Bosco è la nuova raccolta di raccolti di Antonio Vangone, in libreria dal 24 maggio per déclic, la casa editrice di Carlo Sperduti che va alla ricerca di opere ibride, sperimentali, devianti, inclassificabili. I racconti di Vangone sono brevi storie sperimentali. Il bosco è un margine, un territorio di confine narrativo dove si incrociano ragazzi dorati, haiku robotici, cronache dalle lune di Giove, duellanti di nuova generazione, suore che scavano sotterranei. Mondi insoliti, divertissement e passaggi patafisici per cogliere brevi epifanie della lingua. Dopo la pubblicazione di Attribuzioni (pièdimosca, 2023), Vangone torna con una nuova raccolta di storie brevi da consumare a sorsi.
Leggiamo in anteprima un racconto dalla raccolta: Condominio “Parco dei pini”.
Condominio “Parco dei pini”
Rincasando una notte tarda di compagnia divertimenti piaceri, infilata la chiave piatta nel portoncino piano per non fare rumore, passerai di fronte al gabbiotto di vetro e legno scuro e vedrai il portiere dormire accasciato sulla sua sedia ergonomica, dorme mentre ti saluta e ti presenta un pacco arrivato nel primo pomeriggio; dorme anche il personale dell’impresa di pulizie mentre alacre spazza sfrega lucida i marmi a parete e degli archi e dei davanzali a mezzo piano, gli occhi chiusi attenti alle macchie d’acqua e alle gocce di sangue scuro lasciate cadere dalla macellaia nei suoi traffici di carta oleata verdina.
Salendo le scale abbaieranno al tuo passaggio i maltesi della guardia giurata al primo piano, con i piedi trattiene gli animali, addormentati anche loro guaendo invadono il pianerottolo fino al richiamo del padrone addormentato che se li chiude alle spalle e ti passa di fianco agile nella sua uniforme scura, i folti baffi bianchi e la testa quadrata che dondola in un cenno di saluto; l’anziana giocattolaia sarà invece ferma addormentata a riprendere fiato lungo i gradini, come sempre priva della gaiezza necessaria alla sua professione e di un bastone che pure tanto le servirebbe; fortuna che sua nipote, già con il vassoio smaltato sulla mano e tre bicchierini di carta vuoti, addormentata si assicura che la nonna arrivi a vendere le sue casette di plastica variopinta le bambole i peluche i robottini ballerini che vanno tanto di moda, mentre attende il primo caffè.
Tenendo sottobraccio il giornale ormai di ieri, dormendo il geometra Di Vito nel suo cappotto nocciola ti ricorderà bonario le quote condominiali di questo mese e del mese scorso, le palpebre chiuse dietro le spesse lenti concave a farsi minuscole come foto alla luna; all’ombra dei suoi mocassini si alterneranno le note incerte di un allievo di pianoforte e quelle rigorose del maestro suo fratello.
Ti sorriderà la signora Francesca, la sarta, addormentata sulla poltrona di vimini che sempre lascia sul ballatoio per cucire lontana dal frastuono dei suoi sei figli e dei loro dieci figli; non ti sorriderà l’infermiere Esposito addormentato, la borsa medica in spalla da cui le mani leggere estrarranno l’iniezione giornaliera per zia Ondina che non è davvero tua zia, che addormentata dietro la porta già trema aspettando l’ago, le pentole sul fuoco spento, stracci umidi di detersivi sottomarca nei secchi asciutti.
Dormiranno anche il professore e i suoi figli, uno per mano, fermi sull’uscio di una casa tutta cera e preghiere, addormentati e già pronti per andare a scuola, chi a dare e chi a ricevere; trovandoli così sereni faticherai a riconoscere in loro le voci di sotto, le urla i pianti le minacce che si sollevano la domenica quando è ora di andare a messa, il pomeriggio quando è ora di fare i compiti, la sera quando si deve andare a letto.
Dormiranno le persone che non conosci e non saluti e non ti salutano; a casa dormirai anche tu. La mattina non saprete come passare la giornata e ancora sognerete di non dover fare.