Il nuovo disco del Teatro degli Orrori (qui trovate la recensione) è uscito lo scorso 2 Ottobre, e la band ora si prepara a presentarlo con un tour che toccherà tutto il paese. Abbiamo fatto una chiacchierata con Pierpaolo Capovilla, il ”responsabile narrativo” del gruppo (come ci ha detto), e il discorso è andato a toccare un po’ tutto: i nuovi pezzi del disco, il tour in programma, e la resistenza curda. Del resto fare una domanda a Capovilla vuol dire aspettarsi in cambio qualsiasi effervescente dissertazione. Tra le altre cose ci ha promesso che i nuovi pezzi dal vivo saranno delle bombe.
1. Il vostro nuovo album ha un po’ diviso. C’è chi ha apprezzato un certo ritorno del suono alle origini, chi vede un distacco dalla direzione che stavate prendendo con Il Mondo Nuovo.
Di questo non mi è giunta voce, piuttosto Il Mondo Nuovo è stato considerato la svolta commerciale (anche se non so perché in tutta franchezza) del Teatro degli Orrori. Fu detto, per esempio, da soggetti più autorevoli di altri che si trattava di un disco furbo, accattivante, per accarezzare gli appetiti di un pubblico più ampio di quello che il TDO aveva. Ricordo bene alcune recensioni che parlavano di furbizia proprio nel momento in cui pubblicavamo un disco sulla figura del migrante, un disco a tema e anche impegnato che dal punto di vista poetico e narrativo secondo me è il nostro lavoro migliore di sempre. E in realtà il nuovo disco del TDO sta suscitando reazioni molto positive, non c’è unanimismo intorno ma è giusto così, però nella maggior parte dei casi sta suscitando entusiasmi piuttosto che critiche. Abbiamo scelto di fare un disco molto massimalista e radicale, decisamente vicino ai nostri esordi, ma nel senso che questo è un disco rock che ha una sua coerenza. Forse c’è meno ricerca e più sicurezza di sé.
2. Ho sentito che il gruppo ti ha chiesto espressamente una certa durezza nei testi, di risvegliare quasi dei cazzotti..
Sì, Cazzotti e Suppliche (ride, alludendo a un brano dal nuovo album). Sono stato spronato e indotto da loro a una narrazione più diretta, e ho cercato di seguire questo consiglio perché siamo una band. Io certo sono il responsabile narrativo del gruppo, l’elemento letterario dell’équipe, ma sono permeabile a critiche, suggerimenti, e quindi ho cercato un vocabolario più diretto e urbano, e un modo di esprimere i miei sentimenti nei confronti della società, della cultura e della politica più schietto che mai. È un disco molto franco.
3, In questo disco torni a Genova, anche se è passato più di un decennio. Come hai lavorato su questo immaginario sulla lunga distanza?
Non è la prima volta che scrivo canzoni sulla violenza poliziesca in Italia, sui fatti di Genova già mi esprimevo con gli One Dimensional Man, ho scritto almeno due canzoni, una si intitolava It Hurts, e un’altra invece A Just Boy, dedicata alla figura di Carlo Giuliani. Io sono uno dalla memoria lunga, e Genova non ha reso giustizia alle vittime, e lo trovo un avvenimento paradigmatico dal punto di vista politico di com’è cambiato il nostro paese, ma soprattutto c’è ancora oggi un problema durissimo di educazione democratica delle forze dell’ordine nel nostro paese. Ancora una volta abbiamo voluto precisare il nostro punto di vista sull’orrore di cui si macchiano le forze dell’ordine italiane. Andreotti diceva, ‘‘a dubitare delle buone intenzioni altrui si fa sempre peccato ma si indovina quasi sempre’‘. Ecco, c’è un problema di educazione ai valori democratici, si chiama fascismo strisciante, e noi lo abbiamo voluto denunciare una volta di più, ma anche sottolineare che ci vuole memoria in questo paese, che i fatti di Genova vanno ricordati perché non accadano più.
4. C’è anche una tua lettera al Pd nel disco, c’è qualcosa che vorresti aggiungere e non ha trovato spazio all’interno del brano?
Beh, il Partito Democratico, erede del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, è diventato nel giro di pochi mesi, una volta che un nuovo gruppo dirigente ne ha preso il possesso, ed è chiaro che mi riferisco a Matteo Renzi, un partito di destra conservatore, reazionario e iper-liberista, perfettamente indifferente ai valori della storia, della cultura e del progresso della sinistra. Negli ultimi anni c’è stata una perdita della bussola politica del partito, il partito è perso.
5. Credi qualcosa possa essere ricostruito in futuro?
No, ormai è stato distrutto, si può soltanto fondare un altro partito. Matteo Renzi si assumerà storicamente questa responsabilità.
