Siamo roventi come un van abbandonato nel deserto del Mojave quest’estate, ed è tutta colpa del caldo. Ma anche la musica contribuisce a riscaldare la nostra temperatura corporea, con tutto il ritmo frenetico delle nuove uscite di album (al solito poi, concentrate il venerdì). Grazie al breviario proviamo a tenere il passo con i nuovi album, e qui passiamo in rassegna alcuni dischi usciti a Giugno. Dal nuovo di Dan Auerbach in solo ai London Grammar, dal ritorno dei Ride al gradito disco dei Big Thief, con un salto verso l’indie pop in salsa The Drums. In appendice questo mese trovate anche due recuperoni. Buon ascolto, buona estate!
DAN AUERBACH – WAITING ON A SONG
Easy Eye Sound, 2 Giugno
alternative indie pop
Dan Auerbach sembra essere arrivato a quel punto della carriera in cui può fare un po’ come gli pare. Ricalcando in un certo qual modo ciò che fece anche Jack White, seppur non con la stessa urgenza espressiva e capacità di reinventarsi, almeno secondo il sottoscritto. Ha messo in pausa i Black Keys, cominciato a suonare da solo in modo un po’ disordinato, per poi fondare un gruppo di musica molto piacevole, seppur non folgorante, i The Arcs. Senza dimenticare una carriera da produttore di assoluto valore e livello. Arriviamo quindi al debutto ufficiale da solista, questo Waiting On A Song che già dalla copertina ci fa capire benissimo cosa aspettarci dal contenuto; un folk-rock così tanto immerso negli anni ‘70 da risultare quasi alienante. Il problema è questo: sappiamo benissimo che Auerbach è un grande songwriter, uno dei migliori nel panorama americano degli anni ‘00, e sappiamo anche, grazie alla sua storia di produttore, che conosce benissimo il mondo musicale contemporaneo in tutte le sue sfumature. Proprio per questo forse, nonostante sia chiaro che l’album sia inteso come una sua personale lettera d’amore ad un periodo musicale che lo accompagna da sempre, il lavoro non riesce a convincere veramente. Perché nonostante la pretesa di naturalezza che “deve” accompagnare musica di questo tipo, si sente chiaramente un enorme sforzo sia per quanto riguarda la cura della produzione e dei suoni, sia per quanto riguarda la vera e propria scrittura. Il tutto per ricreare una decade musicale che, ovviamente, è impossibile da richiamare. Insomma nonostante il lavoro poi scorra piacevole e abbia della canzoni che sicuramente vi gireranno nello stereo mentre andate al mare in macchina quest’estate, rimane questa sensazione di fondo che ci fa chiedere perché utilizzare così tante energie per fare qualcosa del genere nel 2017, in un’operazione quasi grottesca, quasi alla Dottor Frankestein. (NON) SI PUÓ FARE! / Giulio Pecci
ESSENTIAL TRACK: Malibu Man
LONDON GRAMMAR – TRUTH IS A BEAUTIFUL THING
Metal & Dust – Ministry of Sound, 9 giugno
Dream pop
A quattro anni dal loro esordio, i London Grammar tornano sulle scene con un album che conferma lo stile inconfondibile che avevamo già potuto apprezzare in If You Wait. La voce di Hannah Reid diventa regina indiscussa delle diciotto tracce che compongono la maxi raccolta deluxe, ma l’impostazione è così rigorosa che sarebbe meglio definirla una colonna sonora. Truth Is A Beautiful Thing è un disco dalla forte componente emotiva, in cui è facile perdersi ad occhi aperti tra i paesaggi liquidi che si succedono rapidamente dal finestrino di un treno, culminando in apici compositivi come Non Believer e Bones of Ribbon. C’è, però, un rischio nell’ascoltare tutta questa bellezza, ossia sconfinare nell’asetticità, trasformando quei paesaggi da cartolina in dipinti a olio da guardare al di là di una transenna. D’altronde dietro un’impalcatura così solida ci sono due perfezionisti: Paul Epworth e Greg Kurstin, artefici del successo di Adele, Florence and the Machine e The Shins, solo per citarne alcuni. Quello che manca a questo disco, disciplinato da ballate sublimi come Oh Woman Oh Man e Hell To The Liars è osare e sperimentare, probabilmente uscire dagli schemi mentali del successo. La perfezione non è un reato, ma alla lunga stanca. SPLENDORE DI PLASTICA / ILARIA DEL BOCA
