In questi ultimi mesi sono venuti fuori alcuni dischi che avevamo mancato di raccontarvi, li recuperiamo grazie al nostro breviario: una rassegna sui nuovi album che ci aiuta a tenere il passo coi tempi, e tenere il ritmo degli ascolti con qualche novità che ci è piaciuta. Potete accompagnare l’estate con i nuovi album di: God Is An Astronaut, Brian Eno, Skee Mask, Courtney Barnett, Dj Koze, Jenny Hval, più un bonus album uscito lo scorso Marzo, quello dei Young Fathers. Godetevi l’ascolto.
God Is An Astronaut – Epitaph
Napalm Records, 27 Aprile
Queste sono le recensioni che non vorresti mai scrivere. Da un lato perché tragedie del genere non le auguri nemmeno al tuo peggior nemico, dall’altro perché la musica composta, pensata, prodotta nel contesto di un evento eccezionalmente traumatico ha sempre una strana, dolorosa magia che è allo stesso tempo estremamente complicata sia da raccontare che da ricreare. Spesso, qualunque sia il motivo — effettivo valore artistico, voglia di non sparare sulla Croce Rossa o semplice, pura empatia — contribuisce a dar vita a uno di quelli che poi saranno i conclamati capolavori della discografia dell’artista coinvolto. E va bene così: emozioni del genere, veicolate tramite canzoni, non possono che generare qualcosa di fuori dal tempo, che saremo costretti a celebrare in eterno. Epitaph, il commovente ottavo disco dei God Is An Astronaut, non si sottrae a questo canovaccio: scritto di getto a seguito della morte del cuginetto di otto anni dei gemelli Kinsella (chitarristi della band), va direttamente ad autoproclamarsi — per distacco — come il lavoro più oscuro della formazione irlandese, senza per questo mancare di offrire (talento, si chiama) spiragli di definitiva, quasi rassicurante bellezza. Come un pezzo di sole che torna a squarciare le nuvole quando il temporale ancora non è finito, l’album più crudo e vulnerabile dei GIAA riesce a essere allo contemporaneamente trionfante e malinconico, imponente e dolcissimo, a dimostrazione che — come spesso accade, nella vita — il peggio, se non ti ammazza, finisce per tirare fuori il meglio di te, anche se lo fa con le unghie sporche e strumenti non sterilizzati. È un gioco pericoloso, fatto al buio, senza paracadute: non un ascolto per chi sta già in un fosso per propri motivi personali. Se invece — in mezzo allo scoramento — vi è rimasta un briciolo di forza da raccogliere sul fondo del barile, il premio sarà uno degli album più sinceri ed evocativi dell’anno. DEVASTANTE / Simone Fiorucci
Essential Track: Winter Dusk / Awakening
Brian Eno – Music For Installations
Universal Music, 4 Maggio
Musica come esperienza, esperienza che non si limita a un aspetto che coinvolge l’orecchio ma che ci porta oltre, per un viaggio lungo (6CD/9LP), in cui l’ascoltatore abbandona il più puro limite dell’aspetto sonoro della musica, per abbracciare un’esperienza totale, in cui sono coinvolti più sensi. Sarà per questo che il titolo – Music For Installations – suggerisce un richiamo ad altri mondi, vasi comunicanti dell’esperienza umana: quello dell’arte visiva anzitutto, perché l’ambient music creata dal genio di Brian Eno ha sempre avuto la vocazione di coinvolgere ogni senso dell’essere umano e trascendere certi limiti. E allora Music For Installations potrebbe accompagnarvi durante una bellissima passeggiata tra installazioni artistiche, strizzando l’occhiolino a un paesaggio architettonico mutante, dal funzionalismo in stile Bauhaus all’action painting. Il progetto box-set di Brian Eno viene fuori come un linguaggio universale, e questa collezione diventa evocativa del percorso artistico di un maestro della musica. RELAX / Giovanna Taverni
Essential Track: Kazakhstan
Skee Mask – Compro
Ilian Tape, 15 maggio
Techno-prodigio, Bryan Müller esordisce nel mondo dell’elettronica e dei club non ancora maggiorenne. Dopo alcune produzione seminali, infatti, a soli 17 anni entra a far parte della scuderia della Boyz Noize Records sotto lo pseudonimo di SCNTST e da lì a poco fa il salto diventando una delle punte di diamante della Ilian Tape, questa volta dietro il nome di Skee Mask. Il cambio di etichetta e di moniker rispecchia una parallela evoluzione dal punto di vista musicale, con uno stacco netto dall’euforia originaria dei synth, a favore di un gusto più spiccato per il sound breakbeat. Con Compro, se possibile, il ragazzo bavarese cambia ancora una volta direzione, immergendo le mani senza remore nel campo dell’ambient, della IDM e della jungle, creando qualcosa di totalmente nuovo. Il disco ha una solida struttura composta da un continuo alternarsi tra parti più lente, scandite dai bassi sub-anthem, e sezioni ritmiche repentine, su cui si innestano, impreziosendole, batterie fluttuanti, morbidi pattern e raffinate melodie. Ogni momento emotivo dell’album è controbilanciato dall’eccellenza percussiva e dell’intrepida sfacciataggine con cui Müller plasma una materia che dovrebbe essere per lui inesplorata, con risultati stupefacenti. La strada imboccata è quella del superamento della techno, in un accenno di rivoluzione silenziosa che pare ormai essere alle porte. Il paragone con il genio della sperimentazione Aphex Twin, non suona azzardato. POLICROMO / Matteo Dalla Pietra