6. Un brano molto interessante mi è parso Slint, anche perchè ha dei riferimenti importanti.
Beh, il primo riferimento importante è il gruppo che per noi è cruciale, per la nostra produzione artistica e culturale. Qui si torna a parlare di violenza, in questo caso la violenza del camice bianco, dietro il quale si nasconde nuovamente la violenza dello stato. Il TSO, il trattamento sanitario obbligatorio, è diventato un vero e proprio sequestro di persona organizzato, qualcosa di veramente allucinante sta accadendo nel paese. Anche in questo il disco aderisce alla campagna per l’abolizione della contenzione meccanica, faremo tutto quanto in grado per proporre a chi ci ascolta il problema del TSO e della contenzione meccanica. Sono i nuovi manicomi e si trovano in tutti i centri ospedalieri, si tratta di problemi grossissimi, di grande rilevanza e ne va della qualità della democrazia italiana. Vorremmo sensibilizzare quante persone più possibili su questi temi, anche perché sarebbe il caso di mobilitare dal basso una legge contro la tortura.
7. Nel libretto del disco compare la foto di una ragazza che è la protagonista di ”Una donna recita”. Come mai avete scelto proprio lei?
Abbiamo scelto di pubblicare solo la foto e non il pezzo della canzone perché a parlare vorremmo fosse la fotografia. Invito chiunque ad ascoltare la canzone osservando la foto di quella giovanissima ragazza. La foto l’ho trovata cercando in rete perché mi sto affezionando al tema del socialismo curdo, e ho scoperto il ruolo straordinario che hanno le donne curde nella resistenza contro lo Stato Islamico, e in generale contro tutti i nemici del popolo curdo, anche perché non li vuole nessuno questi curdi, socialisti, egualitari che credono che le donne debbano avere un ruolo cruciale nella vita sociale. Quindi ho cercato immagini di donne combattenti, e mi sono imbattuto in questa profuga yezita, sullo sfondo della foto c’è la sua mamma che tiene per mano la sorellina, regge un mitra fin troppo grande perché è davvero giovane, siamo in Iraq e stanno scappando dallo Stato Islamico. Questa fotografia parla di noi e della nostra indifferenza, ma ciò che davvero è sorprendente è la serenità dello sguardo di quella ragazza nel guardare l’obiettivo della macchina fotografica.
Quello che ho constatato è che del popolo curdo non frega un cazzo a nessuno. I curdi del Medio Oriente hanno un grande leader politico, si chiama Abdullah Öcalan, che fu anche ospite nel nostro paese ma poi fu allontanato dai nostri servizi segreti. Ha anche subito l’arresto in Turchia, ed l’unico detenuto dell’isola-prigione di İmralı. Ovviamente l’Italia ora gli ha concesso lo stato di rifugiato ma è troppo tardi. E’ una grande figuraccia quella che abbiamo fatto nei confronti di questo leader politico e nei confronti del popolo curdo, perché Öcalan è un leader amato e riconosciuto, e nella sua teoria politica non c’è lo stato. Lui crede, e io con lui, che fare una rivoluzione politica per avere nuovamente uno stato, e reiterare di nuovo i principi di prevaricazione del capitalismo sarebbe inutile. Quindi niente stato, piuttosto una confederazione unita e di comunità indipendenti tra loro, nel segno della democrazia comunitaria. I curdi in questo momento sono un esempio di come si possa interpretare questo momento storico in maniera rivoluzionaria e socialista.
8. Bene. E tu come lo vedi questo mondo nuovo?
Ti risponderò con Majakovskij: ‘‘Credo nella grandezza del cuore umano’‘, quindi sono ottimista e fiducioso che il mondo sappia diventare diverso. Un mondo più bello, più giusto e più uguale sicuramente è possibile. Un mondo più ingiusto ancora, e prevaricatore e violento, è molto probabile.
9. E in questo disco ci sta questo messaggio di speranza?
Sono sicurissimo di sì. Questo è il disco più scuro, feroce e disperato che abbiamo mai pubblicato, ma come diceva Pasolini ”non c’è mai disperazione senza una luce di speranza”, e io credo che questa speranza sia visibile. Lo è soprattutto nella rabbia che c’è, c’è così tanta rabbia rock che ti viene veramente voglia di fare qualcosa. E’ un risuscitare, è un invito al rinascimento.
10. Cosa ci dobbiamo aspettare quindi da questo tour, si sentirà tutta questa botta adrenalica di cui parli?
Guarda, in questo momento stiamo provando a Cuneo, ci stiamo lavorando su. Siamo tutti molto galvanizzati da quello che sta accadendo perché i pezzi nuovi hanno un suono decisamente più puntuale del solito, un suono molto netto e forte, veramente una bomba. Credo che i concerti saranno delle bombe.