Per il terzo e ultimo appuntamento targato Africa Now, siamo tornati alle Officine Grandi Riparazioni di Torino speranzosi di concludere in bellezza una rassegna che ci ha messo davanti agli occhi (e alle orecchie) alcuni dei più interessanti esponenti della musica africana. L’evento conclusivo del festival ha visto alternarsi sul palco Adriano Viterbini e Bombino. Il live di Viterbini è stato meraviglioso e valeva da solo il prezzo del biglietto. In duo assieme al polistrumentista e cantante cubano Jose Ramon Caraballo Armas (che avevamo già visto in Italia nella Bandabardò e con Daniele Silvestri e Niccolò Fabi), il chitarrista ha incarnato a pieno il senso della rassegna delle Ogr che, oltre a focalizzarsi sul tema della musica proveniente dall’altra parte del Mediterraneo, aveva anche come obiettivo sensibile quello di far emergere tutto il legame che sussiste tra la musica e le origini di chi la fa. Viterbini e Ramon hanno messo sul palco tutto ciò che sono bilanciando il blues sempre attento alle influenze della world music con il son cubano e il bolero dell’arcipelago caraibico.
La classe sopraffina di Viterbini, il cui studio della chitarra sta facendo sì che possa essere annoverato tra i migliori musicisti del nostro Paese, rendeva possibile il passaggio da un blues à la Jimi Hendrix a un rock più ruvido a firma Jack White. Il suo stile non è mai sembrato in difficoltà dinanzi alla scaletta ma, anzi, trovava spazio nella ritmica creata dal cubano e nella selezione di classici della musica di Cuba: non solo con i Buena Vista Social Club di Compay Segundo, ricordati con l’intramontabile Chan Chan, ma anche con una selezione di brani della musica popolare. Mentre Viterbini metteva in mostra tutte le potenzialità della sei corde, Ramon suonava la batteria, le percussioni, la tromba e cantava. Uno show breve ma intenso, intimo e coinvolgente che ha stupito gli spettatori strabiliati dal fatto che tanta qualità musicale fosse solo l’apertura al live, al punto da spingere i due a una sorta di bis invocato dal pubblico a suon di applausi e grida. Non sono poi così tante le volte in cui viene richiesto un bis al “gruppo spalla”.
Il crescendo, però, è stato innegabile quando sul palco è salito Bombino assieme al suo gruppo. Il chitarrista del deserto ha messo subito in mostra le sue capacità, sciorinando note e accordi inumani per introdurre Oulhin (My Heart Burns) accompagnato dal suo trascinante batterista e dalle 5 fluorescenti corde del bassista. Il concerto, che ha alternato brani dell’ultimo album del Tuareg, Deran, ai suoi vecchi classici come Timtar (Memories), è stato sorprendente, tra le altre, per due ragioni in particolare. Da una parte, una considerazione tecnica sull’abilità di Bombino di suonare la sua chitarra e di far sembrare un suo assolo il risultato di un’orchestra. La sua varietà tecnica che passa dall’arpeggio delicato allo slap (perché, sì, Bombino è uno di quei chitarristi che slappa sulle sottili sei corde) con una naturalezza da gesto quotidiano e con la velocità di una Ferrari su pista libera, rende le sue possibilità espressive infinite pur mantenendosi saldo all’armonia e, soprattutto, allo spirito del pezzo. Non ci sono limiti a ciò che Bombino può fare quando imbraccia la chitarra. La sua capacità rara, fino a sfiorare l’unicità, di suonare senza plettro, fa sì che il finger picking trasformi la sua mano in una tarantola che danza sul manico come in una sorta di rito di corteggiamento. La mano destra di Bombino si contorce, si piega, si adatta malleabile alle note e alla melodia che il suo proprietario ha in quel momento nella testa. Bombino era davvero in stato di grazia, complice probabilmente la presenza di sua moglie giunta dal Niger il giorno stesso per assistere al concerto del suo compagno. Il tutto è reso ancora più sorprendente dalla capacità di Bombino di suonare tutto questo mentre è impegnato egli stesso in una danza che lo fa essere padrone del palco con il suo continuo saltellare come se fosse stato morso dalla sua stessa mano.
E questo ci porta al secondo aspetto che ha reso formidabile il live: il Bombino showman. Un chitarrista africano che canta nella lingua della sua comunità nomade, il Tamasheq, mentre suona il rock del deserto. Tutto questo ci potrebbe far pensare a una difficile possibilità mimetica da parte del pubblico che dovrebbe limitarsi ad apprezzare il livello dei virtuosismi di Bombino. Ma nulla potrebbe definire in maniera più sbagliata ciò che si è visto alle Ogr. Il pubblico, composto da gente di ogni età possibile (dai giovanissimi liceali agli esausti anziani seduti per terra e appoggiati con la schiena alle colonne della grande sala) è stato preso sin dai primi istanti nella tempesta di sabbia scatenata dagli assoli di Bombino. Vittime di una melodia meravigliosa e catturati dai movimenti del chitarrista nomade che non potevano non replicare. Il rock non è mai stato così ballabile; un pubblico che, in base alle proprie possibilità, oscillava o si dimenava al ritmo della batteria. Una folla che batteva le mani, costituendo la base ritmica dei pezzi e che cantava versi di brani, trascinati (bisogna dirlo) dal carismatico bassista. Uno spettacolo meraviglioso che ha evidenziato l’universale possibilità espressiva della musica e come le origini, per quanto lontane, non significhino mai estraneità ma vivo coinvolgimento. Un ballo frenetico che è andato oltre ogni diversità. Quella a cui abbiamo assistito alle Ogr è stata una piccola rivoluzione, di quelle che sarebbero piaciute anche a Guy Fawkes.
L’apice del live è stato probabilmente raggiunto quando Viterbini è stato invitato dal bassista a unirsi alla festa musicale che si stava consumando sul palco. Il momento è stato toccante quanto collaudato, visto che il chitarrista nostrano aveva suonato con Bombino nel 2014 durante i live del tour promozionale di Nomad. Dopo un timido accompagnamento iniziale, Viterbini ha preso coraggio e, alla fine del solo di Bombino, ha dato vita a uno scambio divertente e magistralmente interpretato di frasi alla chitarra. Una sorta di guitar battle sulle note di Imajghane (The Tuareg People) che ha lasciato tutti stupefatti.
Il sorriso di Bombino mentre suonava, l’instancabile sezione ritmica e la carica trasmessa a tutto il pubblico hanno reso davvero inarrivabile la serata alle Ogr, e noi non possiamo far altro che consigliarvi di sentire almeno una volta nella vita un live del chitarrista con la sciarpa di seta bianca.
Fotografie di Alessia Naccarato