La celeberrima Boiler Room è arrivata in città, nella nostra amata Bologna, grazie alla collaborazione con lo staff di roBOt festival.
Ho atteso più di qualche giorno, complici anche delle ingombranti vacanze pasquali, per raccontarvi a mente fredda e lucida una delle serate più attese e chiacchierate di quest’anno.
Abbiamo avuto il piacere di prendere parte ad un evento che difficilmente chi ha partecipato dimenticherà. Proverò ad analizzare ogni aspetto, cercando di offrirvi gli elementi per trarre un bilancio e magari farvi pentire di non aver comprato il biglietto.
Il format
Per chi non lo sapesse, Boiler Room è un marchio molto noto nel mondo dell’elettronica: si tratta di una serie di concerti o DJ set suonati davanti ad un numero limitato di persone (a seconda del sito ospitante) e trasmessi gratuitamente in streaming. Dal 2010 fa ballare tantissimi appassionati del genere in tutto il globo, ed è stata fondata dal britannico Blaise Bellville, il quale ha iniziato a filmarsi durante alcuni suoi live set, nella sala caldaie di un magazzino londinese che stava cercando di trasformare in uno studio di registrazione. La situazione gli è sfuggita un po’ di mano ed ora esporta questo format un po’ in tutto il mondo, accogliendo centinaia di migliaia di persone alle serate-evento e collezionando decine di milioni di views su Youtube grazie agli streaming.
Si tratta della situazione ideale per tutti coloro che vogliono ascoltare musica di altissimo livello, ballare e divertirsi. Si può stare sia davanti che dietro la consolle, il che rende la serata più intima e ci si sente vicinissimi al Dj di turno, osservando ogni movimento e ogni cambio che esegue. Inoltre la cura dell’evento è maniacale, dalla qualità del suono alla sicurezza.
La location
Per ospitare questa Boiler Room emiliana è stata scelto un luogo molto particolare, nel cuore di Bologna: Palazzo Re Enzo. Si tratta di un palazzo storico risalente al 1245, costruito per ampliare le sale del comune di Bologna. Tre anni diviene poi la residenza del re prigioniero Enzo di Sardegna (che gli dà il nome) figlio di Federico II di Svevia, lo sarà per ventitré anni.
È sicuramente inusuale fare serata nella sala di 850 m2, alta 15 m e decorata alla gotica di un palazzo medioevale. Senza dubbio, l’effetto straniante è stato il piatto forte di questo evento. Avrei preferito non dover ricorrere alla stucchevole espressione dell’avanguardia musicale che si sposa alla perfezione con il passato e la storia della città, ma calza proprio a pennello per cui perdonatemi. Tutti erano estasiati dalla particolarità della situazione, quasi un ossimoro: un gran galà a base di musica elettronica di matrice underground.
Ho gradito molto le luci sobrie e i visual che si sposavano alla perfezione con musica e ambiente. Giochi di luce che oscillavano tra il blu e il viola, dando ulteriore carattere alle volte a crociera del soffitto.
Gli ospiti della serata
Un aspetto che è stato molto discusso (sulla pagina dell’evento per lo meno), è stata la scelta degli ospiti per questa serata. La scaletta si componeva di due live set e di tre Djset. Tutti a parer ottimi e dal curriculum interessantissimo. Per ovvie questioni di hype, forse qualcuno si aspettava nomi più grossi, ma si tratta solo di chiacchiericcio lontano da ciò che più mi interessa: la musica.
Ad aprire la serata è stata la sperimentazione pura della misteriosa Kali Malone. Americana, di base a Stoccolma, è l’avanguardia più all’avanguardia. Gioca con intensità, distorsione e rumori, creando un flusso continuo di suono che muta e si evolve in continuazione. Bassi che risuonano nello stomaco e picchi di alti che ricordano il canto delle balene, accompagnano in quello che sembra un salto nel buio per quanto è imprevedibile. Devo dire che ho apprezzato molto, nonostante io sia un profano di questo genere poco danzereccio e ai limiti dell’essenziale.
A seguire Caterina Barbieri con il suo live set, gioca in casa e si vede. Tecnica ineccepibile per una buonissima performance, per lei che sembra venire dal futuro a spiegarci come funziona il riverbero dei suoni. Crea un paesaggio sonoro perfetto e totalmente immersivo, armata solo del suo modular synth, che è il suo marchio di fabbrica. Un live a tratti avvolgente e psichedelico, a tratti freddo e distopico. Suoni che non si prestano ad un ascolto distratto ma che rapiscono, lasciando adito ai propri pensieri, inducendo alla contemplazione.
Il primo Djset della serata, quello che ha ufficialmente aperto le danze più sfrenate è stato quello di Silvia Kastel, italiana di stanza a Berlino. Ha travolto tutti con la mescolanza e varietà di combinazioni che mixa in freestyle. Improvvisa e butta nel calderone un po’ di industrial e dub spingendosi al limite dell’elettronica. Tra tamburi martellanti, urla e altri sample strani, sembra ad un certo punto suonare qualcosa che definirei tipo hardcore reggaeton. A parte gli scherzi, credo sia stato il mio set preferito e credo di essermi anche innamorato.
Segue Bambounou aka Jeremy Guindo, franco-maliano-polacco, qualcuno gli recrimina di non droppare mai, ma è quello che a conti fatti prende più applausi. Vuoi l’orario, vuoi il genere, diciamo, più danzereccio e ipnotico è quello che mi parso sia piaciuto di più. Un mix di vari generi inserisce suoni Sci-fi e ritmi tribali convulsi. Roba da non riuscire a stare fermi un attimo.
Chiusura, con tanto di “se non metti l’ultima noi non ce ne andiamo” per Nazira, dal Kazikistan, di cui ricopre penso il 90% della scena elettronica. Bassi devastanti per un acid ed electro classica. Pare gestisca un locale con i suoi amici ad Almaty: la sua città natale e ospita un programma in una radio londinese dove invita Djs provenienti dalle repubbliche ex-sovietiche. Fa ballare tutti fino all’ultimo e per quanto mi riguarda è stata una bellissima scoperta.
La diretta
Ciò che caratterizza le serate targate Boiler Room è proprio lo streaming dei set, a me fa impazzire questa cosa, per due motivi: il primo è che, se ci sei, puoi andare rivedere quanto sei goffo/ubriaco/ marcio mentre oscilli dietro la consolle; il secondo è che, se non ci sei, sono piacevoli da ascoltare (la qualità audio è altissima) e da guardare, oltre che per i virtuosismi degli ospiti anche per la serie di gag dei personaggi presenti in background che animano la serata.
Quando Tumblr andava di moda, avevano aperto un blog che esiste ancora (perché Tumblr esiste ancora) e che si chiama BRKWYDLN: Boiler Room Knows What You Did Last Night, nel quale archiviavano Gif esilaranti di gente che fa cose dietro ai Djs ignari di tutto.
Tutte le immagini sono a cura di Janine Billy