Eravamo a OGR, ormai nota a chi legge location torinese, un tempo adibita a officina di riparazioni ferroviarie e oggi dedicata a concerti ed eventi di vario tipo. Eppure, senza togliere niente allo splendore magnifico di questi spazi industriali recuperati all’arte e alla cultura, quando la Cantantessa sale sul palco e attacca le prime note di Parole di burro siamo di nuovo a Tindari, al teatro greco in cima alla collina, in quella notte speciale, alcuni mesi fa. L’afa che si respira al chiuso dei portelloni di ghisa aiuta a rivivere le sensazioni che ci avvolgevano durante il più caldo agosto siciliano degli ultimi anni, e niente sembra essersi perso in intensità nel passaggio dall’antichità classica alla contemporaneità industriale.
La scaletta è più o meno la stessa, seppure la formazione che accompagna Carmen Consoli è tornata quella a tre del primo giro di Eco di sirene, il tour portato in giro da febbraio ad aprile 2017, e poi ripreso al Mi Ami, a Milano, lo scorso giugno, insieme alla violinista Emilia Belforte e alla violoncellista Claudia della Gatta. Via dunque Massimo Roccaforte, il chitarrista compagno di viaggio da una vita, via le percussioni, i fiati, il piano che avevano amplificato e arricchito le sonorità nella decina di date del tour estivo, si torna agli arrangiamenti essenziali, intimi, così come sono riprodotti nel disco che porta il titolo del tour, appena uscito, che intanto ha raccolto l’esperienza acustica in cui la più amata cantautrice siciliana ha reinterpretato i suoi successi di una carriera ormai più che ventennale, e impossibile da riassumere in poche righe.
L’occasione è speciale: quella del Salone del libro, inserita in una rassegna ad hoc che accompagna gli eventi del Salone off, chiamata Movimento: Carmen ci annuncia che questa è l’ultima data del tour, in realtà eccezionalmente riaperto dalla magia del Salone, unica data, appunto, dopo quella che l’aveva chiuso in Sicilia in quella sera d’agosto. Con voce e chitarra da sola, come in apertura, o con il suo trio esclusivamente femminile, come Carmen ci tiene a sottolineare più volte, ventuno brani si alternano pescando dai diversi dischi in modo variegato ma armonico per circa due ore, i suoni amalgamati meravigliosamente dall’arrangiamento in acustico: alcuni melodici, come L’ultimo bacio, Pioggia d’aprile e L’eccezione, altri più movimentati, che pure nelle corde della chitarra acustica conservano una genuina grinta rock, come Geisha, Confusa e felice e Venere, altri in dialetto e che suonano più tradizionali, come Tano e ‘A finestra, giungendo ai momenti più attesi dai fans accorsi numerosi, quelli più stagionati come quelli più giovani: su tutti Blunotte, che arriva verso la fine ma non per ultima, come era accaduta in Sicilia.
L’encore è dedicato al recupero di un classico come Quello che sento, dal primo disco, che introduce i due più noti pezzi sanremesi In bianco e nero e Amore di plastica, seguendo un andamento discendente che partendo dal repertorio più nuovo tornando a quelli che l’hanno consacrata al grande pubblico – L’abitudine di tornare – come nel bonsai #1 che il pubblico canta al contrario, poco prima di uscire e tornare per il bis. Nessuna parte del repertorio è esclusa, né quella più popolare, né quella più di nicchia. Nel mezzo, altri pezzi che intanto sono diventati piccoli classici per gli appassionati: Mio zio, Maria Catena, Mandaci una cartolina, che parla del padre venuto a mancare, ma che non incrina il sorriso genuino di chi ama stare su un palco, neppure per un secondo.
Scrivevo, qualche settimana fa, a proposito di un’altra cantautrice, ancora giovane com’era giovane Consoli ai tempi del suo esordio, che adoro le cantanti che sorridono dietro al microfono. Ancora più tenero, è quando la vedi che per sorridere sbava il rossetto, com’è successo qualche giorno fa in occasione del concerto del Primo maggio a Roma. In diretta nazionale, la nostra rivela di essere rimasta, per quanto ormai donna e mamma, una “bambina impertinente”. Nell’oscillare costantemente tra il mondo della musica indie e quello della musica mainstream senza nessun tipo di idiosincrasia o di contraddizione, allo stesso modo Carmen Consoli continua a insegnarci che si può rimanere fedeli a se stessi in qualsiasi contesto e dopo numerosi anni di splendida carriera.
Fotografie di Alessia Naccarato