Recentemente, in un periodo devo dire piuttosto ravvicinato, mi è capitato di leggere due romanzi che hanno al centro, ognuno a modo proprio, il concetto di casa. Non solo: hanno al centro il concetto di casa per i millenial. Non è un caso che le due buone penne che questi romanzi li hanno scritti siano, ovviamente, millenial a loro volta. Late millenial, ma pur sempre tali.
Il primo, Giorgio Ghiotti, è il poeta-già scrittore bambino che di strada ne ha fatta dal suo esordio a diciott’anni, nato a Roma nel 1994 che, dopo una trasferta di qualche anno a Milano, a Roma è tornato per restare e la racconta come solo un poeta avvezzo anche alla prosa saprebbe fare. Avevamo già conosciuto Gli occhi vuoti dei santi anni fa; il suo ultimo romanzo, invece, è Casa che eri, pubblicato sempre dall’indipendente Hacca.
La seconda, Eleonora Daniel, classe 1995, a Milano ci è nata per poi specializzarsi in editoria con la magistrale a Roma, città in cui vive e lavora nello stesso ambito. La polvere che respiri era una casa è il suo interessante esordio per Bollati Boringhieri.
In questo chiasmo biografico di origini, scrittura e città di residenza e di adozione, vediamo un po’ da vicino questi due romanzi che, pur focalizzandosi sull’ambiente rassicurante per antonomasia, riescono bene a stropicciare certezze e incendiare animi.
Non esiste un solo inizio in una storia, esiste una sola fine. E così è finita la casa.
Un lui, una lei, un noi. Due voci che si accavallano, due vite che fanno lo stesso. Inizialmente il lettore non conosce neanche i loro nomi, non può far altro che seguire silenziosamente le voci di queste due persone che stanno costruendo un futuro insieme, a partire da una casa nuova in cui vivere insieme. La loro casa nuova prende forma, mattone dopo mattone, scelta d’arredamento dopo scelta d’arredamento, indecisione dopo indecisione. Eppure questo spazio nuovo tutto da abitare si trasforma in uno spazio i sentimenti sono ingombranti e, dopo qualche anno, qualcosa esplode lasciando solo polvere e silenzio. La polvere che respiri era una casa di Eleonora Daniel è questo, in sintesi, ma è anche molto di più. Un microcosmo emozionale in cui la casa diventa guscio e poi si fa gabbia.
È la casa che le crolla addosso per dispetto e lei non ne può più. Lo sa.
Un’escalation di dolore che trova la sua naturale via d’uscita facendosi pian piano spazio nell’arco di tutto il romanzo. Un grido taciuto, spinto dall’urgenza della sua protagonista femminile che in quella casa proprio non riesce più a starci. Un muro di speranza, tirato su dal suo personaggio maschile che in quest’amore lungo e accidentato ci crede ancora. Una casa stravolta in cui la vera casa diventa la persona che vuole sfuggire e fuggire. Una scrittura nuova quella di Eleonora Daniel che riprende, reinventandolo a sorpresa, quell’adagio che vede l’amore eterno finché dura.
Si fa quello che si è imparato a fare meglio per tutta la vita: ci si abitua.
Una storia di solide certezze in forma di amicizia messa a dura prova dall’arrivo di terzi. In Casa che eri di Giorgio Ghiotti, il quarantenne Aldo deve affrontare l’arrivo di Alessio Patriarca, il nuovo fidanzato della sua amica di lunga data Luisa. Anche qui la casa di Aldo è rappresentata da una persona, Luisa, e quest’evento non fa altro che mettere in discussione quello che loro due sono stati l’uno per l’altra negli anni. Aldo lo sa bene. Le case, quelle vere, le ville, i palazzi di una Roma più indifferente che cattiva passano in secondo piano rispetto all’imprevisto, all’incursione di quest’uomo arrivato chissà da dove a turbare il loro equilibro di sempre, questa novità che proprio non ci voleva, Aldo infatti non se l’aspettava.
A quarant’anni, noi incapaci da giovani di essere giovani, eravamo pure incapaci d’invecchiare.
Giorgio Ghiotti si slancia coraggiosamente in avanti, verso quei quarant’anni che da trentenne può solo immaginare e li racconta come sempre con sensibilità, poesia e un pizzico di quella decadenza che solo Roma sa incarnare, nel suo essere eterna, quindi sempre presente, immobile e muta come un pesce.
Collezionare mi è sempre riuscito facile: buoni voti, umiliazioni, calamite. Gli occhi si credono persone. Lo sono.
Aldo è un protagonista che osserva e riflette, su sé stesso e sugli altri, cercando di dare un senso a tutto ciò che vive, cercando di non franare del tutto.
La polvere che respiri era una casa e Casa che eri sono due romanzi gemelli senza saperli, due storie affini che sembrano darsi la mano e guardarsi, l’uno dentro l’altro, l’uno come se fosse il futuro dell’altro. Mi è sembrato significativo averli letti (un po’ per scelta, un po’ anche per caso) insieme, uno immediatamente dietro l’altro. Due romanzi che vale la pena leggere, se anche cercate di riscrivere e reinterpretare il senso della parola casa.
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