Nel suo essere una città di paradossi, Bristol è anche una città di cose semplici – e saltando da una metro all’altra, da un quartiere all’altro, di Berlino, questo aspetto mi appare più chiaro che mai. Le etnie si mescolano più facilmente, gli alternativi sono meno pretenziosi, o se non altro ci sono meno posti in cui nascondersi, l’approccio alla vita è decisamente più lineare. Suscita poca sorpresa, quindi, scoprire che il festival cittadino più popolare, il grande evento che si aspetta con ansia tutto l’anno, l’abbiano chiamato Simple Things Festival. Un festival che cresce ogni anno un po’ di più, e che quest’anno è gemellato con Glasgow – a Bristol si è tenuto lo scorso fine settimana, a Glasgow arriva domani – una città che molti avvicinano a Bristol nello spirito e nel way of life, seppure se gli estremisti della bici abbiano una vita molto più facile sulle pianure scozzesi che arrampicandosi sulle colline di Clifton e Cotham. D’altra parte, se Bristol ha prodotto il Bristol Sound di Massive Attack, Tricky e Portishead, Glasgow ha sfornato Belle and Sebastian, Franz Ferdinand, Primal Scream e Mogwai. Altro scambio tra le due cittadine, quest’anno sono proprio i Mogwai gli header del Simple Things di Bristol, introdotto la sera precedente da un party inaugurale battezzato dai Caribou.
Trovandomi in questa occasione dalla parte sbagliata del canale, non posso che rosicare all’idea di perdermi questo cross-over, osservando le foto che mi postano i miei amici che si trovano ancora lì. In scaletta, quest’anno, ci sono almeno tre gruppi Bristol-based che meritano una menzione, e che stanno benissimo affiancati ai Mogwai headliners – che ovviamente, non abbisognano di alcuna presentazione.
Del primo gruppo, Scarlet Rascal, abbiamo già parlato qui.
Il secondo si chiama Thought Forms, gruppo post-rock piuttosto solido e talentuoso, e molto ispirato nella dimensione del live act e piuttosto popolare in città. Loro non ho mai avuto il piacere di sentirli a Bristol – se non nella formazione solista di uno dei loro chitarristi, in questa occasione – ma li ho incontrati, pure loro, al Green Man Festival di agosto. Certo è difficile dare patenti di originalità a un genere in cui ormai credo che solo i Mogwai – appunto – riescono a portare innovazioni, ma devo dire, anche dai loro numerosi dischi, che meritano ben più di un ascolto e sicuramente prima o poi torneremo a parlare di loro.
Ciò che potrebbe rendere la terza band di questa edizione particolarmente interessante dal punto di vista dei lettori (ce ne sono?) di questa rubrica, è il fatto che in questi giorni si trova in tour in Italia, e quindi potreste farvene un’idea da soli. Si tratta di The Fauns, quartetto shoegaze di grande impatto di cui è appena uscito il disco Lights, che ha ricevuto ottime critiche. Certo, ormai è diventato difficile anche suonare (nonché recensire) lo shoegaze rendendosi distinguibili tra centinaia di bands. Ma sarà forse la voce di Alison Garner, che viene dal dubstep bristolese e quindi suona più spessa e decisa delle tipiche vocalist associate a queste vibrazioni, aggiungendo un di più ai muri di chitarre riverberate piuttosto che dissolvervisi dentro, ma rendendosi anche duttile a seconda delle sonorità a cui si appoggia, sarà forse una certa abilità degli altri musicisti nel mescolare i suoni e i ritmi in modo piuttosto personale, questi Fauns mi sembra che possano meritevolmente ritagliarsi uno spazio in una scena così affollata. I Fauns meritano doppiamente di apparire in questa rubrica, poi, perché artefici di un vero e proprio cross-over, riportandoci alla mente i tempi in cui Robert Del Naja faceva ininterrottamente spola avanti e indietro tra Bristol e Napoli. Dopo la performance a Bristol di sabato scorso, infatti, porteranno di nuovo un po’ di Bristol a Napoli, il 5 novembre, al mitico George Best, posto a cui sono rimasto molto affezionato e in cui faccio sempre un salto quando mi capita di rientrare nella mia città d’origine.
Eccovi il calendario completo delle date italiane:
Firenze, Tender Club, 1 novembre
San Gemini, Degustazioni musicali, 4 novembre
Napoli, George Best, 5 novembre
Castel Fidardo, On Stage, 6 novembre
San Salvo Marina, Beat Cafe, 7 novembre
Brescia, Galeter, 8 novembre
La necessità di mensione diventa addirittura tripla, personalmente, perché i Fauns verranno in tour anche qui a Berlino a dicembre. Questo perfetto ponte Bristol-Napoli-Berlino mi aiuta a trovare una giustificazione superiore allo spostamento del sottoscritto, visto che oltre ai Mogwai, pure Thurston Moore, ex Sonic Youth, ha deciso di abbandonarmi, suonando al The Fleece di Bristol il 7 novembre – bristolesi, non perdetevelo – ma snobbando qualsiasi possibile uscita nella capitale tedesca (pur esibendosi praticamente in tutte le altre città intorno).
Per mantenere vivo lo spirito live di questa rubrica e della sua momentanea collocazione berlinese, ma soprattutto per contenere il rosicamento del Simple Things, sabato scorso io invece mi sono recato bel bello al T Berlin, un minuscolo baretto famoso per i cocktails a base di the, con pareti in cemento nudo e un basement adibito a live stages a cui si accede attraverso una scaletta pericolossisima, soprattutto se si è ubriachi. Qui, tra Thempelof, vicino all’aeroporto smantellato che è diventato un parco hippies e per sport estremi, e la Neuköln tanto amata da David Bowie, ho ripreso la mia esplorazione dei suoni in trasferta dalle British Isles. Dopo Galles e Scozia, non potevamo farci mancare l’Irlanda, messa in musica dalle ballate di Elder Roche, cantautore dublinese folk molto interessante e profondo, per fortuna esente dai suoni celtici e piuttosto vicino invece ai songwriter statunitensi, un po’ Tom Waits, un po’ Nick Cave. Insieme a lui, il simpatico, enorme, rosso e riccioluto David Hope, proveniente invece da un villaggetto della sponda ovest. Due live molti intimi e intensi, più per le capacità del locale – che mi ha ricordato i localini strettissimi della scena musicale napoletana, tipo proprio il George Best menzionato poco sopra – che per l’afflusso di pubblico, accorso in numero ben superiore alla disponibilità di spazi.
Insomma, anche Berlino a sorpresa riesce a rivelarsi una città di cose semplici. Ci vuole solo un po’ di tempo per imparare a cercarle bene.