ESSENTIAL TRACK: Kozmic Flush
COURTNEY BARNETT – TELL ME HOW YOU REALLY FEEL
Milk!, 18 Maggio
Courtney Barnett vuole sapere come state. Per questo ha pubblicato un album che suona come una sessione di psicoterapia su chitarra elettrica, ideale per questi tempi dello Xanax. L’ansia e lo stress da burnout infatti sono temi centrali della maggior parte delle canzoni; in Hopefulessness, Need a Little Time e Help Your Self, è come se la musicista di Melbourne ci prendesse tra le braccia e con una mano sul capo ci dicesse: “è okay avere una brutta giornata / prenditi del tempo per te/hai troppe cose sul tuo piatto”. A livello musicale non c’è un’evoluzione significativa rispetto all’album d’esordio Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit (2015); i riferimenti sono sempre quelli, ovvero gruppi rock femministi come le Breeders, Sleater-Kinney e Nirvana, con una formazione molto scarna (chitarra-basso-batteria), coretti e assoli dopo i ritornelli. È una formula che evidentemente funziona ancora, quanto basta per farci superare una giornata difficile e dirci che, in fondo, va tutto bene. STARE BENE / Alessia Melchiorre
Essential track: Nameless, Faceless
Dj Koze – Knock Knock
Pampa Records, 18 Maggio
Elettronica e Germania continuano il loro idillio d’amore: Stefan Kozalla, a.k.a Dj Koze, torna a pubblicare un album a cinque anni di distanza dall’ultimo e sgancia un disco meraviglioso che vuole volare alto. L’elettronica di Dj Koze si allontana dal canonico caos del genere e si avvicina a quello della canzone con tanto di refrain, strofe e bridge. Il risultato del mélange del dj tedesco è un’elettronica che strizza l’occhio al folk e che si avvale di atmosfere oniriche e sognanti prodotte dalla fusione di elettronico e analogico (mirabile l’uso sapiente degli archi in Club der Ewigkeitn) per generare un coinvolgimento emotivo nell’ascoltatore che si trova ad ascoltare negli auricolari l’O.S.T. della propria vita. L’evidente obiettivo di Dj Koze di avvicinare l’elettronica alla canzone e alla sua immediatezza è resa esplicita dai featuring che impreziosiscono l’album, tra cui spicca quello di Justin Vernon dei Bon Iver, la cui voce è stata campionata in Bonfire. ELECTRO-FOLK / Gianmarco Giannelli
Essential Track: Bonfire
Jenny Hval – The Long Sleep EP
Sacred Bone Records, 18 Maggio
Ponte ideale che dovrebbe collegare l’album Blood Bitch del 2016 con il nuovo lavoro previsto in autunno, The Long Sleep è un EP di quattro brani che fin dai primi istanti dei suoi ventitré minuti disegna le nuove traiettorie musicali dell’artista norvegese. Ad accompagnarla stavolta alcuni musicisti jazz: il sassofonista Espen Reinertsen, il percussionista Kyrre Laastad e la pianista Anja Lauvdal. Sono loro a dipanare il tessuto sonoro su cui Jenny Hval costruisce questa sorta di riflessione onirica, come una sospensione del tempo e della ricerca del senso dentro un più ampio discorso psicanalitico che da sempre la contraddistingue e che in questo Lungo Sonno trova i toni delicati e avvolgenti di un jazz molto anni ottanta, capace di trasfigurarsi in un pop etereo e sognante, più libero e melodico rispetto al rigore concettuale e stilistico che aveva caratterizzato le ultime uscite della sua ormai lunga carriera. Se nella prima parte sono le note cristalline del piano della Lauvdal a fare da filo nascosto ai brani, i deragliamenti improvvisi, il clap hand e l’intervento di suoni meno convenzionali prendono quindi il sopravvento riportando il disco su terreni più impervi come nel lungo pezzo che dà il titolo all’EP. ONIRICO / Fabio Mastroserio
Essential Track: The dreamer is everyone in her dream
YOUNG FATHERS – COCOA SUGAR
Ninja Tune, 9 Marzo
Una cosa chiara, da qualche anno a questa parte, è che il concetto di “genere” sta prendendo confini sempre più labili, e non mi riferisco alla cultura gender, ma alla musica. Sulla loro pagina di Wikipedia, gli Young Fathers sono definiti “gruppo alternative rap”, ma fin da un primo ascolto è chiaro quanto questa definizione, come spesso succede con le etichette, sia imprecisa ed incompleta. Cocoa Sugar è il terzo album in studio del trio britannico, nonché la più musicalmente matura delle loro prove. La copertina, che ricorda l’estetica anni ’80 di Grace Jones – ma è al contempo incredibilmente attuale, è uno spoiler non indifferente della fusion che ci aspetta lungo questo viaggio di 12 tracce. Di rap, o hip-hop, rimane giusto uno scheletro nelle ritmiche del cantato, mentre le contaminazioni sono molteplici, a partire dal massiccio uso di cori di ispirazione smaccatamente gospel. Ma ancora, funky, drum’n bass, r’n’b …una fusione di suoni che pur arrivando da un passato (non troppo lontano tuttavia) crea un mix perfettamente bilanciato e contemporaneo. Se è innegabile che l’evoluzione del rap passa anche attraverso i territori della melodia, è altrettanto vero che gli Young Fathers fanno a pieno titolo parte di questo nuovo che avanza. FUSION / Monica Bogliolo
Essential Track: WOW