ESSENTIAL TRACK: Leave The War With Me
SUFJAN STEVENS, NICO MUHLY, BRYCE DESSNER, JAMES MCALISTER – PLANETARIUM
4AD, 9 Giugno
songwriting orchestrale
Metti insieme la voce e la classe di Sufjan Stevens, il pianoforte di Nico Muhly, la chitarra di uno dei gemelli Dessner dei National (cfr. Bryce), e il tocco elettronico di James McAlister: il supergruppo che ha dato vita a Planetarium è partito già sulla carta con le peggiori intenzioni, quelle di farvi cedere, di lasciarsi ascoltare e – perché no – provare a vedere cosa succede anche dal vivo quando quattro menti del genere si incontrano per un disco sperimentale che è pure garanzia di ottima musica. Verrete trascinati via su Jupiter, e sui pianeti che a turno affollano l’universo di Planetarium e la sua vocazione interplanetaria. L’influenza di Stevens si sente tutta, è lui che come un direttore d’orchestra orienta il sound del gruppo, naturalmente lasciando a tutti un ampio margine di libertà nel disegnare la soundtrack del proprio pianeta. E così Mars è un pianeta rosso immerso in una bambagia elettronica, su Pluto possiamo ascoltare il suono della chitarra, e Moon è un vero e proprio mondo vicino e distante. Un viaggio interstellare che finisce con il ritiro a casa, sulla Terra, e che promette scintille dal vivo nella dimensione orchestrale che è la vera anima di Planetarium. INTERSTELLAR OVERDRIVE / Giovanna Taverni
ESSENTIAL TRACK: Jupiter
BIG THIEF – CAPACITY
Saddle Creek, 9 Giugno
folk rock
La voce di Adrianne Lenker vi cullerà per tutte le 11 tracce di Capacity, sophomore album dei Big Thief da Brooklyn che è semplicemente uno dei più originali dischi di questa prima parte dell’anno. Definiti anche poeti del folk rock per la vena della Lenker di sussurrare storie, i Big Thief riescono a registrare un disco fresco e catartico, con colpi di classe come Shark Smile o Mythological Beauty. Una collezione di personaggi e sensibilità femminili che somiglia a una raccolta randagia votata al bel folk rock chitarre, batteria, basso. Del resto la stessa Lenker ha vissuto una giovinezza randagia in giro per il Midwest, e nel disco ritroverete queste storie e un songwriting a cuore aperto. Capacity è un album intimo, sincero e graffiante: ad ascoltarlo bene fa male, ma è quello di cui le vostre orecchie hanno bisogno quest’estate. POESIA FOLK ROCK / Giovanna Taverni
ESSENTIAL TRACK: Shark Smile
RIDE – WEATHER DIARIES
Wichita Recordings, 16 Giugno
dream pop / synth
Un bilancio di questa prima metà del 2017 porta alla luce un fenomeno che era si era chiaramente delineato già lo scorso anno: stiamo assistendo ad una massiccia riscoperta dei suoni che hanno caratterizzato la fine degli anni ’80 e i primi ’90, in particolare di generi seminali seppur fulminei, come il dream pop, il post rock e lo shoegaze. In questo filone “nostalgico” si collocano i Ride, ritornati, seguendo la scia dei redivivi Slowdive, e prima ancora My Bloody Valentine o Low solo per fare qualche nome, con l’album Weather Diaries dopo un silenzio discografico durato più di 20 anni. Weather Diaries è un lavoro ispirato, in cui la band non ha paura di allargare i propri orizzonti, trascendendo le sonorità tipiche della precedente produzione per spingersi verso un dream pop più melodico, a tratti sporcato di note garage. La dimensione sognante e il classico tappeto sonoro, lasciano spazio ad una forma canzone più definita, merito anche del lavoro di produzione di Erol Alkan che spinge sull’uso di synth. Il risultato finale è omogeneo, coerente con la discografia 90’s ma con i piedi ben saldi nel 2017. Un esempio di classe e di come si fa una reunion nel marasma di operazioni commerciali dell’ultimo periodo. MODERNARIATO ISPIRATO / Monica Bogliolo
