“Come si può pensare un quarto d’ora in un minuto e mezzo?“, chiede Johnny Carter a Bruno lasciandolo di stucco. Johnny è il protagonista del racconto di Julio Cortázar Il persecutore (o L’inseguitore, secondo l’edizione Sur) ispirato al geniale jazzista Charlie Parker. Bruno è il critico musicale che sta scrivendo un libro su di lui e il modo in cui ha rivoluzionato la musica jazz. La scrittura di Cortázar si fa allegramente beat, nel senso kerouackiano della parola, vorace e vitale: ci presenta Carter in tutta la sua follia, per le strade di una Parigi ubriaca e sonnambula.
Lo scrittore argentino amava la musica, in particolare il jazz: il personaggio di Johnny nasce da questa predilizione oscura, a tratti le parole diventano così vive nel racconto da diventare vera e propria musica. “Johnny è passato per il jazz come una mano che volta la pagina” – il cuore del racconto è questo, il genio e la follia di Parker si respirano per tutte le pagine, mentre con una mano le giri una alla volta, e ti innamori – in questa perdizione jam di parole – di questa storia, te ne fai possedere, ti incanti. Johnny e la droga, Johnny e le parole senza senso, che ripete a Bruno a ogni incontro, Johnny e la sua follia lucida, poi offuscata da droghe alcol e musica jazz, il sax che permette di entrare in un’altra dimensione dell’essere, in connessione con tutti i ricordi di una vita intera che affollano la mente assurda di Johnny. E nel mezzo Bruno, con la sua razionalità, affascinato da questo talento che rivoluziona il modo di suonare la musica jazz, e che sta provando a descriverlo – tutto questo – nel suo libro. Nel mezzo le donne di Johnny, la marchesa che gli procura il denaro per comprare la droga, il libro di poesie di Dylan Thomas che porta sempre con sé, e la musica – quella megera salvatrice di serate andate alla malora.
“Nessuno può sapere che cos’è che Johnny persegue, ma è così, si trova lì in Amorous, nella marihuana, nei suoi insensati discorsi su tante cose, nelle ricadute, nel libretto di Dylan Thomas, in tutto quel povero diavolo che è Johnny, nella sua piccolezza che lo ingrandisce e lo converte in un assurdo vivente, in un cacciatore senza braccia e senza gambe, in una lepre che corre dietro a una tigre che dorme.”
In un discorso sull’arte del racconto tenuto a Cuba in epoca rivoluzionaria, Cortázar ripeteva che un buon racconto deve sequestrare momentaneamente il lettore, e per far questo bisogna agire per sottrazione, eliminando tutte “le idee e le situazioni intermedie, tutti i riempitivi“. Il persecutore agisce proprio in questo senso, siamo immediatamente catapultati dentro la vita – umana e mentale – di Johnny, incantati dalla sua voracità, e incuriositi dalla direzione che prenderanno gli eventi. Non che ci siano particolari eventi significativi nel racconto, o cose che succedono. Il tempo è circolare, grazie a Johnny viaggiamo all’indietro attraverso pezzi della sua infanzia, e poi andiamo avanti a tentoni verso l’esperienza di magnifica esplosione di follia, e il ricovero a New York (si seguono le tracce della vera storia di Charlie Parker). Anche qui, come nella splendida Rayuela, lo scrittore argentino sfoggia la sua idea di tempo e narrativa al di fuori dei canoni realisti.
Sempre nello stesso discorso a Cuba, rivolgendosi agli scrittori cubani, Cortázar ci teneva a ricordare che scrivere rivoluzionariamente “non significa scrivere obbligatoriamente della rivoluzione stessa“. Per un borgesiano affezionato ai miti che inventò le storie di cronopios e famas non è difficile immaginare un concetto del genere. Uno scrittore può essere rivoluzionario anche scrivendo opere di fantasie, anche con un tocco di surrealismo e realismo magico: se invece è costretto a scrivere di rivoluzione il suo genio narrativo sarà costretto a delle regole, con cui uno scrittore non può scendere a compromessi. Dunque, tutte le pagine di Cortázar sono sempre catturate e ossessionate da un senso del fantastico, che ovviamente spesso cede a una vena da umorista. Anche in questo racconto l’elemento fantastico non manca, a cominciare dalla città, i cui luoghi si espandono e restringono a turno, come se vivessimo conficcati dentro la mente di Johnny. La stessa posa seria del critico Bruno che segue – persegue – Johnny diventa in qualche momento fantasticamente umorista.
“Uno scrittore di racconti è un uomo che, all’improvviso, circondato dall’immenso gergo del mondo, vincolato in maggior o minor grado alla realtà storica che lo contiene, sceglie un determinato tema e ne fa un racconto. Questo scegliere un tema non è tanto semplice. A volte lo scrittore di racconti sceglie, e altre volte sente come se il tema gli si imponesse in modo irresistibile, lo spingesse a scriverlo. Nel mio caso, la maggior parte dei racconti sono stati scritti – come dire – al margine della mia volontà, al di sopra e al di sotto della mia coscienza raziocinante, come se io non fossi altro che un medium attraverso il quale passasse e si manifestasse una forza estranea.”
È così che Charlie Parker suonava il suo sax.