Quello di ieri notte è stato uno dei passi, sul piano politico, probabilmente più destabilizzanti e vicini a noi a cui abbiamo assistito. Soprattutto nel trasformare certe idee minoritarie in un incubo a livello economico e sociale, e che certo non potranno che avere conseguenze poco prevedibili sul lungo e breve termine. Dure sono state le reazioni del mondo della cultura e della musica, Damon Albarn da Glastonbury si è preso uno spazio che prima aveva lasciato alle proprie canzoni, sino alle diverse e colorite reazioni di altri artisti sui propri social. I britannici rimangono soli, nella loro isoletta, ma anche noi, in un nuovo medioevo e a pagare saranno tutti, come sempre. I figli abbandonati dai loro genitori, la generazione Erasmus e chi si faceva i sogni di gloria al di là della Manica, perché là, pensavamo, c’era tutto quello che ci mancava. E, invece, abbiamo trovato le stesse cose da cui avremmo voluto fuggire. Brexit è solo una brutta parola per dirsi addio.
— Glastonbury Festival (@GlastoFest) 24 giugno 2016
#1 Lonely Press Play – Damon Albarn
Arrhythmia, accepting that you live
With uncertainty
If you’re lonely, press play
Questo, forse ti servirà.
#2 Baby Britain – Elliott Smith
Così fiera e potente, ma in fondo così piccola.
#3 In the Dark Places – Pj Harvey
Puoi amare un paese fino a dedicargli tutta la tua poesia, ma questo inevitabilmente potrebbe lasciarti negli stessi posti bui in cui cercavi il significato di ‘casa’.
#4 Take Me Somewhere Nice – Mogwai
Perché ne abbiamo bisogno di quell’ultimo residuo in cui continuare a credere. Anche per noi.
#5 Your Mother Should Know – The Beatles
E quando ti chiederanno il perché sia successo tutto questo, non basterà parlare di ignoranza e facili populismi, perché le responsabilità sono già troppo chiare.