ESSENTIAL TRACK: Charm Assault
COM TRUISE – ITERATION
Ghostly International, 16 Giugno
elettronica / synthwave
Giugno è stato anche il mese di Seth Haley aka Com Truise, che ha pubblicato il suo terzo album in studio a distanza di un solo anno dall’uscita dell’EP Silicon Tare. Con Iteration il dj americano sembra aver abbandonato totalmente quella breve parentesi electro-funk del lavoro precedente Decay tornando ad un sound molto più vicino alla synthwave del primo disco Galactic Melt, anche se ovviamente con diverse innovazioni e sperimentazioni: a differenza dell’album d’esordio, questo disco si contraddistingue per una costante alternanza di momenti veloci e ritmati uniti ad altri molto più pacati e dal retrogusto nostalgico (in modo particolare nel caso di Memory ed Ephemeron). La ragione di questa nuova veste più introspettiva del producer statunitense possiamo trovarla proprio in alcune sue recenti affermazioni: “It tells a story of longing, hope, anxiety and triumph”. NOSTALGICO / Mattia Fumarola
ESSENTIAL TRACK: Memory
THE DRUMS – ABYSMAL THOUGHTS
ANTI-Records, 16 Giugno
indie pop
Tra gli album più graditi di questo mese come non citare Abysmal Thoughts, il quarto disco della band newyorkese The Drums. Si tratta di un lavoro decisamente diverso dalla precedente sperimentazione Encylopedia (che non convinse più di tanto critica e pubblico) e molto più vicino al sound anni ‘80 dell’esordio omonimo The Drums. Possiamo parlare di un vero ritorno al passato, e infatti più andiamo avanti con le tracce più si notano progressivamente diverse influenze anche dal secondo amatissimo disco Portamento, soprattutto in brani dal retrogusto post punk come Bloom Under My Belt o Heart Basel (entrambi già usciti mesi fa come singoli); mentre sono evidenti gli elementi anni ’80 nello stile del loro esordio in altri pezzi come Under The Ice o la stessa Mirror (in cui a tratti sembra quasi di ascoltare gli Smiths). Tuttavia in un disco così vario ed eterogeneo, non manca neanche una certa voglia di sperimentare e provare cose nuove, è il caso della ruvida elettronica di Your Tenderness e della sensualità accattivante di Are You Fucked?. ETEROGENEO / Mattia Fumarola
ESSENTIAL TRACK: Blood Under My Bed
ALGIERS – THE UNDERSIDE OF POWER
Matador Records, 23 Giugno
punk / electro / soul
Prendete una visione piuttosto incazzata della storia politica degli ultimi 50 anni, in particolare la condizione dei neri, dal movimento delle Black Panthers al contemporaneo Black Lives Matter, fino ad arrivare al ritrovato razzismo di Trump. Shakerate suoni soul che si rifanno agli anni 60 della Motown, punk, dance, basi elettroniche e influenze gospel. Aggiungete la calda voce di Franklin James Fisher. Il risultato, che potrebbe suonare incredibilmente ambizioso quanto potenzialmente disastroso, è il marchio di fabbrica degli Algiers, la band di Atlanta che con solo due dischi ha già costruito un sound pienamente riconoscibile. Dopo l’album eponimo del 2015, tornano con The Underside of Power, che li conferma come delle novità più interessanti ed originali degli ultimi anni. La sostanza non si discosta troppo dal precedente lavoro, ma in qui le basi che i quattro avevano precedentemente gettato diventano fondamenta solide, in un lavoro che tocca picchi altissimi di pathos in pezzi come Cry of the Martyrs o Death March, ci fa ballare, ad esempio con la title track, o emozionare col piano di Mme Rieux. Si può ancora fare musica politicamente impegnata oggi, senza rischiare di diventare retorici? Algiers sono la risposta. POLITICAL SOUL / Monica Bogliolo
