Il sound dei Brothers In Law al Lanificio 25 di Napoli

Tutte le foto del live sono di Michela Sellitto 

Piove su Napoli. Una pioggerellina intensa e costante copre il parabrezza di piccole goccioline che moltiplicano le luci della città. Volontari portano cibo caldo ai barboni sotto la galleria che è di fronte al Museo Archeologico, porta d’accesso al centro storico dei caffè arabi, dei bar, delle pizzerie, dei negozi di strumenti musicali, del conservatorio, delle piazze dove restare per strada d’estate come d’inverno a bere una birra, a fare due chiacchiere, a cercare nelle facce intorno a te quelle che hanno il tuo stesso sguardo, che nella vita amano le stesse cose, che della vita hanno la tua stessa idea.

Stasera andiamo in direzione opposta, verso la Ferrovia, verso Forcella, verso l’altra faccia del centro storico, meno frequentato ma se possibile ancora più ricco di storia: la trecentesca e bellissima Chiesa di San Giovanni a Carbonara, a pochi passi da qui il museo d’arte contemporanea MADRE, poco più giù, subito prima di Porta Capuana, la Chiesa di Santa Caterina a Formiello. Ed è proprio nel complesso architettonico pertinente all’insula quattrocentesca, chiostro dell’omonima chiesa, trasformata nel corso del XVIII secolo in fabbrica di lana che sorge il Lanificio 25. Mentre lasciamo l’auto, un parcheggiatore ci chiede cosa c’è stasera al Lanificio, anche la pancia popolare della città sa che con i suoi concerti, le sue mostre d’arte, le sue rassegne teatrali, il Lanificio 25 è diventato il centro culturale di un’area per troppo tempo lasciata abbandonata a se stessa. Varcare il portone, camminare sui basalti antichi, farsi guidare da una luce nel buio di una delle tante corti che si celano dietro le facciate dei palazzi antichi, è uno dei migliori biglietti da visita che un locale possa mai offrire.

Lanificio, Napoli @Fiore S. Barbato

Qui, in quella che è, di fatto, un’area di archeologia industriale, in una magnifica cornice architettonica, tra volte e vecchi portoni e un arredamento mai invasivo che non tradisce la vocazione del luogo come lo splendido bancone del bar completamente in legno, tornano a suonare, per presentare il loro secondo disco, i Brothers in Law, quartetto marchigiano che vede Giacomo Stolzini alla voce e chitarra, Nicola Lampredi (anche nel progetto Be Forest) all’altra chitarra, Andrea Guagneli alla batteria e Lorenzo Musto al basso. A tre anni dal precedente Hard Times For Dreamers il nuovo lavoro, Raise, s’inserisce nel solco precedentemente tracciato arricchendosi non solo di un nuovo componente (Musto) ma mostrando naturali, quanto non scontati, segni di maturità nella capacità di dare una propria cifra stilistica a un progetto che, rifacendosi al passato, è in grado di tenere insieme shoegaze e dreampop, squarci di leggerezza jingle-jangle e momenti che si rifanno alla darkwave.

@ Michela Sellitto

Un’ora di concerto che ci consegna brani dei primi due dischi e che si apre e si chiude con l’ultimo Raise (invertendo, curiosamente, proprio l’apertura e la chiusura del disco) attraversando la ricchezza timbrica di Through The Mirror (forse la cosa migliore prodotta dai quattro finora), la marzialità asciutta alla Joy Division di Lose Control, la tenerezza di Childhood, l’invito a cogliere l’attimo di Life Burns.

Se la batteria di Guagneli tiene il ritmo dando profondità al suono è anche vero che in certi momenti si avverte una certa omogeneità che, stante la brevità dei pezzi, rischia un effetto di ripetizione e d’istantaneo déjà-vu. Allo stesso tempo è innegabile che tra dosi massicce di feedback e altrettanto di effetto fumo che li avvolge sul palco, i Brothers in Law hanno qualcosa di accattivante a cominciare da un sound che sicuramente gode di una certa esportabilità fuori dai nostri confini oltre alla capacità di portare in scena la stessa atmosfera dei due dischi con innata naturalezza e senza particolari intoppi.

@ Michela Sellitto

 

A fine serata, quando si accendono le luci e qualcuno si siede al piano verticale sotto il palco per intonare una versione particolarissima di Changes di Bowie, ti viene da pensare che i ragazzi siano sulla buona strada in attesa proprio di quel cambiamento, quell’ulteriore passo in avanti che li attende alla prossima prova.

Scaletta:

  1. Intro
  2. Tear Apart (Leaves II)
  3. Through the Mirror
  4. All the Weight
  5. Lose Control
  6. A Magic
  7. Lite Burns
  8. (Shadow 2) Leave Me
  9. Childhood
  10. No More Tears
  11. Go Ahead
  12. Oh, Sweet Song
    Bis
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