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Blue Willa – Blue Willa

Voto: 8/10

I Blue Willa, che prima si chiamavano Baby Blue, mi hanno lasciato decisamente spiazzato. Ci ho messo un po’ prima di decidermi a fare questa recensione. Siamo di fronte ad un album che non è un easy-listening e che non aderisce da nessuna parte lo si guardi a una qualunque logica di mercato. Le canzoni non sono classiche, ma sembrano composizioni caotiche, casuali, con esplosioni e cantati random, con influenze punk e new-wave ritrovabili quasi in ogni traccia: ma se si possiede per un attimo la fermezza di guardare dall’alto all’intera opera, si può tranquillamente dire che nulla è lasciato alla casualità, in un lavoro perfettamente bilanciato tra il caos e la calma, dove la forma-canzone di per sé non esiste, nel quale possiamo perderci in qualunque punto del disco con la gioia di sapere che sarà difficile uscirne con la stessa faccia con la quale ci si è entrati. Basta dare un ascolto a Vent, la quinta traccia, forse la più rappresentativa, per capire di cosa sto parlando. Ma anche la copertina, realizzata da Alessia Castellano, è abbastanza esplicita su cosa troveremo all’interno del disco: un caos equilibrato.

L’ inizio è incredibilmente dilatato, lento e sognante fino all’arrivo di una impennata lisergica al minuto e mezzo, che suggerisce immediatamente il fatto che ci ritroviamo di fronte a qualcosa di serio e monumentale. Iniziano una serie di cori tribalistici in cui si inserisce una lenta chitarra distorta, malandata per poi stabilizzarsi su un ritmo costante tenuto in piedi da un cantato particolarmente trasognato ed evocativo, fino poi a riesplodere nuovamente. E questa è solo la prima traccia, intitolata Eyes Attention. Si passa poi al singolo, Fishes, che è puro tribalismo psichedelico con esplosioni qua e là, urla e dissonanze per poi spostarsi quasi sul lento, per poi ritornare alla psichedelia esplosiva. Siamo solo alla seconda traccia. E’ inutile continuare questa telecronaca, penso di essere stato abbastanza chiaro.

La cosa che lascia un attimo riflettere è sul fatto che ci troviamo di fronte ad un prodotto nostrano, che sembra essere indirizzato altrove (lasciando perdere il cantato in inglese che si sposa benissimo con il sound e la poetica di questo Blue Willa), il quale trasuda di internazionalità, confermata peraltro dalla loro presenza al Primavera Sound di quest’anno al fianco di nomi che è anche inutile citare: l’attenzione era quindi dovuta.

Una menzione va alla roboante Good Glue, che in due minuti scarsi ha il merito di dividere l’album in due metà tra urla graffianti e rabbiose, percussioni costanti e aggressive che trova conferma in riff da far sanguinare le dita. Subito dopo arriva Rabbits (che è stata quella che mi ha costretto a scrivere di quest’album) e possiamo per un attimo sederci, trovare sollievo, in un momento intimo in cui la cantante mi ricorda quelle singer-show-woman da bar americano degli anni cinquanta, vestite eleganti e con la piuma in testa che narrano romanticherie al pubblico compiacente. Poi ad un certo punto il pezzo comincia ad incedere a passi pesanti, in un ipnotico mantra che ci riporta alla mente che cosa stiamo veramente ascoltando, fino poi a trasformarsi in un lento cantato a due voci con dolcezza e abbandono: la vera gemma del disco.

È difficile narrare questo lavoro per bene, “parlare di musica è come ballare di architettura” diceva un saggio e mai frase fu più azzeccata se riportata in questo contesto. L’album dei Blue Willa (Serena Alessandra Altavilla alla voce, alla chitarra e alle percussioni , Mirko Maddaleno seconda voce e chitarra, Lorenzo Maffucci  al basso e Graziano Ridolfo alla batteria), partorito sotto la direzione di Carla Bozulich, è un astro intriso di aggressività e passione, tribalismo e new-wave, dalle influenze punk e che con le logiche modaiole alle quali siamo abituati nella nostra terra non ha niente a che fare. Se poi ci fermiamo seriamente ad ascoltare, scopriamo un nuovo meraviglioso mondo, difficile e labirintico con il quale confrontarci e perderci con piacere.

Tracklist:

  1. Eyes Attention
  2. Fishes
  3. Tambourine
  4. Moquette
  5. Vent
  6. Good Glue
  7. Rabbits
  8. Birds
  9. Moan
  10. Cruel Chain
  11. Spider

Eugenio Maddalena

Studente magistrale del CoRiS alla Sapienza di Roma, ma anche formatore e consulente di comunicazione, è appassionato delle dinamiche che riguardano l’impatto delle nuove culture digitali all'interno della società. Scrive di comunicazione in giro per la rete e di musica qui. Nasce nel 1987, anno in cui si sono sciolti gli Smiths e sono nati i Nirvana.

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Eugenio Maddalena
Tags: blue willa

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