ESSENTIAL TRACK: Death March
FLOATING POINTS – REFLECTIONS, MOJAVE DESERT EP
Luaka Bop, 30 Giugno
electro post-rock
Chi non ha mai sognato di attraversare il deserto del Mojave in California? Floating Points ci accontenta con un viaggio sonoro proprio in quella parte di mondo, chiudete gli occhi, mettete su il suo ultimo EP, e provate questa traversata desertica e incantata, che alterna elettronica e post-rock (non c’è suono migliore per insonorizzare il paesaggio desertico del Mojave). L’EP nasce da una session di Sam Sheperd e la sua band nel cuore di questa parte di California, un EP che è stato anche immortalato in un cortometraggio di Anna Diaz Ortuño. Il nostro dottore in neuroscienze ha un’ambizione: musicare location nel mondo, riuscire a raccontarle attraverso la musica. E questa prima tappa nel deserto funziona. Che Floating Points sia uno dei progetti elettronici più interessanti e sperimentali poi non lo scopriamo oggi. DESERT SESSION / Giovanna Taverni
ESSENTIAL TRACK: Silurian Blue
PS di appendice: questo mese recuperiamo, in ritardo, anche un paio di dischi che ci eravamo perduti per strada. Ci perdonerete, no?
THUNDERCAT – DRUNK
Brainfeeder, 24 Febbraio
r&b / fusion
I giri di collaborazioni di cui è parte integrante, e soprattutto il suo modo di presentarsi e presentare la sua musica a volte ci fanno scordare la principale caratteristica di Thundercat, al secolo Stephen Bruner: è un assoluto virtuoso del suo strumento. A volte la sua capacità di songwriting prevale sulle sue abilità tecniche, così come il fatto che sappia anche cantare in modo meraviglioso ci distrae dal fatto che il manico del suo fidato basso Ibanez a sei corde sia un parco giochi per le sue manone, che può farci praticamente tutto quello che vuole con una facilità disarmante. Il suo ultimo album Drunk ha pezzi che riescono a farcelo ricordare, come Captain Stupido e soprattutto Uh Uh. Questo anche perché dei 17 brani che compongono il lavoro non sembrano essere molti quelli che si basano su un’urgenza espressiva, o che godono di attenzione particolare in fase di scrittura. Spesso il songwriting si attorciglia su sé stesso ed arrivare alla fine non è semplicissimo, anche per l’atmosfera ed i suoni incredibilmente ‘80s che se all’inizio sorprendono piacevolmente, alla lunga stancano un po’ e valorizzano solo in parte ospiti “monstre” come Kendrick Lamar (Walk On By) o Wiz Khalifa (Drink Dat). Drunk rimane un album di grande spessore, forse non quanto ci si aspettava e forse Thundercat ha mancato il primo appuntamento per consacrarsi definitivamente come uno dei migliori, ma ne avrà sicuramente altri. VIRTUOSO / Giulio Pecci
ESSENTIAL TRACK: Captain Stupido
JLIN – BLACK ORIGAMI
Planet Mu, 19 Maggio
elettronica
La fusione contemporanea di matematica ed elettronica non è proprio una casualità. Ce ne dà prova Floating Points, ce ne ha dato ampia dimostrazione Aphex Twin in passato. Il suono elettronico ha qualcosa che può ricordare la matematica, un po’ come i ritmi math dei Battles riescono a fare in chiave rock. Jerrilynn Patton aka Jlin, con Black Origami sembra rispolverare la sua vecchia passione per la matematica con un disco che al math sound deve tanto. Una title-track spettacolare rapisce subito l’attenzione e cattura con i suoi ritmi tribali, spezzati, dando un saggio di ciò che è footwork e di quanto le vibrazioni dance siano fondamentali nel ritmo di questa ramificazione elettronica. La stessa Enigma prosegue su questo stile, e butta via quest’aria fusion che attraversa l’intero Black Origami. E allora è proprio il caso di inserire il disco di Jlin tra gli ascolti consigliati di questa prima parte del 2017. ELETTRONICA TRIBALE / Giovanna Taverni
ESSENTIAL TRACK: Black Origami