Californian Soil | La primavera dei London Grammar

Quattro anni fa, mentre prendevo un treno che mi avrebbe condotto verso la meta di uno dei tanti weekend trascorsi fuori casa, non avrei mai pensato che un giorno non troppo lontano decidere di partire per posti vicini o distanti sarebbe diventato complicato come è effettivamente oggi.
Quattro anni fa, mentre guardavo fuori dal finestrino il sole che si tuffava nelle acque scintillanti di un lago prealpino, non avrei mai pensato di rimpiangere l’ascolto di un disco che definivo sinteticamente come “splendore di plastica”.

La verità è che nell’ultimo anno il sovraccarico di informazioni legate alla pandemia e alla lotta contro il coronavirus mi ha portato a cambiare non so quante volte idea su cose che prima reputavo superflue e di poco conto. Quando sentivo l’ansia bussare alla mia porta, la voce di Hannah Reid dei London Grammar era una delle poche capaci di farmi tornare a respirare regolarmente. Ho deciso che quindi valeva la pena dare una seconda chance anche a Truth Is A Beautiful Thing, l’album associato a un banale quanto prezioso momento di libertà. Non me ne sono pentita.

E se negli ultimi 365 giorni ho imparato ad apprezzare maggiormente le piccole cose lo devo proprio ai London Grammar e in particolare ad Hannah Reid che in occasione dell’uscita di Californian Soil ha raccontato ai giornalisti di diverse testate britanniche e americane le difficoltà riscontrate da una donna all’interno dell’industria musicale. Non basta essere la cantante di una delle band più acclamate degli ultimi anni per apparire come una professionista agli occhi dei colleghi maschi. In quest’ambiente, così come in tanti altri (anche i più insospettabili), i casi di misoginia sono ancora all’ordine del giorno.

Per la prima volta sulla copertina del terzo album dei London Grammar Hannah Reid è sola, seduta su una piccola isola, circondata da nuvole minacciose. Una metafora di questo tempo che impone a tutti distanze sociali, ma anche rappresentazione visiva di una lotta, portata avanti da Reid e sostenuta dai suoi compagni di squadra Dominic Major e Dan Rothman, contro la discriminazione di genere in un settore come quello musicale che dovrebbe dare per primo il buon esempio.

Le dodici canzoni di Californian Soil affrontano temi che appartengono soprattutto alla sfera privata, ma che toccano anche quella pubblica. Le emozioni sono presenti nel DNA umano e rappresentano il motore di ogni azione. Il desiderio di raccontarsi senza filtri, a cuore aperto, ha portato alla realizzazione di un disco contemporaneo in ogni sua sfaccettatura. Con l’anticipazione dei singoli Baby It’s You, Californian Soil e Lose Your Head ritroviamo ancora le atmosfere eteree che caratterizzano l’intera produzione dei London Grammar, ma anche qualche novità. 

Grazie al prezioso contributo di Steve Mac e di George Fitzgerald in qualità di produttori, sono state introdotte nuove interessanti sezioni ritmiche che hanno dato vita a ritornelli che entrano subito in testa come quello di Lose Your Head, una traccia malinconica sul controllo nelle relazioni, che si lascia ascoltare a ripetizione. Bastano pochi minuti dopo aver schiacciato play per capire di essere entrati in un vortice. How Does It Feel, Call Your Friends, I Need The Night e America sono i brani più interessanti della raccolta che mescolano ricordi e speranze.

Californian Soil non è il disco definitivo dei London Grammar e probabilmente non è il migliore di una carriera costellata da enormi successi. L’attitudine pop e i beat che si ripetono canzone dopo canzone possono infatti essere armi a doppio taglio. Se a un primo impatto la percezione è positiva, a lungo andare rimane soltanto un senso di vuoto. Potremmo leggerci la fine di un’era, immaginando il crepuscolo che tende a un nuovo giorno ancora tutto da vivere. D’altronde qualche riga fa scrivevo proprio di quanto fosse facile cambiare idea, a maggior ragione in un periodo storico come questo in cui l’incertezza travolge ogni sicurezza. Questo disco è una cartolina sbiadita che racconta il passaggio verso una vita più consapevole, dove passato e futuro si incontrano in un presente austero. In questo crocevia qualcosa si muove, ci vuole solo pazienza.


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