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Celentano e l’endorsement a Grillo

Avviso: questo post è di parte ed è anche uno sfogo. Quindi se siete inclini alla facile indignazione evitatelo, nessuno vi costringe a leggerlo.

Anche Adriano Celentano lancia la sua missiva politica con un pezzo che trabocca di qualunquismo da tutti i punti di vista. Si chiama “Ti fai del male” ed è praticamente un comizio new-age disteso su di un tappeto elettronico che da quasi più fastidio delle ovvietà fumose che ci propina il buon vecchio molleggiato. E’ stato definito un pezzo “grillino”, tanto che all’interno della canzone dice chiaramente che è nato un nuovo movimento, una nuova onda partita dal niente e “se non voti non cambia niente” etc. etc.

C’è un’onda nuova che è partita dal niente
E come una valanga
Sta avanzando come un ciclone
Per abbattere il marcio della nazione

Questa strofa è gia di per sé oscena grazie alle due metafore naturalistiche valanga/ciclone (che genio eh?), rivolte poi al “marcio” della nazione. E cosa sarebbe? Ma chi? Che cosa? Ai politici che rubano? Questo semplicismo da due soldi è lo stesso che ha fatto vincere Berlusconi ogni volta e che ha portato la gente ad immedesimarsi con Grillo. E’ marketing, è spot, è il fumo senza l’arrosto.

Ma chi è Adriano Celentano? Sanremo 2013 ci ha proposto una sua vecchia canzone, reinterpretata dagli Almamegretta con gli strepitosi Coleman e Senese (e Clementino che ci ha messo anche un po’ di suo), “I ragazzi della Via Gluck” in chiave reggae e pro-legalizzazione (“lasciate crescere l’erba” all’Ariston è già storia). In realtà quel pezzo in origine era proprio sugli stessi temi un po’ qualunquisti su cui Celentano ogni tanto torna: lo strapaese, la campagna, il cemento, etc etc.

Questo tentativo di comunicazione da due soldi, che fa leva sul sentimentalismo buonista dell’ambientalismo facilotto (da “toglieremo la fame nel mondo”, per intenderci) fa sempre molta presa su un pubblico che rappresenta l’italiano che appena sente due righe in cui facilmente si immedesima, si lascia abbandonare dall’esaltazione e si convince a votare un comico perché glielo ha detto un cantante.

Chiudo questo sfogo veloce (a me sembra tutto molto assurdo) con una bella canzone del molleggiato che diceva “chi non lavora, non fa l’amore”. All’epoca secondo voi a chi si rivolgeva? E basta co sto Celentano su, e dai. Ripetete questo mantra: “vado a votare un comico perché me lo ha detto un cantante”, “vado a votare un comico perché me lo ha detto un cantante”, “vado a votare un comico perché me lo ha detto un cantante”… solo a me sembra follia? E i contenuti? Si aspettano risposte alle domande del Fatto Quotidiano sul programma di Grillo, risposte che non arrivano, confronti pubblici che non esistono.

Eugenio Maddalena

Studente magistrale del CoRiS alla Sapienza di Roma, ma anche formatore e consulente di comunicazione, è appassionato delle dinamiche che riguardano l’impatto delle nuove culture digitali all'interno della società. Scrive di comunicazione in giro per la rete e di musica qui. Nasce nel 1987, anno in cui si sono sciolti gli Smiths e sono nati i Nirvana.

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Eugenio Maddalena

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