verso il cielo dopo la pace ritrovata.

Rest è sicuramente il riposo che Charlotte invoca per tutto ciò che non c’è più, per coloro che l’hanno lasciata, ma alla fine è anche un’invocazione di speranza, a un riposo molto più terreno dopo tanto affanno.

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