Non ci sono dubbi. Con Notti Brave, il rischio è che Carlo Luigi Coraggio, in arte Carl Brave, si accaparri tutto lo spazio riservato alle classiche hit pop estive. Quelle che, puntuali con la prova costume e con le prime tintarelle, ti si ficcano in testa già nelle domeniche assolate al parco, approfittando del colpo di calore. E ti lasciano libero solo una volta che le foglie iniziano a cadere. Con sintetizzatori analogici e digitali e ritornelli che lasciano il rap sullo sfondo, infatti, il disco da solista, pubblicato per Universal Italia, è un reportage orecchiabile della quotidianità dei giovani di oggi. E sfruttando l’accento trasteverino e la cornice notturna della città eterna, narra una lotta alla sopravvivenza tra storie d’amore e problemi esistenziali – come chiedere la Coca e ritrovarsi una Pepsi – racchiudendo il tutto in tre parole: cotte, cazzeggio e social.
Quindici tracce di poesia metropolitana, “tra un orgasmo e un attacco di panico”, si srotolano in un flow unico, con ritmi e cori ripetuti e poco effetto sorpresa. L’acustico di Polaroid con Franco 126, l’altra metà della mela che ha reso noto il duo romano nella scena, si nasconde in tracce sonore piene. Ma il pezzo forte sono le collaborazioni: da Francesca Michielin a Coez, Fabri Fibra, Giorgio Poi, Gemitaiz, Frah Quintale, Pretty Solero, Emis Killa, Ugo Borghetti, Federica Abbate e proprio Franco 126, il lavoro è da solista solo formalmente. È un attimo per sentirsi in un simil Festival Bar in cui tutti gli artisti più in voga della scena calamitano l’attenzione sul palco dove, come un seratone che si rispetti, Brave da unico conduttore cambia l’abito ma resta il protagonista assoluto.
Un disco da giovane per i giovani, romani ma anche no, che centra le questioni importanti dell’età come l’ansia per i primi amori e la voglia di ribellarsi al mondo reale, rifugiandosi in quello virtuale. «E mentre il prof parlava dell’Ampere. Io stavo a casa col PC a chatta’ su Messenger», canta in Professorè. E continua tra goleador, dichiarazioni e rivisitazioni delle più classiche canzoni della storia italiana: «Se mi cerchi puoi trovarmi in una nota sul registro, un disegno a cazzo a un cesso». Ma se il brano d’apertura rende bene l’idea dei concetti, per chiarire la corsa alla hit ci pensa il blocco successivo, con Michielin e Fibra in Fotografia, Poi in Camel blu e Coez in Parco Gondar.
Tre pezzi che vedono gli artisti cambiare vesti, dal motivetto filtrante del duo pop-rap, al ritornello di Poi, perso tra i deja-vu: «Io che ho ancora voglia di fumare/Le Camel Blu alle sei non fanno male/E dai, rispondi adesso perché/Mi va di stare con te». Il clou si raggiunge con il pezzo con Coez, nella nostalgia delle vacanze, della giovinezza, di Totti, nelle ossimoriche debolezze della goliardia giovanile: «Quando m’hanno puntato una pistola/E il giorno dopo io l’ho detto a scuola/Ero tranquillo, forse solo scemo/A volte se mi sei vicino tremo».
Come negli altri lavori di Brave, la romanità si sente forte anche in forma di sprezzante denuncia: «La città della lupa è una tartaruga Invecchio in una ruga della metro B/Pare di sta sulla luna, Roma è tutta una buca». Un’appartenenza ombelicale che fa eco in tutti i brani. Ma sono quelli intimisti che spiazzano. Con Vita e l’inizio in piano e sax, Brave incarcera l’attenzione in un racconto intimista. Dal sapore biografico. «Se ti do tutta la mia vita/Giura che poi tu te la stringi al petto forte/E poi però/Me la riporti indietro con qualcosa in più, qualcosa in più». Sguardo intensamente personale che continua nella solitaria Noi e la rabbiosa Pianto Noisy, «Noi autodistruttivi kamikaze/T’ho preso tutto, ma non t’ho mai detto grazie/E ti prego di accorciare le distanze».
È chiaro che per l’introspezione di spazio in Notti Brave ce n’è, un po’ meno per il divertimento che torna nelle voci in coro, nei locali simili a puttan tour ricordati con Gemitaiz in Malibu, nella movimentata Chapeau con Frah Quintale, con Emis Killa in Bretelle. Ma è in La Cuenta che si espande l’anima generazionale, nel ritrovato matrimonio con Franco 126 e Federica Abbate, nel tepore di «una giornata timida che si è arrossita/Io resto al letto co’ ‘n filmetto streaming in sub ita».
Insomma, l’album, che di Polaroid eredita l’opportunità di avvicinare nomi importanti del panorama italiano e la voglia di restare al centro della scena, è da ascoltare tutto d’un fiato. In una macchina fighetta ma non troppo, con una birra in mano e con le teste che si muovono a ritmo. In compagnia solo della musica, su un ideale lungomare lungo 49 minuti e 53 secondi. Laziale sarebbe meglio perché, “Roma è più bella quando sto da solo”. E Carlo Luigi Coraggio ci ha creduto a tal punto da rischiare.