Era un po’ di tempo che i Blonde Redhead non ci facevano sentire cose nuove, a parte la raccolta e il disco di remix usciti l’anno scorso. Nell’esiguità delle quattro tracce di un EP venuto fuori in punta di piedi dal mucchio delle nuove proposte di questa prima tranche di 2017, i fratelli Pace e Kazu Makino ci presentano, con 3 O’Clock, quello che è probabilmente il loro lavoro più ispirato dai tempi di Misery is a butterfly, che data 2004. E non si cita questo disco a caso, perché 3 O’Clock nasce come completamento di un percorso già inaugurato suonando di nuovo live nel 2016 il disco di cui sopra con il supporto di un quartetto d’archi.
Messi da parte i suoi effettati ed affettati di Penny Sparkle, che pure avevano trovato una loro ragione di essere in un disco decisamente interessante e pieno di idee, e soprattutto i miagolii e i fruscii digitali dell’irrisolto Barragàn, che ci siamo dovuti sorbire perfino remixati, il trio italo-nippo-americano ci sorprende con questo gioiellino conciso e omogeneo, riportandoci al languore delle melodie straziate e strazianti che avevano attraversato la loro transizione dal noise e dal post-rock dei primi dischi alle sonorità pop malinconiche con cui avevano deciso di presentarsi al nuovo millennio, nonché aprendosi all’esplorazione di trame sinfoniche e orchestrali.
In appena quattro tracce si toccano momenti davvero notevoli: se in Give give ci sembra di scivolare delicatamente in una melodia di Ryuichi Sakamoto, la raffinatezza degli arrangiamenti degli alti tre brani non è da meno, con l’inserimento sapiente di fiati e percussioni. Da una parte dunque un salto all’indietro di quindici anni, in un periodo in cui pure si erano messi in gioco parecchio via EP – chi si ricorda il delirante Melodie Citronique? – e in cui si cade decisamente bene. Dall’altra, l’inesausta voglia di mettersi in gioco senza ripetersi, ed esplorare nuovi languori, con la prospettiva di un prossimo tour insieme ad una vera e propria orchestra sinfonica.