Negli anni della mia adolescenza, il dogma della musica che ascoltavi imponeva una sola, grande regola: se sei alternativo non puoi ascoltare l’elettronica. Un’imposizione che noi trentenni puristi dell’indie rock abbiamo velocemente smentito, più o meno consci della rivoluzione che l’elettronica avrebbe portato nella musica. Anche chi si è convertito più tardi, tra cui la sottoscritta e non senza resistenze, alla fine si è trovato nella scomoda posizione di dover sacrificare gli dei della propria giovinezza al nuovo che avanza. In buona sostanza, non esiste estimatore della musica contemporanea che non riesca a trovare suoni sintetizzati a lui congeniali.
Uno degli esempi più lampanti di talento nel fondere influenze diverse, dalla sana passione per le schitarrate, ai suoni digitali, è la band canadese Suuns. Un’attitudine marcatamente rock, tant’è che loro stessi si definirono in passato “essenzialmente una rock band”, unita ad una spiccata propensione per la ricerca sonora a 360 gradi: definirli è impossibile. Ascoltati live per la prima volta al Primavera Sound 2016, davanti ad una folla esagerata, recupero ciò che mi ero persa nel veloce spostamento verso un altro palco, grazie alla data invernale al Biko di Milano. A sorpresa, i nostri aggiungono un’ulteriore data indoor allo Spazio 211 di Torino giovedì 25 maggio.
Grande assente sul palco dello storico locale torinese, il gonfiabile con la scritta Suuns che normalmente funge come unico elemento scenografico, è stato gonfiato e posizionato fuori, davanti all’entrata, ad accogliere le poche manciate di temerari che hanno sfidato il caldo torrido di questa primavera piemontese che sembra già estate piena, per uno degli ultimi, sudatissimi live act nel chiuso di un club. L’unica boccata d’aria arriva dalle vetrate aperte sulla grande area all’aperto che di qui a qualche mese si animerà con la terza edizione del TOdays festival.
Nessun open act, i quattro salgono sul palco per portare il loro mash up di techno, kraut, wave, psychedelia, suoni ipnotici e scudisciate di chitarre graffiate e voci sporche, purtroppo non valorizzate appieno da suoni esageratamente alti e da un’acustica tutt’altro che impeccabile. Sotto il palco però, nessuno sembra darci peso: il pubblico eterogeneo, che va dai venti ai quarant’anni, è rapito in una danza ipnotica che ricorda più una situazione di clubbing che un concerto. La scaletta spazia dai primi lavori, Zeroes QC e Images du Futur, all’ultimo Hold/Still, alternando momenti più adrenalinici a suite strumentali più lente, che servono forse a far riprendere fiato a Ben Shemie, voce e chitarra, e Liam O’Neill, sicuramente i due che per presenza scenica si sono risparmiati meno. Se Shemie si contorce e ripiega su se stesso in mosse sensuali, O’Neill percuote la batteria con energia e una postura rigida piuttosto inusuale: sarebbe interessante se i quattro considerassero una diversa disposizione sul palco, concentrando l’attenzione proprio sulla batteria, piuttosto che sui dimessi synth.
Nonostante i già citati problemi di audio, i Suuns si confermano una band con un’altissima resa dal vivo, con i pezzi che non guadagnano sicuramente in pulizia, ma acquistano in potenza, arricchiti dall’atmosfera di trance che che i quattro alchimisti riescono a creare decidendo di suonare i pezzi principalmente senza stacchi, come un unico flow di suoni. Giù il cappello, anche questa volta.
Fotografie di Alessia Naccarato